PONTE A MORIANO ( Lucca) – In una delle migliori stagioni d’autunno, sulla via detta del Brennero che partendo dalle periferie pisane per poi dirigersi verso Lucca porta alle montagne dell’Abetone, e poi ben oltre Trento fino al confine austriaco, qualcosa si muove diretto da Roberto Castello. Un artista- intellettuale dalla vista lunga, per la prima volta in uno spazio teatrale nuovo, oltre a quello consueto di SPAM, ecco appalesarsi il ghigno più che surreale parecchio metafisico di Antonio Rezza in IO. Un gatto dello Cheshire ma cattivissimo, che appare scompare si scompone si dilata si trasforma si accanisce blandisce lo spettatore, ma in realtà in scena dal palco altro non fa che insultarlo e deriderlo provocandolo, denudando –travestendo se stesso. Antonio Rezza si mette in gioco da straordinario performer qual’ è. Sembra aderire, forse, condividere, in realtà ci fa uno sberleffo irridendo della nostra pochezza morale, dell’umana viltà narcisa e stracciona di cui tutti siamo insieme teatrino vivente e recitante nel micropalco delle nostre piccole esistenze, negli interni famigliar-domestici e mondan- professionali.
Chi sono tutti questi IO che il performer- anche autore dei suoi testi- pur smentendosi per smentire se stesso in quanto autore mette in scena? Gli IO sono alter ego di Rezza e di ciascuno di noi, presi in fotografia nella propria egolatria individuale famigliare e sociale. Così si comincia quell’IO difficile auto narrante, dal bambino nato da accoppiamento regolare con papà e mamma per passare all’adolescente masturbante che si identifica col lenzuolo in cui cresce col suo seme nel suo isolamento a fronte di un adulto che di professione è radiologo esaurito e/o giocatore baffuto anni Settanta – Mazzola. Che poi gioca al gioco dell’oca. Che poi irride chi va a teatro suo ospite collo smart: non sei tu che illumini, lui ti illumina. E non d’immenso. Che poi, da adulto si ridimensiona nel sui IO. Hic et nunc. Forse
Nel non evidente plot narrativo-che Rezza decostruisce con sapienza di ritmo affabulatorio e atletico, svariate identità si intrecciano in un vulcanico caleidoscopio di personaggi e situazioni dove la narrazione si innesca per poi essere divorata da se stessa. Il suo è Teatro alla quintessenza, un pas à deux o anche delirio a due. Perché il nostro IO|Io (Rezza) come minimo, si confronta con la partner costumista e scenografa straordinaria Flavia Mastrella, artista visiva e anche pittrice di rango per costruzione di storie attraverso, a sua volta, di minimalismi funzionali di lenzuola-oggetti di scena appoggiati su mollette come capi di bucato all’aria dove la maschera comico-grottesca di Rezza si intrufola mimetizza rintraccia e autorappresenta. E si sa che all’aria e dall’aria può arrivare di tutto. Anche l’ufo-spettacolare transformer di Rezza. Ma insomma nello spettacolo chi è il Bambino e chi la Mamma?Quello che si avvolge fra e nei “lenzora” e|o chi lo avvolge e culla? Questo spettacolo ha calcato molti spazi teatrali, tuttavia continua ad essere provocatorio, urtante. E non ci basta che ridere. O forse anche no. Forse e soprattutto ancora ci aiuta ad allenarci nell’intelligenza di spettatori. Forse vuol dirci che scegliere di andare a teatro può ancora equivalere ad un esercizio del pensare. Per non uscirne mai tranquilli.
IO di Flavia Mastrella e Antonio Rezza
con Antonio Rezza
quadri di scena Flavia Mastrella
(mai) scritto da Antonio Rezza
Visto al Teatro Nieri di Ponte a Moriano il 16 ottobre 2015