RUMOR(S)CENA – SOS CINEMA – Esegesi del Film IL CORSETTO DELL’IMPERATRICE (CORSAGE) di Marie Kreutzer– La regista austriaca Marie Kreutzer nel 2019 partecipò alla Berlinale con un film che mi piacque e colpì moltissimo “The ground behaind my feet” ritratto di una manager inflessibile, che a un tratto crolla rispecchiandosi nella follia della sorella schizofrenica. Da perfetta autrice quale è nell’affrontare il personaggio dell’imperatrice Elisabetta d’Austria,detta Sissi , ritrae un’altra donna a cui a un tratto la “terra inizia a tremare sotto i piedi” . La scadenza sono i 40 anni età in cui una donna nel 1877 era considerata finita. Allora Sissi inizia a rifiutare la sua immagine reale, fisica e si rifugia via via in una proiezione delirante di sé, proprio come Lola, la manager del film precedente della Kreutzer. Prima rifiutando il cibo per restare in perfetta forma, poi sottoponendosi a martiri fisici di altro tipo(assistiamo a una sorta di autoannegamento per aumentare la respirazione) , a tentativi estremi di seduzione con giovani istruttori d’equitazione per compensare il disinteresse sessuale che il marito, l’imperatore Francesco Giuseppe le sbatte in faccia in ogni modo, anche corteggiando poco più che bambine. In fondo le basta sentirsi ancora desiderata, finché anche questo non le basta più. E il doppio folle arriva anche per lei con la costruzione di una controfigura, che continui a perpetuare e a simulare la sua giovinezza, proprio come in “Fedora” capolavoro assoluto di Billy Wilder, dove Marthe Keller sorta di Greta Garbo si faceva sostituire dalla figlia sosia. Il film stupefacente di Marie Kreutzer è formalmente sublime come “Ludwig” di Luchino Visconti( dove Sissi era interpretata proprio da un’immensa Romy Schneider, ormai lontanissima dalla serie mediocre dell’imperatrice d’Austria che la rese celebre in gioventù ), ma è anche cupamente e follemente femminile come un film in costume di Jane Campion, “Lezioni di piano” a “Bright Star”.
Andando alla radice della follia prodotta da un ruolo costrittivo, come quel corsetto mai troppo stretto per apparire più magra, giù fino in fondo, persino con l’attrazione per i manicomi e il suicidio. Visivamente sempre stratosferico il film evita qualsiasi estetismo, ricorrendo ad aggiornamenti scioccanti (un telefono, il cinematografo, un mocio vileda, le musiche contemporanee) come terapia d’urto ad una rappresentazione mai calligrafica . Che trova in quella meraviglia attrice che è Vicky Krieps -di ruolo in ruolo sempre più bella, dolente, intensa, astratta al punto da renderla proprio l’erede di Romy Schneider – un’incarnazione inquietante sfingea erotica e folle ad un tempo. Il premio come migliore attrice al Certain Regard di Cannes la rende , a mio avviso, l’unica possibile concorrente ai prossimi Oscar di Cate Blanchett nel superlativo “Tar” visto a Venezia e nel 2023 sugli schermi italiani.