Teatro, teatro danza, Teatro recensione — 18/07/2017 at 22:39

20 anni di Inequilibrio che ha saputo “danzare” con coraggio

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CASTIGLIONCELLO – Dopo una fase critica datata 2015/2016 in cui le sorti del Festival Inequilibrio di Armunia sembravano compromesse per una serie di circostanze legate a fattori contingenti e politici (era stata messa in discussione la futura sede della manifestazione: non più Castello Pasquini per ristrutturazioni, non più tensostruttura perché compromessa dall’usura e dalle intemperie), ecco che invece l’edizione numero 20, un bel traguardo per un festival internazionale di teatro e danza contemporaneo/a, ha mantenuto la forma originaria che l’ha resa unica. Un programma che prevedeva 39 spettacoli sempre dentro lo spazio sia interno che esterno del Castello Pasquini che nel tempo è diventato luogo simbolico centrale della progettualità di Armunia. L’edizione 2017 ha visto una bella presenza in una vetrina dedicata alla danza sia di residenza che non, con una rassegna ad hoc sui giovani danzatori arabi ( Focus young arab choreographers); alcune prime teatrali come Vie delle donne di Elena Guerrini, Piccole commedie rurali di Gogmagog, Il cantico dei cantici di Roberto Latini/ Fortebraccio Teatro (anche presente con la trilogia Noosfera che per motivi atmosferici non è stato possibile realizzarlo compiutamente), In terra in cielo di Garbuggino Ventriglia, anteprime e studi come quello di Danio Manfredini: Studio verso Luciano-ecografia di un corpo e Roberto Abbiati  Debra libanos, Il Passato per le armi.

 

 

Sharif Dar Zaid foto Lucia Baldini

Un Festival che ha saputo dare delle soddisfazioni ai due codirettori artistici Angela Fumarola e Fabio Masi, i quali hanno festeggiato spegnendo le venti candeline insieme a vecchi e nuovi protagonisti: fra i quali non poteva non esserci Massimo Paganelli che di Armunia è stato direttore artistico e coideatore storico, anche per il buon successo di pubblico superiore a quello dello scorso anno. Nella sezione dedicata alla Danza abbiamo assistito alla performance di Bassam Abou Diab in Under the flesh. Il coreografo e musicista libanese con Samah Tarabay, si è esibito in una performance dove i contenuti politici sociali e autobiografici, si intrecciano con le esperienze del giovane libanese capace attraverso l’autoironia di tratteggiare, in apparente leggerezza la sua infanzia e adolescenza, in un Paese devastato da conflitti ciclici e continui ( guerra del ‘93, del ‘96 del Duemila), dove le tattiche per salvare la propria vita, dal ripetuto scagliarsi di bombe sui civili inermi prova a trasformarlo in una danza di sopravvivenza: La caduta come metafora del nascondersi, del sottrarsi, che convive con altri destini di chi non ce l’ha fatta, fianco a fianco per scampare alla minaccia che viene dal cielo. Ma non si tratta in verità del ‘superman arabo’, parafrasando un romanzo di Joumana Haddad.

Sharif Dar Zaid foto Lucia Baldini

Sempre per la sezione Danza, uno degli eventi clou ospitati nella tensostruttura affittata provvisoriamente per l’edizione 2017 è AND IT BURNS BURNS BURNS-quadro finale del Prometeo della Compagnia Simona Bertozzi|Nexus. La coreografa danzatrice e performer bolognese nel biennio 2015|16 ha lavorato sul Progetto Prometeo e la sua trasposizione nella contemporaneità. Il progetto si è sviluppato in più tappe di elaborazione coreografica e operativa in forma di studio episodico; cinque quadri narrativi tutti ispirati alla tragedia di Eschilo di diversa durata che hanno visto tre diverse rappresentazioni: Contemplazione, il Dono e Poesia poi confluite nella visione definitiva di AND IT BURNS. L’elaborazione conclusiva di questo raffinato ed articolato progetto di Simona Bertozzi, con Marcello Briguglio vede come interpreti Anna Bottazzi, Arianna Ganassi, Giulio Petrucci, Aristide Rontini e Stefania Tansini accompagnati dalle musiche di Francesco Giomi.

