Teatro, teatro danza — 21/04/2012 at 16:54

Spic e Span: la danza “pulita” che racconta la società della bellezza

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Fondo bianco, figurine colorate che schizzano e impazziscono ordinatamente, tre flaconi di detersivo. Ai Teatri di Vita di Bologna, Spic e span, lo spettacolo del trio foscarini:nardin:dagostin, che si è guadagnato una segnalazione speciale al premio Scenario 2011.

Tre giovani danzatori-coreografi raccontano con le parole del corpo la società della bellezza a tutti i costi, il perseguimento suicida di obiettivi estetici irraggiungibili imposti dal predominio di una cultura della forma. Spic e Span è la metafora rigorosa di un mondo appiattito e anestetizzato, votato alla corsa sfrenata all’apparire.

Il trio costruisce uno spettacolo in cui alla pregnanza estetica fa da contraltare un totale svuotamento di contenuto e di funzione. Vuoti di senso gli occhiali da sole neri indossati anche al buio. Vuoti, in senso letterale, i coloratissimi orologi usa e getta che indossano, privi di lancette e di numeri, depredato di ogni valore. Ogni momento è identico a quello precedente, il tempo è sottratto alla storia. Prosciugato anche il senso della musichetta anni ’30 e il mix house-metal che compare di tanto in tanato senza condizionare minimamente ciò che avviene in scena.

Tre contenitori umani vestiti di colori sgargianti, tre involucri belli ma fatti di plastica, privi di carne e di sostanza organica, lanciati in una corsa schizofrenica in cui la vita appare solo di passaggio, nei palloncini colorati gonfiati di fiato vivo destinati a scoppiare sempre, come effimere bolle di sapone, lasciando che l’aria in essi contenuta si disperda nel vuoto di altra aria.

Pose astratte e altre da modelli di alta moda riconoscibili sulle copertine di Vogue, si mescolano in un sistema di segni perfetto in cui a ogni tratto corrisponde un significato preciso e univoco. I tre danzatori raccontano senza usare parole l’omologazione, l’uniformazione generale al modello più forte, la corsa sfrenata verso il niente e i tentativi di sorpasso. Senza dimenticare le deviazioni, gli scollamenti e i rallentamenti di chi resta indietro, per sbaglio o per volontà e il successivo tentativo di recupero, di allineamento.

Su una base di movimenti asciutti, “tirati a lucido” (per restare in tema di detersivo), di linee rette, e di incroci tra verticalità e orizzontalità, sono montate micro-sequenze di gesti nevrotici e scattosi, che mostrano le tre figure intente in una serie di movimenti simmetrici di vario tipo. È un’altalena di situazioni astratte in cui sistematicamente una delle tre componenti, a turno, devia rispetto al percorso degli altri due per poi riprenderne il corso ristabilendo la simmetria del trio.

Giunge verso la fine il protagonista assoluto, il celebre detersivo Spic e Span che fa la sua comparsa in scena, colorato, anch’esso, e ingurgitato dalle tre figure in pochi minuti come fosse carburante per una macchina. “Puliti dentro e belli fuori” recita una didascalia immaginaria.

Ricaricati nella loro bellezza, infatti, continuano più nevrotici di prima la folle rincorsa alla vacua forma del nulla. Salvo fermarsi, nel finale, per mostrare finalmente, nel buio, la vita che si nasconde dietro i neri occhiali da sole. Solo per qualche istante però. Giusto il tempo di intravedere uno spiraglio.

(crediti fotografici di Marco Caselli Nirmal e Adriano Boscato)

 

Visto ai Teatri di Vita di Bologna il 18 aprile 2012

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