RUMOR(S)CENA – BOLOGNA – Suggerendoci con l’immediatezza della sensazione fisica, non mediata da fondamenta razionali o tanto meno storiche, un tempo prima del tempo e un luogo prima di ogni luogo intrappolato dentro di noi, Il Paradiso Perduto, questa drammaturgia in danza di Antonio Viganò, indaga senza aver predisposto, io credo, alcun oggetto di questo suo andare indagando. Uno spettacolo che si presenta dunque come un verbo senza il suo soggetto o il suo complemento oggetto e offre a noi, intimamente raccolti sul palcoscenico, di prestarci a diventare nella contingenza l’uno e l’altro.
Ispirato al racconto appartenente al genere del romanzo gotico inglese su Victor Frankenstein e il suo sogno/incubo fatto esistenza: l’essere costruito senza avere un creatore, l’uomo senza Dio dimenticato sulla terra, oltre la soglia chiusa di quell’Eden misterioso, ma che Dio cerca disperatamente, in una sfida violenta e oltraggiosa a noi e a quel Dio che non l’ha fatto ma che comunque lo ha cacciato. Nato dalla suggestione condivisa di tre giovani poeti, Mary, il marito e Byron, prende appunto e significativamente forma da un incubo della scrittrice inglese ancora adolescente: “Vedevo l’orrida forma di un uomo disteso, poi una macchina potente entrava in azione, il cadavere mostrava segni di vita e si sollevava con movimento difficoltoso, solo parzialmente vitale. Doveva essere terrificante: come terrificante sarebbe l’effetto di qualsiasi opera umana che riproducesse lo stupendo meccanismo del Creatore del mondo. L’artefice è atterrito dal proprio successo.”
L’oltraggio prometeico, che intride buona parte di quella letteratura con lasciti fino al contemporaneo, alla fine dunque produce il mostro, anzi il diverso che i nostri occhi trasformano e allontanano, chiusi come siamo nell’illusione della normalità. Un diverso portatore, come il neonato, di un amore e di un desiderio così potente che non riusciamo a tollerare e a cui rispondiamo con la violenza. Un diverso che rinneghiamo, ma così rinnegando insieme a lui l’essenza di quello che siamo, creati, poi scacciati e infine partoriti per essere ciascuno diverso dall’altro, arrivando a dimenticare dunque che la diversità è la radice della vita e di quella conoscenza in forza della quale siamo stati, dice il Libro, allontanati.
In scena, come nella cifra poetica del drammaturgo narrante, artisti “danzatori e attori-di-versi”, ivi portatori anch’essi di disagio e di amore insieme ma capaci molte volte di avvicinarsi più di altri ai limiti, anche intollerabili, della nostra sensibilità, alimentandola nei movimenti coreutici e nella parola drammaturgica di suggestioni e stimoli spesso dimenticati. Questo in fondo siamo, tra Milton e Mary Shelley, entità “diversamente” impastate nel fango del bene e del male, principi sovrapposti e confusi ma sempre distinti, e sempre alleati nello spingerci per farci emergere da un transito esistenziale spesso incomprensibile verso una qualche consapevolezza.
È dunque in questo gesto di sfida la suggestione, che Viganò sottolinea, di quell’Eden di cui confusamente conserviamo un ricordo metafisico in quanto prima della stessa parola. È in fondo una prova di grande sapienza drammatica e performativa, profonda, commovente e intensa come raramente capita, in cui la narrazione si fa direttamente messaggio che incide le tavole di una legge che, malgrado tutto, portiamo ancora nel cuore.
Uno dei tre prologhi di “Carne” il focus dedicato alla drammaturgia fisica curato da Michela Lucenti, da poco entrata a far parte della famiglia di ERT diretto da Valter Malosti. In prima nazionale visto al Teatro Arena del Sole il 14 maggio. Molto apprezzato dal pubblico presente. Il paradiso perduto di Antonio Viganò Teatro La Ribalta, tratto da Frankenstein di Mary Shelley, testo e regia Antonio Viganò, assistente alla drammaturgia e disegno sonoro Paola Guerra, scene e costumi Roberto Banci, luci Andrea Berselli, trucco Giulia De Biasi, distribuzione Claudio Ponzana, organizzazione Martina Zambelli. Con Paolo Grossi, Rocco Ventura, Michael Untertrifaller, Jason De Majo, Maria Magdolna Johannes, Mirenia Lonardi, Sara Menestrina, Stefania Mazzilli Muratori, Rodrigo Scaggiante. Una produzione Teatro la Ribalta – Kunst der Vielfalt (Bolzano/Bozen).
Visto al Teatro Arena del Sole di Bologna il 13 maggio 2022
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