RUMOR(S)CENA – PERGINE FESTIVAL – PERGINE – Trento – La 44esima edizione del Pergine Festival che si è svolta tra il mese di giugno e luglio scorsi introduce gli spettacoli scelti con un quesito: «A quali mondi apparteniamo?» dalla quale si apre uno gamma di risposte diversificate. Per Carla Esperanza Tommasini, direttrice artistica del festival, «la veloce diffusione di idee, tendenze e informazioni ci costringe a confrontarci quotidianamente con una dimensione globale ed un vissuto collettivo che trasforma e spesso determina le nostre scelte individuali: dalle questioni sociali, politiche ed economiche, al rapporto con l’altro e l’altrove. Ci relazioniamo costantemente con l’operare e comunicare su scala planetaria. Essere cittadini del mondo diventa una sfida personale e un orizzonte a cui tendere, dove il coltivare una coscienza globale si configura come un passo necessario per riuscire a stare al mondo. Da questi spunti è stata scelta la programmazione con un’apertura allo spazio e al tempo, muovendosi tra mondi lontani e vicini, alla ricerca di sfide comuni e connessioni globali».
Aspettative che non sono andate disattese, visto il bilancio finale di questa edizione: 14 mila gli spettatori nell’arco di poco più di due settimane. 16 eventi distribuiti tra spettacoli, performance e installazioni, di cui tre realizzati da artisti selezionati attraverso il bando Open – Creazione [Urbana] Contemporanea e tre scelti tra i numerosi artisti emergenti italiani che hanno risposto alla call Supernova. Nove le proposte musicali tra concerti e dj set di generi musicali diversi: dall’elettronica al rock, dal jazz al revival. La performance “By Mushrooms” di Yaho Liao un site – specific vincitore del bando Open
Un trekking urbano dove è stato resa possibile anche la partecipazione di persone disabili. Oltre alla quarta edizione di PAG – Pergine Arte Giovane in cui sono state selezionati dieci artisti locali under 30 dove ognuno ha potuto realizzare le sue opere. Il collettivo “Azioni fuori posto” composto da Silvia Dezulian, Martina Dal Brollo, Gabriél Garcia Rojas e Filippo Porro, autori della performance “Oltrepassare” si è aggiudicato il primo premio di Pergine Arte Giovane (il concorso per giovani creativi indetto dal Comune di Pergine in collaborazione con Pergine Festival).
La motivazione della giuria ha riconosciuto «il valore della ricerca espressiva corporea-poliscenica e del lavoro sull’impatto estetico visivo sugli oggetti, per la qualità dell’azione sul versante tecnico sonoro e per la ricerca teorica approfondita che si evidenzia nel risultato finale». Una menzione speciale è stata assegnata a Gaspare Gianduia Grimaldi autore dell’ opera “Emotiva tranquillità” «per la consapevolezza del linguaggio artistico e per la maturità dimostrata nell’utilizzo della tecnica espressiva raggiunta, soprattutto in relazione alla giovane età». Tra le proposte del Festival l’originale iniziativa “Datti una mossa! Torneo di dama vivente” con la partecipazione di otto associazioni del territorio per un totale di oltre 104 giocatori figuranti. «Siamo davvero molto soddisfatti dei risultati che abbiamo ottenuto – afferma la direttrice artistica Carla Esperanza Tommasini – nel vedere una grande partecipazione del pubblico, respirare un clima positivo in città, fare del Festival un luogo di incontro in cui artisti, la comunità locale, spettatori, operatori e appassionati si ritrovano è un motivo di grande orgoglio. La comunità e le sue connessioni globali era filo conduttore che guidava il Festival ed è stato anche ciò che si è concretamente realizzato a dimostrazione del raggiungimento di un obiettivo importante».
Cittadini del territorio aperto ad un mondo senza barriere né ideologiche né culturali per un festival capace di creare forme di inclusione sociale, attraverso la partecipazione attiva dei residenti, offrendo loro esperienze artistiche con artisti a loro volta “residenti” a Pergine, invitati durante tutto l’anno come, ad esempio, il gruppo dei Dynamis. L’idea della direzione artistica è stata quella di avvicinare chi fa teatro amatoriale ad attori professionisti dando loro la possibilità di diventare protagonisti di “Amour”: 15 tra uomini e donne protagonisti di un processo creativo. Una forma di spettacolo partecipativo con il fine di indagare la genesi del teatro stesso e la relazione tra uomo e attore. “Amour” segnava la seconda tappa di un progetto triennale denominato “Abc” creato per Pergine con l’intento di indagare in modo trasversale il teatro contemporaneo, favorendo quelle connessioni utili ad avvicinare tra di loro artisti e realtà teatrali (distanti tra di loro ma accomunate dallo stesso intento), luoghi d’arte e frequentatori come lo sono semplici visitatori ma anche esperti critici. Un progetto che fungesse da ponte tra l’operatore e il fruitore, basato sul radicamento nel territorio e facendosi portatore di linguaggi da riconoscere e riscoprire.
