FIRENZE – Va in scena venerdì 16 settembre alle ore 20.45 al Teatro della Pergola, HASHITOMI 半蔀 (La persiana con gelosia a grata) , OBA GA SAKE 伯母ヶ酒 (Il sake della zia) con il Maestro Sakurama Ujin, attore shite di scuola Konparu Tateda Yoshihiro, attore waki di scuola Shimogakari Hōshō, Fujita Jirō, suonatore di flauto di scuola Issō, Kō Masayoshi, suonatore di kotsuzumi di scuola Kō Kamei Hirotada, suonatore di ōtsuzumi di scuola Kadono Zenchiku Jūrō, attore kyōgen di scuola Ōkura Zenchiku Daijirō, attore kyōgen di scuola Ōkura. Assente da 20 anni dall’Italia, il Maestro Sakurama Ujin, discendente di una delle più insigni dinastie di teatro Noh, la più antica forma di teatro giapponese, presenta Hashitomi (La persiana con gelosia a grata), suggestione ed essenzialità di una delicata storia d’amore, in una combinazione di rarefatta poesia, canto, musica e danza. Lo spettacolo è intervallato da Oba ga sake (Il sake della zia), gustosa comicità di matrice Kyōgen in veste di stilizzata eleganza.
La compagnia di artisti in scena, dagli attori ai musicisti, è composta tutta da rappresentanti di famiglie di antica tradizione. Lo spettacolo si inserisce nelle celebrazioni per i 150 anni dei rapporti diplomatici tra Italia e Giappone. I primi scambi tra Italia e Giappone risalgono alla seconda metà del XVI secolo, mentre le relazioni diplomatiche sono state instaurate il 25 agosto 1866 con la firma del Trattato di Amicizia e di Commercio. Da allora, i due Paesi hanno compiuto il proprio percorso di sviluppo quali Stati moderni e le relazioni di collaborazione hanno registrato un costante progresso nei più vari ambiti.
In occasione del 150 esimo anniversario, e a vent’anni dall’ultima autentica rappresentazione di teatro Noh in Italia, il Maestro Sakurama Ujin, XXI discendente della famiglia Sakurama, alla guida della compagnia omonima, conduce gli spettatori alla scoperta del mondo del Noh, ammantato di profondità e mistero, che caratterizza la più antica forma teatrale del Giappone. Dal XIV secolo fino a oggi, in oltre 650 anni, questo genere ha costruito e affinato una tradizione di prestigio e finezza ineguagliati, riconosciuta nel 2002 dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità.
La vita della nobiltà nel Giappone feudale, i molti amori del principe Genji “lo splendente”, l’arte, la musica, la fortuna e le disgrazie inaspettate, l’eleganza e l’atmosfera malinconica di un mondo affascinante e impalpabile. Accolta a corte per la sua fama di donna colta e amante della letteratura, Murasaki Shikibu compone La storia di Genji all’inizio dell’anno Mille e lo termina alla fine del decennio. Concepita come intrattenimento per la parte femminile dell’aristocrazia e accolta sin dal principio con grande interesse, l’opera di Murasaki è ormai il “classico tra i classici” della letteratura giapponese, il modello cui si sarebbe fatto ricorso continuamente nei secoli successivi. Romanzo straordinariamente complesso e stratificato, La storia di Genji si è prestato, specie negli ultimi decenni, a infinite letture, da quelle di stampo psicoanalitico ad altre che ne hanno evidenziato di volta in volta l’aspetto religioso, folklorico, politico, sociale, storico.
Il protagonista, Genji “lo splendente”, è di una bellezza quasi femminea, e anche il suo carattere è dolce, lontano anni luce dal prototipo occidentale del seduttore. La dama Yūgao, una delle sue conquiste, evocata in Hashitomi (La persiana con gelosia a grata), attribuito a un certo Naitō Kawachi no kami, è descritta con straordinaria maestria, incarnazione di una sensualità mai esposta e dunque ancora più irresistibile: una sensualità che non si esprime nell’esposizione del corpo, ma nel fruscio delle vesti (meravigliosamente descritte dal Maestro Sakurama Ujin), nelle sagome che si muovono oltre i paraventi, nei lineamenti fini esplorati al buio con il tatto o spiati attraverso una tenda appena scostata.