Spettacoli — 22/01/2017 at 13:00

La forza della parola al servizio del potere

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PARMA – L’apertura è emotivamente efficace, con la voce della vecchia regina Margherita che urla il suo dolore vedovile in una nenia nordica straziante. Colui che chiude la bocca a questo dolore femminile, è un Riccardo, non ancora re, che declama la sua deformità nello stralcio del celebre monologo shakespeariano (terzo atto, scena prima). Lo fa non in chiave pietistica, ma volendo evidenziare come questo suo handicap sia, invece, lo sprone per assugere a qualcosa che lo compensi.
Nel Riccardo III e le Regine portato in scena da Oscar De Summa il tutto viene espresso in modo pop, popolare, comprensibile a tutti, anche a coloro che del Bardo non conoscono le tragedie, moderno nell’allestimento (essenziale), nelle musiche e nei costumi. Ciò rientra in un progetto ben più ampio: “Contemporaneamente Shakespeare” realizzato da De Summa che ha l’intento di portare un autore classico del teatro alla portata di un pubblico sempre meno di non addetti ai lavori, che normalmente non va a teatro, utilizzando dei linguaggi più comuni e contemporanei, senza banalizzare i messaggi di fondo. È evidente fin dalle prime battute la capacità oratoria del personaggio shakespeariano che compensa l’offesa della natura (“io sono privo di ogni bella proporzione, frodato nei lineamenti dalla natura ingannatrice, deforme, incompiuto, spedito prima del tempo in questo mondo che respira,finito a metà,e questa cosi’ storpia e brutta che i cani mi abbaiano quando zoppico accanto a loro”) con la capacità e la volontà di raggiungere il proprio obiettivo, il trono, attraverso l’arte della parola. Lo fa dichiarandolo direttamente, sfrontatamente, al pubblico: “sono deciso a dimostrarmi una canaglia … ho teso trappole, ho scritto prologhi infidi con profezie da ubriachi, libelli e sogni per spingere mio fratello clarence e il re a odiarsi l’un contro l’altro mortalmente”.

 

Questo è uno dei livelli di lettura dell’opera dell’artista salentino: la capacità del potere, più che nell’opera del Bardo, di irretire attraverso l’oralità più che coinvolgere con la moralità e l’etica. Già in un recente passato cinematografico questo aspetto aveva influenzato il regista Richard Loncraine, riportando l’opera shakespeariana, negli anni Venti in un’Inghilterra piegata dalla guerra civile. Il Riccardo III di De Summa è un istrione, dunque, capace di un forte appel comunicativo che si traduce nel tentativo di portare dalla sua parte anche il pubblico rivolgendoglisi in momenti di stacco tra una scena e l’altra. Riccardo “è” il detentore della comunicazione. L’altro livello di lettura è quello più volte espresso nelle interviste, il lavoro sulla relazione tra il potere e il femmineo. Il risultato è stato sicuramente realizzato. A danno della parte femminile, però: gabbata, avvilita, umiliata, violata da un Riccardo assetato di potere e desiderio di riscatto fino a logorarlo.

 

Emblematica rappresentazione di questa ricerca è la scena della seduzione di lady Anna, rimasta vedova dell’amatissimo marito, il principe di Galles, ad opera degli intrighi del protagonista. In scena va il duello anche violento nei modi tra due “io”: quello di una donna che, seppure prostrata dal dolore, vede, alla fine in Riccardo (e si piega) la possibilità di rientrare in una società cui è abituata a vivere, consapevole del fatto che senza un uomo accanto non avrebbe futuro, e quella del futuro re inglese il quale, viceversa, vede nella giovane un ulteriore riscatto. Qui è il nodo: le donne (ognuna rappresentante di un’età e della conseguente esperienza di cui essa è portatrice) intorno a questo personaggio sanno, conoscono profondamente, il male che Riccardo porta dentro ed emana anche solo poggiando il pensiero sulle cose, eppure non possono, non riescono, a fare altro che cedere.

Neanche Elisabetta, nonostante l’orrore per l’assassinio del giovanissimo figlio Edoardo per volontà di Riccardo, riuscirà a negargli la mano della figlia. D’altro canto non avrebbe potuto agire diversamente data la forza e la veemenza con cui il sovrano la convince in un aut aut: o mi concedi la mano della giovane o vi ammazzo tutti. L’unica forma di riscatto che hanno e che ha chiunque abbia subito la fascinazione nefasta di Riccardo è nel “dopo”: i fantasmi lo avvinceranno alla fine rendendolo matto e facendogli urlare la nota frase “Il mio regno per un cavallo!” Un urlo che chiude il cerchio iniziato con un altro di pari strazio.


Riccardo III e le regine, risulta aver raggiunto tutto sommato pienamente gli intenti prefissati nella gestione di un testo notoriamente non facile, rendendolo funzionale ai messaggi. Bello l’uso delle luci, capaci di suscitare emozione e suspance nel pubblico al pari delle musiche. Molto interessante l’uso dei microfoni per cadenzare i momenti di riflessione intima tra Riccardo e il pubblico. La regia evidenzia l’esperienza e la pratica del palco dell’attore e autore.
L’unica pecca dello spettacolo è che spesso negli incalzanti dialoghi, forse troppo, si perde il gusto delle parole che li compongono, il che rende, in quei momenti, tesa la comprensione del testo.

 

Riccardo III e le Regine

da William Shakespeare

ideazione e regia Oscar De Summa

con Oscar De Summa

e con Isabella Carloni, Silvia Gallerano, Marco Manfredi, Marina Occhionero
scene Matteo Gozzi (Laboratorio scenotecnico di Armunia)

luci Matteo Gozzi

costumi Emanuela Dall’Aglio

produzione La Corte Ospitale

in collaborazione con Armunia Centro di Residenze Artistiche Castiglioncello
Visto il 14 gennaio al Teatro al Parco di Parma

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