RUMOR(S)CENA – SAN GIOVANNI IN PERSICETO – Abbiamo incontrato il comico spezzino Dario Vergassola qualche giorno prima del suo tour marchigiano in dialogo con Paolo Crepet, Umberto Galimberti e Federico Buffa, in occasione del pre-debutto del musical per tutti Malèfici al Teatro Comunale di San Giovanni in Persiceto (Bologna). Maléfici sono i personaggi “cattivi” delle favole che nella folle elaborazione drammaturgica di Vergassola, si ritrovano in piena crisi di identità, e si incontrano mentre vanno dallo psicoanalista per una trasformazione radicale, una specie di “botox” dell’anima. Insomma come si dice nei videogame, vanno dallo strizzacervelli per acquisire una nuova “skin”.
Vergassola non è in scena come attore (anche se la sua voce compare…), bensì come autore di testi, come drammaturgo, per questo bellissimo musical per tutta la famiglia prodotto dalla Fondazione Aida e dal Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento; ma il titolo di drammaturgo non gli piace: “Sono, casomai, uno sdrammaturgo perché la drammaturgia è una roba alta, una cosa seria; per noi personaggi più televisivi, insomma “cazzari”, sentirti dare del drammaturgo sembra quasi una roba offensiva, terribile… ma anche buffa. Mi ci vedo già a salire sul palco vestito di nero col collo alto o con la sciarpa rossa….”La locandina con le illustrazioni di Daniel Cuello, già autore di numerose graphic novel per Bao publishing (la casa editrice anche di Zero Calcare) è già di per sé strepitosa: i personaggi sono vestiti con colori che virano al verde acido per ricordare appunto, il loro essere malvagissimi.
Cast eccellente: la regia è di Manuel Renga, già auto regista e curatore di progetti didattici legati alle opere liriche, andate in scena al Théâtre des Champs Elysées a Parigi, l’Opéra de Rouen. La musica è di Eleonora Beddini, le coreografie di Giuseppe Brancato. Sono in scena i cantanti del quartetto “Muffins” (Riccardo Sarti, Giulia Mattarucco Maddalena Luppi e Stefano Colli), professionisti preparatissimi che da quest’anno lavorano stabilmente con Fondazione Aida. Le loro performance canore lasciano davvero senza fiato, con applausi scroscianti a scena aperta da parte del giovane pubblico. Passano nel musical, da un’aria operistica alla canzone pop con grande dimestichezza e controllo vocale.
Il tema dello spettacolo è: come diventare buoni se tutti ormai ti hanno già classificato come il super malvagio delle fiabe? Nell’affabulazione “complottista”, i cattivi rimangono bloccati nei cliché delle convenzioni narrative per bambini, ma se fosse solo una “copertura”? Se le loro azioni nascondessero in realtà, ben altre inclinazioni interiori? Tutte le storie, si sa, innescano nel lettore forti meccanismi psicologici di identificazione nel personaggio e negli accadimenti che lo coinvolgono, e pochi di noi si sono immedesimati davvero nei panni dei cattivi o hanno amato le loro gesta. Ma con il rovesciamento delle storie e con il nuovo corso inclusivo delle fiabe, i personaggi assumono tutta un’altra veste e così “depotenziati” ci fanno persino tenerezza.
Ci sono Grimilde, la strega di Biancaneve, e Jafar, il malvagio di Aladdin, ma anche Ursula della ‘Sirenetta” e ovviamente il lupo di Cappuccetto rosso. Ciascuno di loro con una storia di buffe ossessioni e fragilità: per esempio, la strega è fissata con i filtri per i selfie perché non si accetta così com’è, il Lupo Cattivo è vegano ma non sa come dirlo, e Jafar è solo un brontolone. Tutti si ritrovano dentro l’androne di un grande palazzo gotico, ignari di prendere l’ascensore per andare tutti all’ultimo piano, dallo stesso psicologo. Il messaggio dello spettacolo è: Perché non accettarsi nella propria diversità?
