CASCINA (PISA) – La prima cosa che viene in mente, una volta visto l’esilarante Bulle (un remake o meglio: rivisitazione quasi pedissequa se non per pochi dettagli dell’edizione del 1995) e dopo aver avuto letto il testo, nelle due versioni, la storica e l’attuale, a firma della drammaturga Donatella Diamanti (direttrice della Città del Teatro di Cascina) , è quella di definirlo uno spettacolo di una attualità s/travolgente! Sì, perché se un testo non solo resiste ma viene anche rimaneggiato (diversa per forza d’anagrafe l’età delle protagoniste, un Iphone che si aggira per la scena, oggetto-feticcio dell’immaginario attuale, per poi trasformarsi in una bomba) e funziona a pieno ritmo, nel suo motore di comicità intrinseca di allora, forse è il caso di incominciare ad interrogarsi sul senso e il valore di una intuizione di ricerca; ovvero di alcune questioni essenziali peculiari a questa drammaturgia tutta al femminile, in primis Letizia Pardi regista di Bulle e attrice nonché dello stesso gruppo delle “Galline”. Occorre domandarsi anche sul senso di un percorso coerente di un gruppo storico che al Teatro cascinese, nelle sue diverse evoluzioni istituzionali e fasi creative, hanno dato e stanno dando molto, arricchendo sia sul territorio regionale e nazionale, la promozione e diffusione della cultura; così come la cura dell’educazione delle nuove generazioni e l’impegno verso le scuole: un progetto artistico davvero importante in Regione Toscana.
Bulle & Impossibili, racconta di una “associazione per delinquere” (non a caso la & commerciale) fra tre cinquantenni strampalate un po’ fuori di testa. Ciascuna delle tre si presenta con un carattere femminile un po’ da commedia dell’arte o fumettistica dilatando esasperandole senza mai arrivare al grottesco,nella sapiente gestione del comico che è di Donatella, dei tratti che sono comunque presenti nelle donne più o meno giovani odierne: la vamp oca giuliva (Sonia Grassi), l’ingenua e goffa in regressione da psicoterie new age (Katia Beni), la dura dark esecutiva che va al sodo (Erina Lo Presti). Un terzetto ben poco raccomandabile che sarebbe meglio non frequentare, almeno da parte di noi brave ragazze borghesi. L’interno ( la scena è firmata da Lucio Diana) si presenta di uno squallore che non è tanto della povertà ma dell’assoluta mancanza di gusto, della sciatteria, colori scialbi, trascuratezza, essenze puzzolenti comprate come gadget con riviste di terz’ordine, accompagnamenti di musiche da istituto estetico da periferie, come tante anonime e tristi esistono, in terra biancheria non lavata e resti di cibo spazzatura, insomma anni luce lontana dallo scintillio che si vorrebbe acquisizione dello stereotipo della casa-tipo pubblicitaria che potrebbe appartenere sia alla brava massaia rurale che alla manager più chic.
In realtà dietro questo evento dove le tre ex ragazze vivono alla vigilia di una rapina in banca che dovrebbe cambiar loro una vita difficilmente ristrutturabile e non solo per limiti di età, c’è il dramma della disoccupazione (Eva- Sonia vorrebbe ancora essere ingaggiata come attrice inventandosi carte false anagrafiche), della solitudine: Betty-Catia rivivere una storia d’amore molto lontana nel tempo da cui tenta d’uscire senza successo con improbabili percorsi d’auto aiuto, e infine la dura e pura Erina-Linda, la sua voglia di rivincita: forse, quella più organizzata che conduce le altre, ma anche la meno sfaccettata delle tre e forse la più misteriosa, una lady dark forse un po’ lady Macbeth ma senza un lui.
I dialoghi fra le tre ragazzacce sono esplosivi e scoppiettanti e frastornanti. L’epifania che coincide con la chiusura della pièce, prevede l’ingresso nientedimeno che della Madonna- preceduta da Agnese, una ragazzotta improbabile che chiede zucchero e riceve sale, su accompagnamento di profumi di rose ( Letizia Pardi- in forma di icona da immaginetta con manto azzurro e movenze icastiche) – una specie di dea ex machina come nelle migliori soluzioni delle commedie classiche. Il miracolo dell’incontro con questa super Donna, madre di tutte le madri e di tutte le donne salverà le tre donnacce dal loro delirio e fallimento esistenziale? La soluzione rimarrà aperta. In questo caso è apparsa la Madonna o sono le tre disgraziate ad apparire a Lei?
Un pubblico di diverse età ha applaudito numerosissimo e molto divertito a conclusione di un’intera giornata dedicata dalla Città del Teatro alle donne e alla loro rappresentazione nella cronaca e nella finzione intitolata Senza sfumature. Un impegno sulla solidarietà femminile ma anche oltre il genere che è segno forte e peculiare di questi due anni di direzione artistica di Donatella Diamanti
Fondazione Sipario Toscana onlus
di Donatella Diamanti
Regia Letizia Pardi con Katia Beni Sonia Grassi Erina Lo Presti ( in arte Le Galline)
e Letizia Pardi
Scene di Lucio Diana
Visto alla Città del Teatro, Cascina sabato 10 maggio