Recensioni — 16/11/2021 at 15:25

Dal racconto di Edgar Allan Poe “Il cuore rivelatore” con Luca Biagini

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RUMOR(S)CENA – ROMA – Qualsiasi protagonista di un giallo può essere considerato “l’uomo della folla” perché è proprio da questa misteriosa solitudine che scaturiscono le vertiginose profondità della mente umana. Le paure sono spesso il monito di una non-azione e del desiderio stesso che al contrario la diventi. Oggi, nostro malgrado, conosciamo tutti la solitudine. Abbiamo scavato per troppo tempo dentro gli armadi, ricercato fantasmi e in questi mostri ritrovato un’anima depauperata e risucchiata dalla routine. E adesso, dopo un lungo periodo di isolamento, il pubblico – un po’ a singhiozzo – torna a teatro portando con sé “la memoria del terrore degli eventi passati” e di quelli futuri come in un giallo di Edgar Allan Poe, si accomoda sulla poltrona rossa, impaurito, un po’ distratto, mascherato, e ne incassa le emozioni cercando di risolvere l’enigma.

Lo spettatore si lascia trasportare dal ritmo incalzante e fluido de Il cuore rivelatore di Anthony Neilson liberamente ispirato all’omonimo racconto di Edgar Allan Poe del 1843, per la regia di Federico Vigorito. Il testo, andato in scena al Teatro della Visitazione di Roma, è anche una sfida che LaBabi Production di Luca Biagini e Barbara Lo Gaglio affrontano senza alcuna previsione per ben tre mesi consecutivi, dal giovedì al sabato, fino al 31 dicembre 2021. Il pubblico ascolta la deposizione di una donna, una drammaturga di successo trasferitasi in una mansarda nella città di Brighton per dedicarsi completamente alla stesura della sua prossima opera. Lo spettacolo comincia in medias res e la protagonista, interpretata da Barbara Lo Gaglio, nel dialogo con la padrona di casa, Martina Calaprico, sembra avere già chiaro il tentativo di fuggire da qualcuno o da qualcosa. Secondo l’autrice inglese Dawn B. Sova il protagonista di Allan Poe potrebbe infatti essere una donna, poiché nel racconto nessun pronome chiarisce questo punto.

Ed è forse per questa ragione che l’autore del testo scenico, Anthony Neilson, sceglie una donna attratta sessualmente dalla padrona di casa – donna anche lei – e dal suo occhio vitreo di avvoltoio.
Il personaggio della scrittrice-drammaturga è quello di una donna comune, piena di incertezze, preda di uno stato confusionale che manifesta attraverso i suoi continui spostamenti in scena, quasi come se non ne facesse parte, come se gli eventi fossero solo un sogno o il frutto della sua immaginazione. Il linguaggio scenografico rafforza questo elemento immaginifico con la proiezione tridimensionale delle nuvole fuori da un’enorme vetrata sul fondale di una camera da letto. Nella letteratura le nuvole bianche simboleggiano per Socrate la filosofia che allontana dalla vita, per Luciano e Aristofane le fumoserie filosofiche, l’incapacità di aderire alla realtà. Col Romanticismo le nuvole assumono un significato più orrido, per Goethe «Le nubi, che in questa sacca si ammassano (…) a formare un crepuscolo desolato impenetrabile (…) infondono uno stato di malinconia profonda».

Per Shelley, l’essenza delle nuvole è la metamorfosi cosmica che lasciandosi trasportare dai venti si trasforma in un’immagine ora mite, ora soave, ora minacciosa e cupa. Anche in Victor Hugo le nuvole somigliano all’ambigua condizione umana di quiete e di tempesta.
La proiezione di quelle nuvole, invece, viene meno nell’incontro della protagonista con il detective, interpretato da un autentico Luca Biagini. Il luogo ed il tempo sono diversi da quelli scenici e lo si può intuire dal buio che cala sulla scenografia e la luce flebile direzionata sul proscenio. In questi momenti di “risveglio” che intervallano il racconto teatrale, il detective fa ricadere sulla scrittrice l’accusa di omicidio che la stessa cercherà in tutti i modi di smontare proprio come accade nel racconto di Poe. Il dialogo con l’uomo è confidenziale e ricco di dettagli investigativi che ben si legano agli avvenimenti fino ad aggrovigliarsi e confondersi.
Lo studio, anzi la memoria, del terrore di Edgar Allan Poe è presente anche nella messinscena attraverso il racconto della padrona di casa del suo occhio malato.

Quell’occhio vitreo di avvoltoio che sembra rappresentare una ferita del passato ancora troppo visibile e dolorosa, provoca alla protagonista i sentimenti opposti di amore e morte. Ma la morte è solo estetica e continua ad esistere come un’ossessione nel “battito del suo orribile cuore” realizzato attraverso i suoni e le luci di Marco Policastro, la scena e i costumi di Maurizio Balò, la regia e l’interpretazione degli attori che sono riusciti a mantenere alta l’attenzione del pubblico per tutta la durata dello spettacolo. Anche se, il vero colpevole del giallo è sempre stato lì, fermo sulla scena, sotto gli occhi di tutti.


Talvolta, ahimè!, la coscienza dell’uomo sopporta un fardello così pesante di orrore che può essere scaricato solo nella tomba. Così l’essenza di tutti i crimini resta sconosciuta”.
(Edgar Allan Poe, L’uomo della folla, 1840)

Visto al Teatro della Visitazione di Roma l’11 novembre 2021.

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