Festival(s) — 21/09/2014 at 20:54

Il teatro che sa superare le frontiere e arrivare ad Avigliana

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AVIGLIANA – “Il Teatro non è indispensabile. Ma serve ad attraversare le frontiere fra te e me” è stampato sulla prima pagina del programma del Festival “Primavera d’Europa”, ad Avigliana, giunto alla seconda edizione. Organizzato dalla Piccola Compagnia della Magnolia, residente in questo borgo medievale/sabaudo dalle suggestioni visive, architettoniche, paesaggistiche sorprendenti, il festival si propone come sguardo sui lavori Europei, tra lo sperimentale, la ricerca, l’interiore tracciato dall’autentico teatrale. E la riflessione di Grotowski sembra calzare a pennello, come una dedica, alla volontà di sparpagliare, mediante la comunicazione mediata dal linguaggio scenico, la bellezza, il senso, il contatto tra uditori. Un modo per abbattere frontiere e avvicinarsi all’altero per coinvolgimento e condivisione, ‘toccarsi’ per comprensioni collettive scaturenti relazioni, conoscenza, dibattito, consenso o dissenso.
Valori che ben si sposano con le tensioni festivaliere. Che non siano semplici vetrine. Che non siano offerte promozionali. Ma che lascino tracce. Come il buon teatro dovrebbe fare.  Sei giorni di spettacoli (due-tre al giorno) in prima e seconda serata, eventi permanenti (mostre, visioni, teatro di strada) eventi d’incontro e…bellezza. Quella dei luoghi, delle parole recitate e sussurrate, delle voci comuni, delle differenze, dell’arte.
Giornata d’apertura, martedì 16, cominciata con un aperitivo in Piazza Conte Rosso, cuore pulsante nel centro storico di Avigliana. A saldare e celebrare un rapporto col territorio forte, di compartecipazione reciproca.
Prima serata di marca Polacca: Il Teater Nowy di Varsavia con Macabra dolorosa. Rivisitazione in stile buntes theater di pratiche tristemente esistenti nella Polonia attuale, l’infanticidio, allargando il discorso in chiave di lettura di olocausto, distonie religiose e macabro monologare in modalità spleen. Notevole la competenza scenica di Katarzyna Chlebny, solitaria attrice sul palco – coadiuvata musicalmente da un batterista e un pianoforti sta – capace di masticare un testo ostico e sonoramente aspro per un pubblico poco abituato alle sonorità dell’idioma est-europeo.

macabradolorosa

Tuttavia l’allestimento perde di brillantezza per una staticità sequenziale – per intenderci quadri costruiti come se fossero diapositive in scorrimento – con poco collante tra musica, testo e quadri. Il teatro canzone non è facile da addomesticare se si tenta la sperimentazione innovativa su base tradizionale. Allora le tracce di opera rock, di rivista dada con toni dark, poco supportate da una costruzione scenica forte a legaccio del tutto, risulta stridente a tratti irritante. Cenni eccessivi, amplificazioni vocali esagerate, dispositivi di contatto col pubblico non bene orchestrati e problemi tecnici hanno contribuito a una resa poco soddisfacente. Peccato. Perché il progetto testuale, benché prolisso, è interessante. Come la bontà dei musicisti oltre alle accennate potenzialità attorali della protagonista. Si suggerisce maggiore attenzione alla cura scenotecnica. Dalle piccole alle grandi cose: le entrate-uscite e i cambi scena, confusione tra testo e canzone, l’utilizzo estetico dello spazio, le geometrie, una scarsa identificazione in una traccia intellegibile. Magari voluto, questo azzuffo di ‘forma’, trattandosi di dadaismo, ma poco appetibile. Palesi le qualità dell’attrice in scena, rimasta però ‘fredda’, troppo sul palco, probabilmente distratta, nella prova, dai problemi tecnici.

avigliana

Di diversa entità lo spettacolo di seconda serata: Juego y teoria del Duende di F.G. Lorca della compagnia ispano-francese Oisueaux Migrants. Un allestimento pensato e ideato per dimensioni inconsuete dagli spazi canonici. Dimensioni che ben si prestano all’incontro, all’intimità tra pubblico e artista, alla relazione immediata. Il testo di Lorca, intriso della poetica echeggiante (lirismo e incisività di costruzione) dell’autore andaluso – esposto durante una conferenza stampa nel 1934 e successivamente redatto – mediata da un linguaggio ‘illustrativo’, un dare lustro alla parola, con una interpretazione simile al discorso, discorso scenico. Il carisma e la musicalità espressiva dell’attrice Dolores Lago Azqueta, formatasi tra l’altro alla Cartoucherie di Parigi, rendono grazia, gentilezza d’eloquenza, al magnetismo della dialettica del Lorca. Un lavoro che fa evaporare le sovrastrutture, esposto con l’ausilio di rappresentazioni visive su volumi cartacei. Un ritorno all’autenticità e all’artigianalità teatrale, alla maniera, se vogliamo, dei cunti di derivazione latina e precedentemente greca, ripresi nella tradizione orale mediterranea.

Visto  al Festival Primavera d’Europa Teatro Fassino di Avigliana e alla Chiesa di Santa Croce il 16 settembre 2014 

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