BUTI (Pisa) – Continua la rassegna autunnale Teatri di Confine, che propone al Francesco di Bartolo di Buti Piccoli Suicidi in Ottava Rima degli estrosi, originali, intelligenti e autoironici Sacchi di Sabbia. Fin dai tempi classici – e qui ci immaginiamo che Giovanni Guerrieri & Co. si mettano una mano sulla fronte e, spaventati, comincino ad asciugarsi il sudore – la tragedia è stata considerata superiore alla commedia. E da Eschilo in avanti, noi occidentali, ma soprattutto gli italiani tanto avvezzi alla figura del mattatore – in voga dall’Ottocento – abbiamo identificato il teatro con l’eroe tragico, la tirata ricca di pathos, la voce impostata e naturalmente la noia. Noia colta, altisonante, autoreferenziale, ben vestita quasi da messa domenicale in paese – ma, in ogni caso, mortalmente noiosa. Quella noia che dopo cena ti fa abbassare la palpebra e risvegliare di soprassalto all’applauso; che ti fa scappare quando ancora il pubblico, un po’ titubante, si chiede se lo spettacolo sia finito e debba applaudire; che il critico teme più di qualunque altra cosa e compensa il terror panico che assale l’artista: se quest’ultimo paventa il giudizio, il primo l’ammorbamento.
Ebbene, con I Sacchi di Sabbia (così come con altre formazioni estranee ai circuiti bolsi e sonnolenti degli Stabili, da Carrozzeria Orfeo al Teatro della Cooperativa di Milano), duemila e cinquecento anni di storia del teatro – così come viene troppo spesso interpretata – sfumano e il diabolico riso che squassa le fondamenta del creato e, soprattutto, dello status quo, conquista i riflettori e diventa a tutti gli effetti e a buon diritto protagonista. Avevamo già visto in primavera, Piccoli Suicidi in Ottava Rima, in forma di studio molto avanzato. E allora ci eravamo accorti del meticoloso lavoro di ricerca fatto da I Sacchi di Sabbia sull’ottava rima e le quartine di ottonari – ossia sulla metrica che ha contraddistinto i nostri poemi cavallereschi e che è utilizzata ampiamente nello spettacolo.
Ma per non cadere nel pedante, I Sacchi esprimono con questa forma poetica – al posto delle note schermaglie di Clorinda e Tancredi che hanno fatto soffrire tanti liceali – le gesta di alcuni personaggi cinematografici di chiara matrice pop. E, del resto, se ogni epoca ha i propri eroi, noi dobbiamo accontentarci di lupi mannari stanchi di spaventare Cappuccetto Rosso e con aspirazioni poetiche; un Billy the Kid tenacemente legato alla vita, almeno quanto il suo ronzino; qualche ultracorpo abilissimo a tradurre in napoletano le frasi a effetto di Liz Taylor nei panni della gatta sul tetto che scotta; e l’unico spermatozoo ancora sinceramente democratico e con vaghe aspirazioni marxiste in epoca renziana. L’effetto che la Compagnia riesce a provocare è insieme straniante ed esilarante.
Con pochissimi oggetti fatti con il semplice cartoncino o con scatole da scarpe; un pennello e della vernice rossa; mantelline colorate; le sagome di una testa di cavallo, un paio di pistole e un coltello; tre maschere da snorkeling; l’incredibile vocalità delle interpreti (bravissima sia Giulia Gallo nel canto a cappella sia Giulia Solano nel creare con la voce tutti gli effetti sonori necessari al racconto); un’eccellente scrittura che punta sull’ironia e su un ritmo che mixa con sagacia pause malinconiche e sferzanti battute in quartine di ottonari; una gestualità e una mimica puntuali; l’intero spettacolo composto da quattro episodi è puro godimento intelligente dall’incipit alla chiusura.
E siccome assistere a uno spettacolo è sempre un’esperienza unica e irripetibile, ieri sera c’è stato anche l’imprevisto. Un simpatico bimbetto è salito sul palco e ha fatto da spalla a Pat Garrett, mentre I Sacchi hanno continuato lo spettacolo senza scomporsi dimostrando, una volta di più, che ci vuole stoffa e mestiere per tenere accesi riflettori e menti. E mentre il pubblico rideva, ci è venuto in mente il dialogo tra Guglielmo e Jorge di Burgos nel film Il nome della Rosa: “Cosa succederebbe se… uomini saggi andassero affermando che è possibile ridere di tutto? Possiamo ridere di Dio? Il mondo precipiterebbe nel caos”. Forse no, forse l’uomo si libererebbe finalmente perché: “Il riso uccide la paura”.
(Ha collaborato Luciano Uggè)
Visto al Teatro Francesco di Bartolo di Buti venerdì 14 novembre
I Sacchi di Sabbia presentano:
Piccoli Suicidi in Ottava Rima
Vol. 1 e Vol. 2
di Giovanni Guerrieri e Giulia Gallo
regia Giovanni Guerrieri con Dario Marconcini
con Gabriele Carli, Giulia Gallo, Giovanni Guerrieri, Enzo Illiano e Giulia Solano
produzione I Sacchi di Sabbia/Armunia e Festival Orizzonti 2014
con la collaborazione di Santarcangelo dei Teatri/Compagnia Lombardi-Tiezzi/Teatro di Buti/Compagnia del Maggio Pietro Frediani e con il sostegno di Regione Toscana