RUMOR(S)CENA – MITTELFEST – CIVIDALE DEL FRIULI – È il concetto di “leadership” declinato in varie prospettive, sia artistiche che socio-politiche, il nucleo tematico portante del Mittelfest 2019, in calendario fino al 21 luglio a Cividale del Friuli, sotto la direzione di Haris Pašović, il regista di Sarajevo che dallo scorso anno è alla guida del festival. A fare da apripista a un dibattito che pone sul tavolo questioni anche conflittuali è stato un bel testo del giallista Marco Malvaldi, L’infinito tra parentesi, incentrato sul confronto tra cultura umanistica e cultura scientifica: due mondi apparentemente distanti tra loro, ma in realtà connessi da legami necessari e inscindibili.
Il tema è collocato all’interno di una cornice famigliare: a confrontarsi sono due fratelli, entrambi professori universitari. Francesca è un’umanista, Paolo uno scienziato. Ad accendere la miccia della discussione, dotta e animata, è la scalata intrapresa da Paolo per diventare Rettore dell’università dove insegna fisica. Tutto si svolge in una manciata di ore, quelle che precedono la chiusura delle liste dei candidati.
A incarnare i protagonisti sono due veri fratelli, Maddalena e Giovanni Crippa, due attori che posseggono gli strumenti artistici idonei a fronteggiare una prova non facile. A guidarli nell’impegnativo percorso è Piero Maccarinelli, che ha voluto fortemente la realizzazione di questo spettacolo, nato grazie alla collaborazione produttiva dello Stabile del Friuli Venezia Giulia e del Teatro della Toscana, con l’Associazione Mittelfest. La scena, che delimita con alte pareti piene di libri il soggiorno della casa di Paola, è creazione di Maurizio Balò. Le musiche, essenziali, sono di Antonio Di Pofi.
Nella scrittura si fondono le due anime dell’autore: Malvaldi, prima di dedicarsi alla letteratura, è stato ricercatore nel settore della chimica. Dalle sue molteplici competenze nascono i dialoghi complessi che mettono uno di fronte all’altro due modi diversi di guardare all’uomo e alla sua vita e al tempo stesso scavano nei delicati equilibri su cui si regge il mondo universitario. Citazioni letterarie dotte, ma semanticamente pregnanti e mai banali, si intrecciano con nozioni di scientifica precisione, raccontate in modo piano e comprensibile. La scorrevolezza e linearità della scrittura veicola concetti multiformi e compositi, che gli attori maneggiano con disinvoltura in una performance senza ombre, capace di catturare l’attenzione del pubblico. Formule matematiche, leggi di fisica, reazioni chimiche si alternano a inserti poetici (Lucrezio, Gozzano, Wisława Szymborska e altro), a significare come il percorso evolutivo dell’uomo, comunque lo si guardi, si regga sempre sulla creatività e la fantasia.
A seguire, al Giulio Cesare di Shakespeare, declinato dalla genialità iconoclastica di Romeo Castellucci della Societas Raffaello Sanzio, è affidata la riflessione sul tema del potere. Lo spettacolo che vide la luce nel 1997 è ormai divenuto a suo modo un classico e tuttavia negli anni ha mantenuto intatta la sua carica teatralmente eversiva e concettualmente dirompente. La versione presentata al Mittelfest ha come sottotitolo Pezzi staccati, a sottolineare la frantumazione dei corpi e delle voci come in un puzzle che va di volta in volta ricomposto in maniera necessariamente diversa.
La distorsione del Logos, della parola piegata alla manipolazione delle coscienze dalla subdola potenza della retorica, tiene campo con forza grazie anche alla presenza iconica dell’attore laringectomizzato che interpreta Antonio in maniera emotivamente e intellettualmente coinvolgente (Nicola Frangione) e infonde nuova linfa nella nota orazione sul corpo di Cesare. Di contro, quello tenuto da Cesare (Corrado Della Libera, presago e dolente) prima dell’assassinio è un discorso privo di parole, tutto giocato su una gestualità asciutta ma intensa, dove il carisma del dictator appare ormai disarmato di fronte alla determinazione dei congiurati. Una parola dematerializzata, quella di Cesare, che collide con la fisicità del discorso iniziale (lo scambio di battute tra Flavio, Marullo e un ciabattino) pronunciato da Sergio Scaraltella che, con un endoscopio inserito nella narice, proietta sullo schermo la propria laringe: corpo vivo e palpitante, controaltare delle ferite che da lì a poco saranno inferte a Cesare.
Cosa rimane, dunque, del potere? Un corpo martoriato di chi un tempo fu forte e autorevole, ora chiuso in un sudario rosso, che viene trascinato fuori scena fendendo la schiera degli spettatori, e la parola, distorta, faticosa e straziata, ma ormai impotente.
Visti al Mittelfest venerdì 12 e sabato 13 luglio 2019
Phocus Agency/ Luca d’Agostino