RUMOR(S)CENA – COVID-19 – CO-CO-SCIENZE – Sars – Cov-2 e Covid-19 termini che ogni giorno rimbalzano su tutti i media diventati così di tendenza, tanto da apparire a volte ridondanti e simboli di una pandemia divenuta (anche) infodemia: un’eccessiva informazione e talvolta (dis)informazione tale da disorientare l’opinione pubblica come mai era accaduto nella storia recente in Italia. Forse varrebbe la pena cercare di capire se accade lo stesso anche all’estero. I numeri però preoccupano: nella giornata di mercoledì 18 novembre i nuovi contagi, i tamponi processati, i ricoveri e i decessi sono aumentati. Sale il numero dei nuovi positivi e dei decessi nelle ultime 24 ore: sono 34.282 (ieri erano 32.191) i nuovi positivi, 753 i morti che portano a 47.217 il totale dei decessi da inizio pandemia (ieri erano 731). Sono 234.834 i tamponi processati nelle ultime 24 ore. 34.283 nuovi positivi (per un totale di 743.1680 ) e 753 decessi (ma sappiamo con certezza assoluta che sono tutte vittime del coronavirus?) e tra questi si segnalano 4 medici deceduti e il totale dei sanitari che hanno perso la vota è di 198. La notizia arriva dalla Fnomceo (la Federazione degli ordini dei medici) aggiornato in tempo reale sul suo sito. Le cifre pubblicate dal Ministero della Salute citano 47.217 il totale dei decessi da inizio pandemia. Le terapie intensive, nella maggioranza delle Regioni, (contraddistinte tra rosse e arancioni, colori modificati a seconda dell’evoluzione dei contagi), sono allo stremo: 3.670 in terapia intensiva e 33.504 ricoverati con sintomi. Ma la novità recente in campo scientifico e sottovalutato all’inizio della pandemia è rappresentato dal “fattore K” ovvero la sovradispersione che misura la dispersione del virus.
Il settimanale “Internazionale” (n. 1382, 30 ottobre/5 novembre) ne scrive con molta cura. «Il fattore k stabilisce come si diffonde: se in modo costante o in grandi raffiche a causa di persone che ne infettano molte altre in una volta. Dopo nove mesi di raccolta di dati epidemiologici (scrive l’autrice Zeynep Tufekci, docente all’università del North Carolina – Stati Uniti), sappiamo che il sars-cov-2 è un agente patogeno sovradisperso, che procede per sovradispersione, ossia tende a creare dei focolai, ma questa nozione non è ancora entrata completamente nel nostro modo di pensare alla pandemia e alle misure di prevenzione». L’analisi dettagliata e circostanziata (anche supportata da dati e ricerche effettuate in diversi paesi) spiega bene cosa significa infettare a seconda di variabili umane e legate a fattori ambientali, dove sovradispersione si collega alla superdiffusione del virus. «Secondo le stime di un numero sempre maggiore di studi, gran parte delle persone infette potrebbe non contagiare nessuno (…) e fin dall’inizio da diverse ricerche sul covid-19 è emerso che dal 10 al 20 per cento delle persone infette può essere responsabile dell’80-90 per cento della trasmissione e che molte persone – spiega la professoressa Tufekci – trasmettono pochissimo il virus».
L’autrice ci riporta al caso del sars-cov che creò l’epidemia di sars (2003) dove «quasi tutti i focolai furono provocati da alcuni episodi di superdiffusione. Anche il mers, altro parente del coronavirus sars, sembra trasmettersi per superdiffusione, ma fortunatamente ancora non bene tra gli esseri umani. Questo tipo di comportamento, che alterna alta e bassa contagiosità, è proprio quello descritto dal fattore K, cosa che si sfugge se ci si concentra esclusivamente sul parametro R». Ro (erre con zero) che aumenta a seconda delle infezioni procurate ad altri contagiati da un malato. Nel caso di tre infettati da un altro, Ro diventa 3. Le autorità sanitarie si basano esclusivamente su questo indice di contagio per decidere poi quali misure restrittive adottare. Un aspetto critico che viene segnalato con molta chiarezza nel lungo articolo pubblicato su Internazionale. Sarebbe interessante sottoporre il problema ai nostri virologi (troppo spesso consultati e intervistati con continue prese di posizioni ad effetto alterno e contraddittorio), dove quotidianamente assistiamo a diatribe e accuse reciproche. Un malcostume tipicamente italiano.
L’infodemia non deve sorprenderci più tanto e nemmeno le autosmentite da parte degli stessi specialisti di casa nostra. La serietà di esperti qualificati come Müge Cevik docente di malattie infettive e virologia medica dell’università di St. Andrews – Scozia – citata sempre da Zeynep Tufekci – spiega, invece, come si viene a creare la superdiffusione e quali sono gli indicatori da tenere presenti: «il contatto prolungato, la scarsa ventilazione, la presenza di una persona altamente infettiva e l’affollamento». O assembramento, fenomeno su cui è utile soffermarsi, visti i comportamenti quotidiani dei nostri connazionali (ma anche all’estero non sono da meno e i paesi virtuosi risultano essere in pochi), come il rito dell’aperitivo di massa nei locali pubblici. Non a caso i cluster (i luoghi dove si innescano i focolai) avvengono per la maggiore sempre in ambienti chiusi, poco areati, frequentati da molte persone. Il virus può diffondersi come un incendio trovando l’innesco attraverso l’aria e propagarsi grazie alla mancata ventilazione. Quello che manca in questa seconda fase della pandemia (chi dichiarava che il virus era “clinicamente morto” ha dovuto ricredersi) è una maggiore consapevolezza di come sia indispensabile mantenere comportamenti idonei atti a prevenire i contagi, accettare temporaneamente le rinunce alle consuete abitudini sociali ludiche e ricreative; coscienti di non sentirsi ostaggi di privazioni della propria libertà individuale e concorrere tutti per fermare (o meglio rallentare) il virus. Il bene della propria vita passa attraverso un bene pubblico per la salute di tutti. Sul tema dei vaccini è utile fornire ulteriori informazioni e dare una corretta informazione sempre su questo spazio dedicato al coronavirus.
Prosegue…..