RUMOR(S)CENA – BIENNALE TEATRO VENEZIA – Condivisione come baluardo per difendersi dalla solitudine e per creare un mondo migliore è il focus concettuale su cui Stefano Ricci e Gianni Forte (ricci/forte), direttori del 52° Festival Internazionale del Teatro – in programmazione a Venezia fino al 30 giugno – hanno costruito “Niger et Albus”, il quarto e conclusivo anno del loro mandato. A inaugurarlo, “Elephants in Rooms”, video installazione pensata per Forte Marghera a Mestre da Gob Squad, il collettivo anglo-tedesco insignito del Leone d’argento 2024. La scelta di posizionare l’opera al di fuori del centro storico di Venezia, nella fortezza ottocentesca ora diventata centro d’arte, testimonia la volontà di abbattere confini e creare nuove prospettive dalle quali nascano stimoli, dialogo e scambi.
“Elephants in Rooms” è composta da quattordici schermi, come fossero quattordici finestre sul mondo, attraverso le quali, da dietro un vetro, i sette membri di Gob Squad – Johanna Freiburg, Sean Patten, Sharon Smith, Berit Stumpf, Sarah Thom, Bastian Trost e Simon Will – insieme ad altrettanti artisti provenienti da Cina e India, osservano lo spazio davanti a loro, mentre il pubblico può aggirarsi tra gli schermi bevendo un tè. Sui monitor scorrono i video che ognuno dei 14 artisti ha realizzato con il telefonino dietro il vetro di una finestra dalle loro case di Bangalore, Bayrischzell, Berlino, Bombay, Brandenburg, Devon, Fuerteventura, New York, Shanghai, Sheffield e Shenzhen. «Una coreografia di emozioni e sensazioni – l’ha definita Simon Will in rappresentanza del collettivo -, dove ogni artista ha seguito una partitura declinandola a suo modo e dando libero sfogo alla propria sensibilità».
Concepita nel periodo della pandemia, l’opera vuol essere un invito a manifestare i propri sentimenti ed emozioni mettendosi in relazione gli uni con gli altri, e anche a prendere coscienza della realtà: fuori di metafora, “Elephants in Rooms” ci ricorda le questioni enormi del presente che ignoriamo senza affrontarle. Ma non bisogna indulgere all’inerzia o al pessimismo: “Keep calm and carry on” è il senso di questa messa in rete collettiva.
Vista sabato 16 giugno 2024 a Forte Marghera
Ancora sulla comunicazione e lo scambio, ma questa volta tra generazioni diverse e tra attori e pubblico, è lo spettacolo che Gob Squad ha presentato al Teatro Piccolo Arsenale: “Creation (Pictures for Dorian)”. Partendo dal triangolo presente nel romanzo di Oscar Wilde, Basil il pittore, Lord Henry lo spettatore, Dorian il soggetto artistico, il collettivo ha coinvolto il pubblico in una riflessione sul meccanismo del fare teatro e più, in generale, della creazione artistica. Sul palco veneziano tre attori di Gob Squad – Berit Stumpf, Johanna Freiburg e Bastian Trost – affiancano sei attori dai 18 ai 75 anni – Alessandro Bressanello, Guido Laurjni, Manuel Nakhil, Margherita Piantini, Pierandrea Rosato e Yoko Yamada – reclutati in loco. Si formano così tre gruppi di età diverse, giovani, di mezza età e anziani, ognuno con la propria esperienza e visione del passato e del futuro. L’occhio attento di una telecamera proietta sullo schermo e porta in primo piano l’azione scenica in una relazione complessa che connette i tre apici del triangolo. La condivisione diventa totale nel mettere a nudo il proprio vissuto, le proprie anime e finanche il corpo, come fa Johanna Freiburg, che si mette in gioco senza veli, né fisici, né metaforici con empatica schiettezza.
Visto sabato 16 giugno 2024 al Teatro Piccolo Arsenale
L’intensità di una drammaturgia visiva che parla per immagini e suggestioni è il linguaggio scelto da Ciro Gallorano, vincitore della Biennale College Teatro-Regia, per il suo “Crisalidi”. Il corpo delle due giovani espressive performer, Sara Bonci e Andreyna de la Soledad, prende il posto della parola nel comunicare pensieri ed emozioni. Sullo sfondo, la complessità di pensiero di Virginia Woolf e le foto intrise di inquietudine di Francesca Woodman – la fotografa statunitense, morta suicida nel 1981 a soli 23 anni – che prendono vita sulla scena debolmente illuminata e abitata da barattoli, specchi, due poltrone, una vasca, una scrivania: tutti oggetti con i quali le performer interagiscono caricandoli di senso. Fino al finale emblematico, quando i due corpi femminili nudi trovano un loro consistere, l’una all’interno di una teca di vetro, l’altra sdraiata sopra, crisalidi di una metamorfosi che non sembra potersi aprire alla vita.
Visto sabato 16 giugno 2024 alle Tese dei Soppalchi