Danza — 20/09/2022 at 10:19

Bolle ritorna a “Onegin” al Teatro alla Scala di Milano

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RUMOR(S)CENA – MILANO – Il balletto “Onegin” creato nel 1965 dal coreografo sudafricano Jhon Cranko per il Balletto di Stoccarda è tornato in scena al Teatro alla Scala di Milano con l’interpretazione dell’étoile Roberto Bolle nel ruolo di “Onegin” e di Marianela Nunez in quello di Tat’jana. Le due étoile si ritrovano ancora una volta a danzare insieme due ruoli nei quali approfondiscono ancora di più questa partnership che nel tempo è migliorata sempre di più, grazie ad una grande affinità e a un “sentire comune” che li ha fatti crescere nel tempo e raggiungere una sorta di intimità scenica.

“Onegin” può essere considerata una delle coreografie più intense, appassionanti e di grande modernità creata da questo geniale coreografo scomparso prematuramente all’età di 45 anni, perché trasforma il celebre romanzo in versi “Evengenj Onegin” di Alexander Puskin, in una nuova forma di dramma danzato che unisce nello stesso tempo il linguaggio del balletto classico a quello del teatro, del cinema e della letteratura.

foto Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

All’inizio non mancarono le polemiche. Cranko fu accusato di aver ridotto l’opera ad una “storielle d’appendice” oggi si potrebbe definire una “soap opera”. Persino il collega coreografo George Balanchine insorse contro l’idea di una traslazione dell’Onegin in danza, chiedendo, “Come si può fare una cosa simile a Puskin? Come si può danzare Onegin e come mai nessuno finisce in galera per questo?”
Eppure Cranko riuscì a dissipare ogni dubbio e a creare un lavoro coreografico in grado di fondere danza e teatro, tecnica e interpretazione. Infatti, a quasi sessant’anni di distanza, questa creazione stupisce ancora non solo perché è il balletto che più rappresenta lo “stile Cranko”, ma per la sorprendente del racconto e delle emozioni che trasmette al pubblico.

Roberto Bolle, che interpreta da anni questo ruolo apportando continui cambiamenti alle varie situazioni emotive del personaggio, delinea con sempre maggiore maturità e consapevolezza il ruolo di Evgenij, attraverso uno studio di forte impatto emotivo sul pubblico che lo ha applaudito sin dalla sua prima apparizione in scena. Dal dandy pietroburghese annoiato dalla vita mondana, dalle donne troppo facili e sprezzante dell’amore sincero che le confesserà la giovane Tat’jana attraverso una lettera, si trasformerà in un uomo maturo e tormentato ormai deluso dalla vita. Solo alla fine si renderà conto della sincerità di un amore ormai perduto, ed esprimerà tutta la sua passione nei confronti della donna che riconoscerà essere l’unico vero amore della sua vita. Per Roberto Bolle questo “rinnovato” Onegin rappresenta sicuramente un punto di arrivo per la sua carriera.

Onegin- Marianela Nunez e Martina Arduino foto Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala


Onegin conosce Tat’jana in campagna durante una festa data dalla famiglia dei Larin, proprio grazie all’amicizia con il poeta Lenskij, interpretato con grande espressività da Nicola Del Freo il quale dà vita al personaggio del poeta deluso dall’amicizia di Onegin, che lo porterà alla morte. La storia si basa sul doppio intreccio di due amori non corrisposti: Lenskij ama la sorella di Tatjana Olga, interpretata nella replica vista da una scoppiettante e ineffabile Martina Arduino. Questa però si farà corteggiare da Onegin, proprio quando quest’ultimo ha appena stracciato nelle mani di Tat’jana la lettera con cui lei si dichiarava a lui. È da questo contrasto amoroso che nasce la tragedia. Lenskij sfiderà a duello l’amico Onegin e quest’ultimo, nonostante le due donne tentino di fare desistere i due amici dallo scontro con un passo a due di stampo espressionista, lo ucciderà.

Onegin- Marianela Nunez e Roberto Bolle foto Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

La coreografia di Cranko, in questo allestimento ripresa da Birgit Deharde con la supervisione di Red Anderson attuale direttore dello “Stuttgart Ballett”, alterna momenti corali delle danze di corte, alle scene recitate e danzate dai quattro personaggi principali della vicenda.
A questi si aggiunge anche il principe Gremir, interpretato dal carismatico Gabriele Corrado, che Tat’jana sposerà dopo la delusione di essere stata rifiutata da Onegin. Il balletto può essere considerato un vero e proprio montaggio di sapore cinematografico in cui il testo letterario si fonde in maniera simbiotica con la partitura musicale di Ciajkovskij e quella coreografica. La gestualità teatrale e la narrazione della vicenda non cadono mai nella pantomima o nella presentazione di personaggi stereotipati dai gesti enfatici, che a volte in alcuni balletti di repertorio rischiano di diventare macchiettistici. Sono soprattutto i momenti di immobilità che danno l’effetto drammatico. Quando per esempio i personaggi si fermano e nonostante la mancanza d’azione, il risultato è la rappresentazione del loro stato d’animo. È una sorta di recitazione in silenzio della quale la grande intensità espressiva di Marianela Nunez, nei panni di Tat’jana, è maestra. “Non so se l’etica di questo personaggio possa rappresentare una sorta di pedagogia dell’amore – spiega la stessa danzatrice – posso però dire che se avessi l’opportunità di incontrare Jhon Cranko gli darei il mio cuore”.

Onegin Marianela Nunez Gabriele Corrado. Foto Brescia e Amisano ©Teatro alla Scala

In “Onegin” il gesto teatrale voluto da Cranko ha un carattere metaforico, come quando Onegin – Bolle tenta più volte dia abbracciare Tat’jana nel duetto finale, formando una sorta di anello con le braccia che, movendosi dall’alto verso il basso, scorrono lungo il corpo dell’amata. Il gesto evoca un desiderio di possesso ma anche la disperazione di non poter più avere l’oggetto del proprio desiderio. Nello stesso tempo anche la disperazione di Lenskij – Del Freo prima del duello fatal, viene comunicata al pubblico attraverso una combinazione di gesti e danza.

Sicuramente però la scena più emozionante del balletto, rimane quella del sogno di Tat’jana – Marianela nel primo tempo, durante il quale Cranko dà vita ad un passo a due di grande modernità in cui i passi trovano una perfetta fusione con la gestualità e l’espressività naturale del corpo danzante. Nulla viene lasciato al caso e ogni movimento ha una precisa motivazione psicologica, non risultando mai essere solo virtuosismo o semplice movimento estetico. A proposito del finale di sapore “femminista” in cui Tat’jana si vendica stracciando la lettera nelle mani dell’ex rifiutandolo e facendo la scelta che ritiene migliore per se stessa, può essere senza dubbio coerente con quella di altre eroine del romanzo russo, come per esempio Anna Karenina, che scelgono il dovere verso la famiglia, la casa come valore finale e definitivo.

Visto al Teatro alla Scala di Milano il 17 settembre 2022

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