Recensioni — 18/07/2024 at 14:10

Il fascino del contesto ambientale e del meticciato culturale

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RUMOR(S)CENA – MILANO – Se all’interesse per un testo e per la sua interpretazione si somma il fascino dell’ambientazione, può crearsi un corto circuito di grande impatto spettacolare: è il caso di Rivoluzione Duse, di Elena Bucci, proposto alla villa Crespi di Milano. L’edificio, progettato negli anni Trenta, è sopravvissuto ai bombardamenti che hanno distrutto gli stabilimenti industriali circostanti, ove aveva sede l’attività produttiva di questa famiglia storica dell’alta borghesia milanese. Ospita una ricca biblioteca, ed è stata recentemente donata al FAI (Fondo per l’Ambiente italiano). In attesa di restauro e di apertura al pubblico, è stata utilizzata nell’ambito del meritorio progetto Stanze, curato da Alberica Archinto.

Elena Bucci foto di Luca Bolognese

E subito si prova un’intensa emozione nel veder scendere dall’imponente scalone marmoreo una figura fasciata da un lungo abito scuro di taffettà, i cui riflessi trasmutano ad ogni scalino. Elena invita quindi il suo pubblico ad accomodarsi in una delle sontuose sale della villa, e inizia quella che non è solo una lectio magistralis, sulle innovazioni rivoluzionarie introdotte dalla Duse in campo artistico ma, specialmente, l’appassionante testimonianza di amore per il personaggio, tanto da creare  un’identificazione fra la Duse e l’attrice che ci sta di fronte. Elena ha un suo modo di usare le mani, che sembrano voler modellare le parole che si appresta a pronunciare: ne sortisce una più intensa valenza comunicativa, cui il pubblico dà riconoscimento con reiterati applausi.

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foto di Umberto Favretto

Solo pochi giorni prima Elena Bucci, con Marco Sgrosso e la loro compagnia, Le Belle Bandiere, si erano confrontati, sempre a Milano (al Teatro NO’EMA – Teresa  Pomodoro) con la più enigmatica e ambigua delle figure femminili della letteratura greca: Medea. Non è casuale che, sia nell’antichità classica, sia in epoca moderna, se ne siano occupati diversi autori, da Apollonio Rodio a Seneca, fino a Grillparzer e Anouilh. Con una raffinata operazione di ricostruzione filologica, la drammaturgia di Elena e Marco ha inserito nel testo diversi frammenti di tali autori.

L’elaborazione drammaturgica di Elena Bucci e Marco Sgrosso sembra voler mescolare le carte anche sul piano figurativo, rifuggendo da ogni tradizione consolidata, secondo una cifra originale, che utilizza anche maschere e ventagli, e si direbbe mutuata dalla coreutica ispanica o gitana, con costumi che per nulla richiamano alla sobrietà della Greca classica. Bellissimo l’abito – anche qui, cangiante – di  Medea, che ne sottolinea ed esalta l’origine barbara, quasi aliena, più volte richiamata.

foto di Gianni Zampaglione

In nessuna delle varianti del mito, Medea viene mai punita per le innumerevoli efferatezze di cui si è macchiata, e la sua fuga sul carro del sole è quasi una sorta di apoteosi. Imprescindibile, poi la sua connotazione di diversa, di straniera, di rifiutata; come e il tema della violenza (mutuato specialmente da Seneca), perpetrata in ogni tempo dal potere sui soggetti più fragili: elementi che confermano quanto la letteratura classica possa parlare alla nostra sensibilità contemporanea.

                       

Rivoluzione Duse: visto alla villa Crespi il 3 luglio 2024

La canzone di Giasone e Medea: visto al Teatro NO’EMA – Teresa  Pomodoro di Milano il 13 giugno 2024

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