La felicità esiste o è solo un’invenzione e forse aveva ragione Albert Camus quando scriveva nel suo Caligola: «Gli uomini muoiono e non sono felici». Ma soprattutto cos’è la felicità? Seneca era sicuro dicendo che: «Nessuno lontano dalla verità può dirsi felice.»
La spiegazione sta nello stato d’animo che è un’emozione, positivo di chi si sente soddisfatto e realizzato. Sa di aver raggiunto i propri desideri. L’etimologia della parola deriva da felicitas, la cui radice “fe-” significa abbondanza, ricchezza, prosperità. Se l’uomo è felice di conseguenza prova soddisfazione e appagamento. Come quel corpo umano con la testa da gorilla che in scena dice: «Un tempo ero una scimmia, ero libero, mangiavo solo banane ed ero felice. Vivevo in un mondo perfetto poi ho iniziato a mangiare mele e ho deciso di diventare un uomo e di perdere i peli... » E qui inizia la vita dell’essere umano che si chiede «come dobbiamo vivere», il quesito che si sono posti i Codice Ivan con il loro Give me money, give me sex_Wath the hell is happiness? (GMGS): acronimo di “Give Me Money, Give Me Sex, Give Me Coffee and Cigarettes”, un verso del brano Baby Turn Blue dei Virgin Prunes. Una creazione collettiva in cui il dubbio esistenziale «che cos’è la felicità ?», viene indagata come una ricerca antropologica, filosofica, esistenziale, lasciando aperta ogni soluzione.
«Ognuno è portato a lottare per raggiungerla senza però capire né dove né come andare. L’unica certezza è l'(auto) cacciata da un mondo perfetto e la consapevolezza delle quotidianità difficoltà di scelta.» Ed ecco che in scena compare lei, Eva (Anna Destefanis) e indossa una parrucca bionda, sta in piedi vicino all’Eden. Un’immagine proiettata da una minuscola videocamera posizionata per terra dove Benno Steinegger crea con piccoli animali e figure vegetali, il Paradiso perduto. Eva urla tutta la sua rabbia. D’altronde è stata cacciata da quel fantasmagorico posto dove la vita era perfetta e tutto era sinonimo di felicità. Deve scegliere tra un salotto che gli viene mostrato e un cane proiettato. Sceglie gli elettrodomestici e il confortevole arredamento. Alla faccia del detto che il miglior amico dell’uomo è il cane. Meglio il pragmatismo di chi pensa che se proprio deve cercare la felicità, allora è meglio dotarsi di tutti i comfort a disposizione. Non è così?
Per non chi è convinto non c’è che farsi un giro in questi giorni per i centri commerciali, dove spacciano di tutto, ogni ben di dio, facendoti credere che se più acquisti più trovi la felicità. L’uomo non si accontenta più delle banane, lo ripetono ancora i Codice Ivan con una sequela infinita di cartelli dove vedi scritto a caratteri cubitali, in bianco e nero, centinaia di parole, che se le componi tutte insieme, diventano una specie di puzzle su come siamo complicati e dibattuti. «Qualcuno è morto, io voglio essere vivo» è l’accorato appello di Benno Steinegger, «Vivere o morire?» è l’amletico dubbio impresso sul cartello. Si potrebbe andare avanti all’infinito, ma ci pensa Anna Destefanis a spiegare meglio l’origine della specie umana “pseudo-darwiniana”, di come siamo diventati: più un’involuzione che un’evoluzione. Grafici, simboli, (originale ed efficace la forma di scrittura con il gesso su una specie di lavagna a terra dove appare in videoproiezione in diretta), equazioni, scarabocchi, formule matematiche, rimandi, frecce, parole che diventano una matassa indecifrabile. Si passa dall’evoluzione della banana all’ananas alla tshirt.
«Devi decidere. Qualcosa dovrai pur decidere, o no? Se non decidi hai comunque deciso» è l’impellente monito che appare, ancora una volta, per iscritto. I Codice Ivan sembrano dirci che l’uomo deve decidere prima o poi da che parte stare. Scegliere quale felicità e decidere se vale la pena di vivere più semplicemente, smettere di rincorrere i falsi miti che abbagliano: denaro, sesso, potere, ricchezza, edonismo, lusso, ostentazione e chi più ne ha più ne metta. Con questo progetto Leonardo Mazzi, Benno Steinegger e Anna Destefanis hanno trovato un’intesa drammaturgica e performativa molto convincente. Il lavoro assume una sua validità in ragione anche di una minuziosa ricerca esplorativa che indaga l’universo umano. Tutti vorremmo essere felici ma non ci accorgiamo mai quando lo siamo (per motivi molto più semplici e veri) e allora forse dobbiamo credere a Schopenhauer (utilizzato dai Codice Ivan come incipit nel loro programma di sala) quando afferma: «C’è un unico errore innato, ed è quello di credere che noi esistiamo per essere felici.»
GIVE ME MONEY, GIVE ME SEX What the hell is happiness? (GMGS)
creazione collettiva
Codice Ivan
visto al Teatro Studio di Scandicci Festival ZOOM “giovin’Astri” l’11 dicembre 2011
crediti fotografici Alessandro Sala e Emanuela Giurano