CASTIGLIONCELLO – L’ombra lunga di Massimo Paganelli continua ad ammantare, e proteggere, Armunia, il festival Inequilibrio, il Castello Pasquini e la Castiglioncello artistica che, faticosamente, e senza esserci riuscita pienamente, voleva staccarsi e distanziarsi dall’idea di cittadina di mare per abbienti, la piazzetta, il gelato, lo scoglio, Mastroianni, Fellini, Sordi. Diciassette anni ma la grande eredità del padre putativo è sempre lì presente, nel bene e nel male, a far mostra di sé. Una grande personalità lascia una traccia a volte indelebile e discostarsi dal cammino segnato sembra sempre rivoluzionario.
Cambiano le direzioni, Andrea Nanni fatto fuori dopo un buon triennio (il programma non si discosta molto dal recente passato ma prosegue su quella stessa idea di fondo), adesso al timone ci sono Fabio Masi, per la parte teatrale, e Angela Fumarola, per la danza, già dirigenti interni, chiamati in causa (anche l’amministrazione comunale è novizia) per un solo anno, almeno per adesso. Due i lunghi fine settimana coinvolti, l’ultimo di giugno, dal 25 al 29, ed il primo di luglio, dal 2 al 6. Ci si basa e si punta ancora molto, è da sempre la forza di Armunia, sulle residenze artistiche settimanali invernali (1.500 euro l’una, la Regione Toscana ha messo a bilancio 4.8 milioni di euro per questi tre anni per le ventuno residenze ed i trenta soggetti che ne fanno parte; Castiglioncello d’inverno può essere deprimente o lavorativamente fruttuoso) che poi diventano parte integrante del programma.
Si spinge molto anche sul rapporto con il territorio e con la condivisione dei progetti, parole e perifrasi (che molto servono ad una politica che dall’alto delle élite vuole forzatamente inglobare nuovi voti con la forza della persuasione e dell’inclusione) che non trovano molto riscontro perché la popolazione e la cittadinanza sulla quale insistono questi meccanismi di apertura, le scuole, la banda del paese, e di promozione è del tutto diversa e differente, direi opposta, rispetto a quella estiva, vacanzieri con portafoglio ampio e macchina sportiva e seconda casa con vista mare, che evidentemente ha altri progetti sul come passare pomeriggi e serate, differenti dall’ascoltare Dostoevskij.
Quella salita, con il cancello pur sempre aperto, quella pineta ombrosa ma anche cupa provenendo dall’abbacinante piazza dove i vigili fioccano multe come fossero coriandoli a Carnevale, fa distanza e crea due mondi netti e separati, metafora e divisione di idee di vita completamente agli antipodi. E’ anche vero che le proposte che troviamo ad Armunia, oltre ad essere di qualità, sono anche frutto riconoscibile di scelte precise, di un modo di intendere la produzione teatrale. In questo filone i vari Claudio Morganti, Leonardo Capuano o Roberto Abbiati sono dei must, pare irrinunciabili, che danno una cifra ed un tocco alla Castiglioncello della scena ma alimentano dubbi su un cambiamento ed una sterzata, rispetto al passato, lenta. Ad Armunia è bello e consolatorio anche, anno dopo anno, ritrovare gli stessi artisti (Gaetano Ventriglia, Maurizio Lupinelli), con un anno in più sulle spalle ed un nuovo-vecchio progetto da mostrare.
L’immagine-brand, il disegno è di Francesco Ripoli, è un nuotatore che sta affrontando una traversata e sta respirando a metà tra aria ed acqua, tra salvezza ed affondare, tra cielo e salinità profonde. Da segnalare il “Canelupo nudo” di Lupinelli, non a caso chiamato con il diminutivo di “Lupo”, un lavoro che proviene ancora dal drammaturgo suicida Schwab sul quale Nerval ha già indagato con “Le presidentesse”, “La vida mia perdia po nudda” piece di Capuano che ha debuttato quindici anni fa, un “Delitto e Castigo” in dialetto sardo (un po’ “U jocu sta’ finiscennu” dei fratelli Cauteruccio in calabrese, più o meno degli stessi anni), le due di Abbiati, “Il viaggio di Girafe” e “Il vecchio e il mare”, Oscar De Summa con “Romeo e Giulietta”, l’accoppiata Gogmagog e Virginio Liberti che nuovamente si esplica in “Scherzo ma non troppo”, i caustici Quotidiana.com con “Tutto è bene quel che finisce”, Ventriglia che diventa Don Chisciotte. Si recita alla Tensostruttura, divisa in due spazi, nella Sala del Camino, nella Sala del Té, nell’anfiteatro e nel Boschetto. Paganelli c’è.