Recensioni — 16/01/2025 at 22:38

Maratona Čechov al Teatro del Sole: tre capolavori del drammaturgo russo

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RUMOR(S)CENA – BOLOGNA – Il Teatro Arena del Sole di Bologna ha ospitato la Maratona Čechov, un evento che ha visto rappresentare tre capolavori del drammaturgo russo in un’unica giornata: Il gabbiano, Zio Vanja e Il giardino dei ciliegi. Una sfida ambiziosa diretta dal regista Leonardo Lidi che ha trasformato l’evento in un omaggio appassionato alla bellezza e complessità del teatro, dando risalto alla figura dell’attore e mettendo al centro un gruppo di interpreti «selezionati con cura, di tutte le generazioni, provenienti da percorsi molto differenti fra loro» per «comporre una compagnia che fosse, in qualche modo, “metafora” del teatro italiano».

Il “Progetto Čechov” è nato dall’invito del Teatro Stabile dell’Umbria, che ha affidato a Lidi la reinterpretazione di tre testi. Il regista, noto per la sua capacità di reinventare i classici in chiave contemporanea, ha riscritto una trilogia in cui ogni opera emerge con una propria identità stilistica e tematica, pur col filo conduttore comune dell’esplorazione dei sentimenti umani, della fragilità e dei sogni infranti. I costumi firmati da Aurora Damanti, vincitrice del Premio Ubu 2024 nella categoria migliori costumi, hanno saputo fondere tradizione e modernità, con abiti di scena in grado di  possedere una sobria eleganza contemporanea. Ogni opera è stata oggetto di una scenografia specifica, progettata per enfatizzare le diverse atmosfere delle storie. Nonostante i tre testi condividano temi come il tempo che scorre, l’insoddisfazione e il conflitto tra sogno e realtà, Lidi ha provato ad evidenziare le peculiarità di ciascuna opera.

IL GABBIANO Christian La Rosa, Giuliana Vigogna, crediti foto Gianluca Pantaleo

Per Il Gabbiano, andato in scena alle 14:30, la scenografia evocava un lago sognante e irreale e ha creato un senso di sospensione. Gli elementi scenici – una semplice barca, un molo di legno e poche sedie – suggerivano una natura mai statica, riflesso delle aspirazioni irrisolte dei protagonisti. La regia ha puntato su una narrazione frammentata e sognante, con un ritmo che richiamava il flusso dei pensieri dei personaggi. Gli attori Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Ilaria Falini, Sara Gedeone Christian La Rosa, Angela Malfitano, Francesca Mazza, Orietta Notari, Tino Rossi, Massimiliano Speziani, Giuliana Vigogna, si muovevano e recitavano con leggerezza, suggerendo la fragilità delle relazioni umane.

Zio Vanja crediti foto Gianluca Pantaleo

Alle 18:00, Zio Vanja ha trasportato il pubblico in un’ambientazione rurale e soffocante. La scenografia era dominata da una grande parete in legno massiccio al centro del palco, attorno alla quale si sviluppavano le dinamiche di tensione tra i personaggi. L’uso delle luci basse e tonalità terrose scelte da Nicolas Bovey accentuava il senso di claustrofobia e di un mondo al tramonto. Questa rappresentazione è stata caratterizzata da un’intensità drammatica più marcata. Qui, il registro emotivo virava verso la rabbia e la rassegnazione, con dialoghi che risuonavano come confessioni. La regia ha posto l’accento sulle dinamiche familiari e sulle tensioni irrisolte, creando un microcosmo di passioni e conflitti.

Il giardino dei ciliegi, crediti foto Gianluca Pantaleo

Con Il Giardino dei Ciliegi, in scena alle 21:00, lo spazio si sarebbe dovuto aprire ad una dimensione onirica. Le note di Ritornerai di Bruno Lauzi avvolgono il ritorno di Ljubov’ Andreevna nella sua tenuta in Russia: così inizia la rilettura di Lidi che amplifica il tono ironico e crepuscolare del testo cechoviano, virandolo verso un registro farsesco. Il grottesco si insinua progressivamente, dapprima divertente, poi sfocia in un’inquietante inutilità. Il giardino di quest’opera non è solo un luogo fisico, ma un simbolo della memoria, del desiderio e della perdita. Il risultato delle scelte registiche è stato invece decisamente più controverso. L’effetto complessivo cercava di essere elegiaco e surreale ma ha finito per apparire frammentato e confuso. Gli elementi simbolici si sono sovrapposti in modo disorganico, creando un senso di disorientamento più che di suggestione. Lidi probabilmente puntava a enfatizzare la frammentazione emotiva e temporale ma è risultata confusionaria, con eccessivi passaggi modernisti e a tratti comici, dove è mancata la capacità di accentuare la dimensione simbolica dell’opera. La scelta volutamente disturbante, con cambi di ritmo repentini, togliendo forza alla componente emotiva del testo, allontanandolo dalle corde più intime dei suoi personaggi. Questo approccio alla sperimentazione è stato apprezzato solo da una parte del pubblico.

In conclusione, la “Maratona Čechov” è stata un evento intenso, capace di offrire al pubblico un’esperienza immersiva importante. Il lavoro di Leonardo Lidi, supportato dalla maestria di Aurora Damanti e di un cast ben scelto, ha confermato la vitalità del teatro come luogo di riflessione. Ogni opera ha lasciato il segno, rivelando e trasmettendo sfaccettature diverse dell’universo cechoviano. Il regista ha dimostrato un’ambiziosa volontà di reinterpretare Čechov in chiave contemporanea, con risultati convincenti in Il gabbiano e Zio Vanja, mentre la messa in scena de Il giardino dei ciliegi ha lasciato alcune perplessità sulle sue scelte, rivelandosi più divisiva rispetto agli altri due lavori. Il pubblico ha comunque risposto con grande partecipazione.

Visto l’11 gennaio 2025 al Teatro Arena del Sole di Bologna

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