L’esperienza sulla scena si è dimostrata vincente per l’auto-ironia dimostrata nel mettersi in gioco, mettersi a “nudo” senza timore di essere giudicati, grazie alla regia di Andrea De Magistris che ha diretto gli amatori appassionati e divertiti per aver capito che il teatro può essere anche vissuto senza aspettative o facili consensi. A conferma del mandato che si è fissato questo festival da quando è diretto da Carla Esperanza Tommasini: «Il nostro teatro è la città stessa, fatta di luoghi, storie, interazioni e persone. Un invito all’incontro attraverso pratiche artistiche multiformi». Effetto Larsen (un collettivo nato nel 2007 a Milano da Matteo Lanfranchi, attore diplomato presso la Paolo Grassi di Milano, allo scopo di promuovere progetti di ricerca sui linguaggi performativi, in particolare il teatro in tutte le sue forme) con “After/Dopo” ha creato un progetto partecipativo e site-specific allo scopo di indagare il rapporto con l’unica certezza possibile: la fine dell’esistenza. Un allestimento molto originale all’interno di Palazzo Crivelli restituito alla città per merito del Pergine Festival, dove era possibile vivere un’esperienza intima e significativa con la propria idea di fine vita. Il susseguirsi delle stanze in cui ognuno poteva testimoniare con messaggi scritti la propria volontà, desiderio, confessione come segno del proprio passaggio che nelle note di presentazione è spiegato bene: «lascia segni evidenti: oggetti, relazioni, immagini ricordi. After/ Dopo è un percorso in cui consegnare queste tracce intime in maniera anonima, offrendole alla riflessione».
Matteo Lanfranchi, Roberto Rettura, Paola Villani e Laura Dondi offrono ai partecipanti ( il ruolo a cui tutti si prestano e ognuno a modo suo esprime) «la presa di coscienza della mortalità che rende più prezioso il tempo che ci resta. Ma raramente si riflette sulla propria fine». Il proprio vissuto rispetto ad una tematica così sensibile si confronta anche con le altre testimonianze depositate e i rimandi si incrociano tra di loro. Se ne esce rinfrancati e sollevati per non sentirsi più soli. Spostamenti di senso che ritrovano la strada per uscire sulla realtà urbana che accoglie per proseguire l’itinerario tracciato dal festival. Ci si addentra in un luogo lontano com’è la Patagonia argentina: un territorio di interesse strategico geopolitico tale, da attirare l’attenzione di potenze economiche straniere pronte ad aumentare i propri profitti: tra queste figurano anche l’italiana Benetton. Una sorta di denuncia che vuole portare a conoscenza dell’opinione pubblica e dei cittadini di tutto il mondo quanto accaduto in quelle terre, dallo sfruttamento alle atrocità subite dai popoli nativi e legittimi possessori. “Tierras del Sud” è una conferenza spettacolo, una sorta di teatro di figura simbolico gestito sulla scena da due performer della Catalogna, Laida Azkona Goñi e Txalo Toloza -Fernández (autore anche della drammaturgia), intenti a ricreare sul palcoscenico vuoto la geografia della Patagonia.
Un processo di ricerca e creazione impostato sulla possibilità di esprimere un linguaggio diverso da quello teatrale consueto; la sperimentazione di un lavoro di teatro documentaristico con l’apporto di un’estetica di visual art; l’inserimento di interviste realizzate durante il loro soggiorno e studio, raccogliendo testimonianze dei Mapuche (termine composto dalle parole mapudungun Che “popolo” e Mapu “della Terra”), un popolo originario del Cile centrale e meridionale e del sud dell’Argentina (Patagonia), analizzando anche la loro musica ancestrale e la danza con una particolare attenzione al legame con la loro terra e le molte avversità subite nel conflitto che si è innescato a causa del patrimonio di ricchezze rapinato da capitalisti stranieri. Txalo Toloza -Fernández spiega da dove sono partiti per realizzare “Tierras del Sud”: «recuperare la danza, il movimento, la performance come validi strumenti per diffondere informazioni documentarie, dando alla storia di questa gente tutta la forza e il carico poetico dei corpi sulla scena, utilizzando il loro modo di fare come un potenziale per ordinare un’indagine così complessa». Al pubblico viene consegnata una ricerca estetica ed iconografica di grande valore comunicativo, sociale capace di espandersi oltre la nostra idea di teatro civile. L’eccessiva lunghezza della performance toglieva un po’ di respiro alla visione complessiva e la disabitudine di seguire e leggere i sottotitoli (traduzione dalla lingua spagnola), dovrebbe costringerci a prestare maggiore attenzione quando ci si confronta con altre lingue e culture.
