RUMOR(S)CENA – MILANO – Se all’interesse per un testo e per la sua interpretazione si somma il fascino dell’ambientazione, può crearsi un corto circuito di grande impatto spettacolare: è il caso di Rivoluzione Duse, di Elena Bucci, proposto alla villa Crespi di Milano. L’edificio, progettato negli anni Trenta, è sopravvissuto ai bombardamenti che hanno distrutto gli stabilimenti industriali circostanti, ove aveva sede l’attività produttiva di questa famiglia storica dell’alta borghesia milanese. Ospita una ricca biblioteca, ed è stata recentemente donata al FAI (Fondo per l’Ambiente italiano). In attesa di restauro e di apertura al pubblico, è stata utilizzata nell’ambito del meritorio progetto Stanze, curato da Alberica Archinto.
E subito si prova un’intensa emozione nel veder scendere dall’imponente scalone marmoreo una figura fasciata da un lungo abito scuro di taffettà, i cui riflessi trasmutano ad ogni scalino. Elena invita quindi il suo pubblico ad accomodarsi in una delle sontuose sale della villa, e inizia quella che non è solo una lectio magistralis, sulle innovazioni rivoluzionarie introdotte dalla Duse in campo artistico ma, specialmente, l’appassionante testimonianza di amore per il personaggio, tanto da creare un’identificazione fra la Duse e l’attrice che ci sta di fronte. Elena ha un suo modo di usare le mani, che sembrano voler modellare le parole che si appresta a pronunciare: ne sortisce una più intensa valenza comunicativa, cui il pubblico dà riconoscimento con reiterati applausi.
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Solo pochi giorni prima Elena Bucci, con Marco Sgrosso e la loro compagnia, Le Belle Bandiere, si erano confrontati, sempre a Milano (al Teatro NO’EMA – Teresa Pomodoro) con la più enigmatica e ambigua delle figure femminili della letteratura greca: Medea. Non è casuale che, sia nell’antichità classica, sia in epoca moderna, se ne siano occupati diversi autori, da Apollonio Rodio a Seneca, fino a Grillparzer e Anouilh. Con una raffinata operazione di ricostruzione filologica, la drammaturgia di Elena e Marco ha inserito nel testo diversi frammenti di tali autori.
L’elaborazione drammaturgica di Elena Bucci e Marco Sgrosso sembra voler mescolare le carte anche sul piano figurativo, rifuggendo da ogni tradizione consolidata, secondo una cifra originale, che utilizza anche maschere e ventagli, e si direbbe mutuata dalla coreutica ispanica o gitana, con costumi che per nulla richiamano alla sobrietà della Greca classica. Bellissimo l’abito – anche qui, cangiante – di Medea, che ne sottolinea ed esalta l’origine barbara, quasi aliena, più volte richiamata.
In nessuna delle varianti del mito, Medea viene mai punita per le innumerevoli efferatezze di cui si è macchiata, e la sua fuga sul carro del sole è quasi una sorta di apoteosi. Imprescindibile, poi la sua connotazione di diversa, di straniera, di rifiutata; come e il tema della violenza (mutuato specialmente da Seneca), perpetrata in ogni tempo dal potere sui soggetti più fragili: elementi che confermano quanto la letteratura classica possa parlare alla nostra sensibilità contemporanea.
Rivoluzione Duse: visto alla villa Crespi il 3 luglio 2024
La canzone di Giasone e Medea: visto al Teatro NO’EMA – Teresa Pomodoro di Milano il 13 giugno 2024