RUMOR(S)CENA – MILANO – Il corpo di Ballo del Teatro alla Scala, con cast alternati (in scena fino al 20 novembre), ha fatto rivivere al pubblico le atmosfere anni Cinquanta e Sessanta di due giganti della storia della danza: George Balanchine e Jerome Robbins, in scena al Piermarini con un Trittico di balletti: Theme and Variations del coreografo e danzatore russo naturalizzato statunitense di etnia georgiana, e per la prima volta al loro debutto scaligero, Dances at a Gathering e The Concert, di Robbins e su musica di Chopin.
I due artisti hanno convissuto a lungo nella stessa compagnia come co – direttori del New York City Ballet, creando un repertorio innovativo, contaminando la danza classica con la danza moderna, avvicinando quindi un pubblico più ampio all’arte tersicorea. In particolare, Jerome Robbins, nato nella Grande Mela, iniziò la sua carriera ideando balletti per i musical e si fece conoscere al grande pubblico vincendo il premio Oscar come miglior regia nel 1963 con West Side Story. In realtà il primo debutto di Robbins al Teatro alla Scala avvenne nel 1953, in occasione della storica tournée del New York City Ballet con la sua versione dell’Après midi d’un faune. Negli anni Ottanta furono i ballerini scaligeri a interpretare questo titolo e la sua versione di Les Noces. Alla Scala nel luglio del 2000 arrivò per una decina di recite anche West Side Story. Bisogna quindi attendere il 2004 per vedere il debutto di un altro famoso balletto di Robbins, The Cage all’interno della Serata Stravinskij.
La carriera di George Balanchine, pseudonimo di Georgij Melitonovic Balancivadze, parte dal Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, si sviluppa e si evolve in Europa con Les Ballets Russes di Diaghilev e approdata a New York nel 1934. Senza dubbio può essere considerato il padre del balletto americano e neoclassico per il rapporto profondo, creato con la musica, e per avere fatto da trait d’union tra il balletto classico e quello moderno.
Con Theme and variations Balanchine rende omaggio alla grandezza dei balletti imperiali e quindi ai suoi massimi artefici ovvero Ciaikowskij e Petipa, nello stesso tempo però segna anche la linea di confine tra la concezione coreografica ottocentesca e quella moderna. È la musica, con i suoi ritmi e predominanze dell’elemento orchestrale, a suggerire al coreografo la struttura delle varie sequenze. Il balletto fu creato nel 1947 per il Ballet Theatre che sarebbe diventato poi il futuro American Ballet Theatre con Alicia Alonso e Ygor Youskevitch coppia principale. A 120 anni dalla nascita di Balanchine e a vent’anni dall’ingresso nel repertorio scaligero, questo titolo è tornato in scena con il nuovo allestimento di Luisa Spinatelli. I ballerini del Corpo di Ballo hanno avuto l’opportunità di preparare la coreografia con Patricia Neary, considerata tra le top dancers di Balanchine (oggi è ancora una smagliante ottantaduennne) nonché decana delle riprese dei suoi capolavori. Il balletto si apre mostrando un corpo di ballo di dodici donne e una coppia principale.
Si passa quindi da una variazione all’altra, per poi arrivare agli assoli della ballerina e del suo partner, intervallate da quelle del corpo di ballo. Come è d’uso in tutti i balletti classici si assiste ad un pas de deux che occupa la parte centrale del balletto, mentre una grande polonaise porta al finale che culmina con l’intero cast di 26 ballerini. Nella replica vista venerdì 15 novembre scorso ,la coppia principale era formata dagli impeccabili Alice Mariani e Mattia Semperboni, mentre le quattro soliste, Gaia Andreanò, Caterina Bianchi, Camilla Cerulli e Linda Giubelli. I quattro solisti, Domenico Di Cristo, Eward Cooper, Rinaldo Venuti e Alessandro Paoloni.
Il secondo balletto in programma di serata, Dances at the Gathering, del 1969, concepito da Jerome Robbins per dieci ballerini su 65 minuti di musica di Chopin eseguita al pianoforte per il debutto scaligero da Leonardo Pierdomenico. Le mazurche si alternano ai valzer, agli studi e a un notturno. In questa coreografia nata per il New York City Ballet, Robbins si diverte a mescolare il vocabolario classico con passi folkloristici e le movenze in stile musical. Una esecuzione di grande effetto e perfezione grazie alla bravura degli interpreti che nella replica vista sono stati: Agnese di Clemente (Pink), Vittoria Valerio (Mauve), Camilla Cerulli (Apricot), Martina Arduino (Green), Giordana Granata (Blue), Said Ramos Ponce (Brown), Navrin Turnbull (Green Boy), Domenico Di Cristo (Brick), Gioacchino Starace (Blue Boy).
Chiude il programma di Trittico The Concert del 1956, pantomimico «divertissement» di teatro nel teatro con, questa volta in palcoscenico, il pianista Leonardo Pierdomenico che interagisce con i danzatori, i quali assistono all’esibizione, dando vita a delle divertenti gag di sapore cabarettistico. All’inizio il pianista entra in scena, si siede davanti al pianoforte e comincia a spolverare la tastiera. Nel frattempo, ad un uno ad uno, entrano gli spettatori con i loro diversi caratteri, il timido, lo spavaldo, la signora elegante, la ragazza goffa. Ognuno di loro porta in scena una sedia sulla quale cerca di sistemarsi, ma all’entrata della maschera, tutti i posti si rivelano sbagliati. Poi comincia l’esibizione di un gruppo di improbabili ballerini, tra le quali una sbaglia sempre i passi e le posizioni ed è sempre in ritardo rispetto alle altre.
Tra i personaggi spiccano quelli della aspirante grande ballerina, interpretata dalla spiritosa Caterina Bianchi, della moglie pedante di Marta Gerani, del marito farfallone, il primo ballerino Marco Agostino. Gli altri bizzarri personaggi sono Emanuele Cazzato, Massimo dalla Mora, Andrea Risso, Alessandro Paoloni, mentre la ragazza arrabbiata è Antonella Albano. Tutto finisce con il pianista che insegue i ballerini, divenuti farfalle e farfalloni, per catturarli nella sua rete.
Visto al Teatro alla Scala di Milano l’8 Novembre 2024