Cambio registro e atmosfere con le suggestioni sonore e interpretative vocali nel “Viaggio al termine della notte”, con due protagonisti d’eccezione: Elio Germano e Teho Teardo, autori di una versione drammaturgica e musicale dell’omonimo romanzo di Louis-Ferdinand Céline. Una rilettura originale che ripercorre alcune parti del “Viaggio”, il suo primo romanzo a sfondo semi – autobiografico dello scrittore francese, in cui sono presenti le caratteristiche di misantropia e cinismo presenti nel pensiero pessimista che accompagnava Céline nei riguardi del genere umano e della società. L’introduzione del romanzo spiega il vantaggio di «viaggiare, è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione. Tutto il resto è delusione e fatica. Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. Ecco la sua forza. Va dalla vita alla morte. Uomini, bestie, città e cose, è tutto inventato. È un romanzo, nient’altro che una storia fittizia. Lo dice Littré, lui non sbaglia mai. E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi. È dall’altra parte della vita.». Elio Germano e Teho Teardo lo ripercorrono con intensa passione miscelando sapientemente la voce narrativa alle note musicali degli archi (al violoncello Laura Bisceglia, viola Ambra Chiara Michelangeli , violino Elena De Stabile), chitarra e live electronics, in una partitura di sapiente grazie alla perfetta sintonia tra l’attore e il musicista. Un flusso continuo dove l’interpretazione di Elio Germano rende a pieno la scrittura di Céline per assonanze e continui rimandi immaginativi, evocativi delle miserie umane in cui è collocata la storia: gli orrori della guerra, del colonialismo francese in Africa.
Spazio anche all’ironia, al gioco divertente di proporre uno spettacolo leggero ma con riferimenti alla quotidianità della vita fatta di illusioni: è “Calcinculo” dei Babilonia Teatri la cui storia artistica è costellata di imprese sul versante (anche etico) sociale e culturale del nostro paese, a rischio di una grave deriva non percepita sufficientemente. In questo caso la contaminazione tra teatro e musica risulta vincente. Enrico Castellani e Valeria Raimondi affrontano con piglio energico e scanzonato diritti e doveri degli italiani, pretese assurde e richieste al limite del paradossale: «Abbiamo smesso di andare a votare, ma chiediamo che i diritti e i doveri dei nostri cani, gatti, canarini e tartarughe e criceti e conigli e porcellini d’india e pesci rossi siano sanciti dalla legge e che il tribunale si occupi della loro dignità e del rispetto nei loro confronti». La cifra poetica dei Babilonia non si smentisce mai e il sarcasmo del quale sono abili interpreti: un “fuori programma” stile intrattenimento stile televisivo con una sfilata di cani accompagnati dai loro rispettivi padroni. Valeria Raimondi sfoggia ottime doti canore creando una sorta di drammaturgia parallela alle sollecitazioni/provocazioni di Enrico Castellani: una tra le tante e non da meno importanti è quella dell’uso sconsiderato dei social dove dietro un computer si nascondono i “leoni da tastiera”: «Abbiamo deciso che è arcaico esprimere un’opinione all’interno di una collettività negli ambiti che ci competono, ma commentiamo qualunque notizia schermati da uno schermo».
Non solo: basti osservare le persone sedute ad tavolo di ristorante, in treno e sui bus, in sala d’aspetto di uno studio medico, a casa seduti sul divano, in mano hanno un telefono portatile lo sguardo è rivolto in basso, alienati come automi perdono il contatto con la realtà circostante. «Con questo spettacolo intendiamo raccontare il mondo che ci circonda con il nostro sguardo tagliente, dolente ed ironico»: una sfida riuscita! E hanno perfettamente ragione nel sostenere come «realtà e finzione si sovrappongono: spesso non è chiaro dove finisca la vita reale e dove inizi la sua rappresentazione e viceversa».Vengono meno le premesse per immaginare un futuro di speranza, sembrano dirci i Babilonia in cui sembriamo tutti destinati a perdere quei valori fondanti della nostra civiltà. Il finale è assegnato dai cittadini residenti con l’esibizione del Coro Castel Pergine, Coro Highlight e quello degli alpini del gruppo di Castagné: voci del territorio per siglare il successo di un festival dalle solide radici.
Pergine Festival 28 giugno – 13 luglio 2019