“Non volevo fare una roba teatrale per canzoni, l’ho pensata apposta sul tema della “terapia” ma volutamente leggera anche per parlare, attraverso la storia, del disagio dei ragazzi, di quelli che se non c’è campo gli viene un colpo. Giocare con l’idea del mal comune mezzo gaudio è assolutamente terapeutico”. Una diversità sana, normalizzata, molto spesso non vissuta così dai giovani: “Quando da ragazzo avevo gli attacchi d’ansia e di panico mi sembrava di essere un marziano, quando ho conosciuto altri come me mi sono sentito un po’ meglio, rassicurato, mi sentivo normale. Puoi andare da qualcuno che ti aiuti, certo, ma se sei aiutato da amici fai prima. Devi avere autonomia di pensiero, fare di testa tua. C’è sempre un momento di paura, di angoscia, chi si sente brutto o grasso, ma non deve essere sempre un tormento, altrimenti finiamo tutti in depressione, la vita è anche passare tutto questo, attraversarlo con ironia”.
Un percorso non facile anche per i reietti delle fiabe, costretti appunto, a chiedere aiuto a un analista che abita in uno strano palazzo con un ascensore….parlante. Ad uno ad uno fermi ai mezzi piani, escono per raccontare cantando, i loro desideri inespressi a un terapeuta d’eccezione: il misterioso ascensore, infatti, ha la voce dello stesso Vergassola che aiuta i cattivi con la sua influenza consigliera, a far uscire il lato B della loro….personalità. “Questo viaggio in ascensore che dura più di quel che sembra –ci spiega Vergassola- è come raccontarti a un amico: è una cosa terapeutica, intanto la racconti, poi ovvio, l’analista ti aiuta e lo fa in un altro modo. Ma il raccontarsi anche a scuola, serve ad aprirti, hai un appoggio, non sei solo. È un messaggio alle nuove generazioni: non tutto deve diventare una psicosi, ognuno ha attraversato periodi strani, disagi, o scombussolamenti ormonali. Queste cose le devi rendere normali, accettarle: devi avere amici e non follower”.
Insomma, va in scena uno psicodramma comicissimo, una specie di rutilante seduta collettiva di autocoscienza, cantata e ballata senza un attimo di pausa, dove è la musica che la fa da padrona e fa rinsavire tutti e diventare gli uni benevoli verso l’altro. Lo scambio tra analista-ascensore e analizzante-cattivone avviene tra colorate scenografie di cartone per veloci cambi di scena e giochi di luce alla fine del quale i protagonisti raggiungono l’agognata seconda nuova natura di buoni: in premio c’è una vita sociale migliorata. Per esempio, Grimilde finisce per accettarsi così com’è #nofilter e la strega della Sirenetta ha aumentato l’autostima anche senza l’autotune e continua a cantare in mare (peraltro pieno di rifiuti di plastica).
“Ma sì –ci dice Vergassola- A Sanremo canta il cane e il porco e con gli effetti cantano tutti; se invece una ha una bella voce naturale ma strana, insomma un po’ particolare, beh questo è un pregio.” Bisogna valorizzarsi insomma. E accettare i difetti tuoi o quelli dell’amico: “Il Visir di turno è un rompicoglioni, più fetente e acido degli altri ma fa parte del gruppo; tutti abbiamo avuto uno così in compagnia ma lo accetti. Il carattere non è una pena eterna che deve rovinarti tutto, anche l’amicizia.”Malèfici è un musical per ragazzi e per famiglie che, fuori da ogni retorica sulla diversity, incoraggia ciascuno a tirar fuori la propria singolarità, la propria eccezione. Nessun discorso consolatorio, idealistico, superficiale, ma un gioco teatrale intelligente per pensare la diversità come libertà di essere come vogliamo, ricordando che la soluzione di tutto sta nella parola AMICI (non nel programma televisivo, però…).
Malèfici. Un musical per tutta la famiglia produzione Fondazione Aida, Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento. Regia Manuel Reng adattamento e dialoghi: Manuel Renga e Elisabetta Tulli. Interpreti I Muffins: Riccardo Sarti, Giulia Mattarucco e Maddalena Luppi e Stefano Colli Musiche originali: Eleonora Beddini, Coreografie di Giuseppe Brancato. Scenografie: Luca Altamura Costumi Antonia Munaretti. Light designer Manuel Garzetta.