La traccia ispirativa del Prometeo, uno fra i mitologemi più complessi del mondo greco, ed in quanto tale nel tempo motivo ispiratore di saggi come di visioni poetiche ( basti pensare al Prometeo liberato dello storico Landes), si sostanzia in quadri-sequenze, dove i cinque danzatori si alternano sulla pedana in forme di narrazione esatte e nitide capaci di sintetizzare la poetica ispiratrice delle precedenti sperimentazioni. La trama parte da segni fisici che paiono descrivere la difficoltà dei corpi a trovare una dimensione di equilibrio, sempre e continuamente rotto da cadute, incertezze, spostamenti, con reiterate ricerche di nuove ascensioni, voli, aspirazioni dal basso all’alto, dal suolo al cielo. Il tema iniziale pare dipanarsi da un movimento come d’anatra zoppa con sottofondo di rumori rimbombanti di eliche, ronzii metallici ( Erinni?), luci stroboscopiche per poi trasformarsi in più o meno goffi ma sempre reiterati tentativi di riscatto verso l’alto; con creazioni di architetture fisiche geometriche a rivelare impennate di slanci, disegni ludici di desideri innestate soprattutto dalla presenza in pedana di due giovanissime danzatrici già presenti nelle precedenti performance.

 

Bassam Abu DIab foto Lucia Baldini

 

Questa fiamma, questo fuoco che brucia i corpi e le menti, che Prometeo simbolizza, questo semidio che tenta di rubare il fuoco agli dei e per questo viene punito, viene a costituire l’emblema della tensione continua dell’umano, nella propria mancanza e fragilità al superamento della propria condizione fisica e mentale verso l’oltre, l’altrove, attraverso la commistione ed il confronto fra generazioni e specie. Una danza a cinque circolare quasi da Baccanti segna il trionfo della giovinezza combattiva( una delle ragazze indossa una specie di cotta da armatura medievale) come alito alla ricerca del futuro che non si ferma, del coraggio della sfida, nell’incompletezza e finitezza di corpi azioni ed intenzioni.

Garbuggini Ventriglia foto Lucia Baldini

 

La coppia Garbuggino Ventriglia che dal 2013 a Livorno ha creato il proprio luogo teatrale al Teatro Florenskij, nello spazio dell’Anfiteatro del parco del Castello Pasquini, ha presentato in prima nazionale In terra in cielo. Prodotto da Armunia, ispirato all’opera di Cervantes il lavoro spoglia quasi completamente i riferimenti testuali del Don Chisciotte, destrutturandolo e portando una pennellata maudit esistenzialista- utopica vestita addosso ai due personaggi Sancho Panza e il Cavaliere. In realtà la coppia Garbuggino Ventriglia, accompagnata dalle musiche originali di Gabrio Baldacci presente sulla scena, saccheggiando l’Autore, si cuce addosso i panni insoliti del ronzino e di Sancho in due monologhi dialoganti di delicata quanto minimalista aspirazione ed ispirazione drammaturgica. Un’insolita ed originale scrittura in cui assistiamo ad un serrato quasi bisbigliato incontro alquanto improbabile tuttavia possibile fra l’aspirazione del cavallo al cielo- un cavallo che parla? un cavallo che in qualche modo incarna però il desiderio di avventura e libertà, trasgressiva e spirito visionario che è di Cervante in un altrettanto improbabile, ma perché no, incontro terrestre con un fantino – Sancho( la Garbuggino entra in scena con berretto da cavallerizza e ginocchiere). Davvero una nuova possibile pista di suggestioni che l’opera di un libro che contiene in sé infinite letture, infiniti altri libri quale Il Don Chisciotte si presta ad essere in questo In terra in cielo di Garbuggino Ventriglia, un lavoro dall’idea felice, ancora in via di perfezionamento.

 

Visti al Festival Inequilibrio il 24 giugno 2017

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