PONTEDERA (Pisa) – Dentro la prima programmazione annuale del neo Teatro della Toscana, la stagione 2015-2016 che si celebra fra il Teatro della Pergola fiorentino e Il Teatro Era-CSRT di Pontedera, Ti regalo la mia morte, Veronika, si presentava almeno sulla carta, come un appuntamento al buio. Sì, perché la prova con cui si è cimentato Antonio Latella con una attrice di gran classe qual’è Monica Piseddu (Premio UBU 2015 come miglior attrice), si confrontava con la sceneggiatura di un film dello scomodo regista bavarese (morto a 37 anni, pare per overdose) Rainer Fassbinder, un mostro sacro, un cult dei cinefili anni Settanta. L’operazione richiedeva una tessitura drammaturgica e di regia metateatrale, di grande coraggio – mediata da una transcodificazione di generi che non poteva non presentare tutti i rischi dell’impresa intellettuale e artistica. Per questo ci siamo inforcati occhiali da presbite e da miope, per provare a guardare da vicino e da lontano, un’operazione sofisticata assai complessa. Ciò che appare subito è il doppio fra l’operazione cinematografica pregressa, e la restituzione sulla scena che mescola in apparente confusione polisemantica, sbaragliando qualsiasi ipotesi interpretativa da cassetto degli attrezzi di critico pret à porter. La scena a luci accese e pubblico ancora in ingresso e brusio, vede uno spazio aperto dove forse si gira un film-una vecchia camera da presa su carrello in proscenio – una fila di seggiole da cineforum anni Settanta, la protagonista magrissima elegante ma scarmigliata che in proscenio urla, chiede aiuto ad un improbabile pubblico, che poi si intuirà non sappiamo chi sia, se quello suo interno di una mente-disastrata. Noi stessi che la osserviamo, o chissà chi altro che potrebbe porgerle comunque sguardo ed orecchio, dall’interno del suo presente privato.
Capiremo in seguito che i piani semantici sono molteplici ad intreccio ed insieme in simultanea perché i piani temporali sono stati azzerati ed a molteplici livelli. Tutto è e sarà rappresentato come dentro un presente continuo e così fino al finale, un po’ sorprendente, anch’esso come in presa diretta cinematografica, dove vita e morte, presente e passato autobiografie personali di una attrice col suo regista (Veronika e Fassbinder sono la stessa persona) e in doppio (con il giornalista Robert Khrahn che radiocronaca seduto fra il pubblico). Una scena fissa, in cui sul fondale compare un quadro che riempie totalmente la parete illuminata e che sembra un mare di pelliccia bianca a fare da contraltare agli scimmioni (ben sei con maschera-sono figure di proiezione nella mente avvelenata da droghe della donna- le cosiddette “ voci” o la scimmia sulla spalla), ricoperti dello stesso pelo, doppio su doppio, in prima battuta seduti dietro Veronika; e in seguito personaggi dialoganti di storie e dinamiche drammatiche nello sviluppo dell’azione, con la protagonista, eroina di una tragica messinscena costruita di fatto su molteplici quadri narrativi sia verbali che drammaturgici. Lo spazio narrativo principale in cui si svolge questo Teatro della mente di Veronika, è la narrazione di una microstoria che si svolge dentro una clinica psichiatrica, in particolare nella relazione perversa con una psichiatra-infermiera (altro doppio), una kapò sadica e parassitaria famelica di denaro succhiato alla Divina.
Tutta la pièce sembra come una sorta di maxi seduta psicoanalitica alla Schnitzler dove i fantasmi i replicanti le fantasie dentro la testa e in palcoscenico dell’attrice, si fondono in una scrittura al limite della follia, una sorta di delirio in cui il riconoscimento della realtà si smarrisce, come nei meandri delle dipendenze da sostanze psicoattive, come nell’invenzione drammaturgica di una passata regia di Latella con Un tram chiamato desiderio, a cui la stessa attrice Veronika, in lapsus, sbagliando battuta spazio e scena, reinvia. Tutto un po’ you must remember this (prima strofa in Casablanca di As Time goes by), dentro il letto della memoria dove nel finale- non facile da inventarsi perché era già tutto un cimitero, dall’alto cala un albero di ciliegi cecoviano (un altro scrittore e medico e marito di attrice pure lui) sotto il quale è seppellito Fassbinder in cui più personaggi (eroine-attrici di un universo cine-onirico femminile) in abiti ottocenteschi svolazzanti, entrano in un racconto di memoria e di morte. Dove non ci sono spazi per esorcizzare proprio un bel niente. E quindi chi è a regalare la propria morte a qualcun altro? La morfinomane anche ultima attrice del grande regista nella sua ultima recita prima di darsi la morte oppure, come anche da suggestione del titolo, lo stesso Fassbinder?
Ti regalo la mia morte, Veronika
liberamente ispirato alla poetica del cinema fassbinderiano
di Federico Bellini e Antonio Latella
con Monica Piseddu
cast: Valentina Acca, Massimo Arbarello, Fabio Bellitti, Caterina Carpio, Sebastiano Di Bella, Nicole Kehrberger, Candida Nieri, Fabio Pasquini, Annibale Pavone e Maurizio Rippa
scene Giuseppe Stellato
ombre AltreTracce
produzione Teatro ERT Emilia Romagna
regia Antonio Latella
Visto al Teatro Era di Pontedera, Sala Thierry Salmon il 28 febbraio 2016