RUMOR(S)CENA – GENOVA – È indubbio che la nostra cultura è mutata, come sono mutati i nostri ragionamenti su chi siamo e come agiamo. Ma è anche vero che il peso specifico degli archetipi sembra pesare sempre su di noi se prendendo in mano una delle più celebri tragedie di Sofocle, Edipo Re, recuperiamo il seme del nostro essere occidentali. Conosciamo bene l’influenza che ebbero tragedie come appunto Edipo Re nei primi decenni del Novecento con il dilagare della psicanalisi quando la reinterpretazione dei classici del V secolo ateniese saliva sui lettini degli specialisti! Lo stesso accadde per la Medea di Euripide, eletta a simulacro della vendetta femminile sul maschio.
Ebbene in un’epoca in cui se le pièce teatrali hanno una durata breve è cosa che le rende già gradite in partenza, la riscrittura portata sul palco dal regista da Andrea De Rosa ha anche il pregio di aver ridotto la complessa trama dentro le inconsapevoli colpe di Edipo, dal parricidio all’incesto, mostrando esclusivamente la fragilità di un uomo divenuto re nel posto sbagliato per un terribile scherzo del dio Apollo.
Il rimpasto drammaturgico di Fabrizio Sinisi, che ha trattato la materia mitica e tragica con rispetto e intelligenza, è catapultato all’interno di una scenografia fatta di faretti e luci orientati sul pubblico anzichè sul palco, mentre gli attori leggono la “storia di Edipo” dietro a lastre di plexiglass disposte in modo ordinato (prima in fila, poi divise sui lati). I microfoni giocano con le voci e tra il canto disperato del coro (interpretato ottimamente da Francesca Cutolo e Francesca Della Monica) e sofferenti melodie nonchè salmi in lingua greca, la tragedia sofoclea prorompe in tutta la sua spietatezza.
È Tiresia che consegna l’eredità narrativa di Apollo, deus absconditus, Apollo l’obliquo, Apollo l’arrogante, Apollo il giustiziere, Apollo signore della Parola, Apollo signore delle Muse e del Teatro. E’ il veggente cieco che dirà la verità al povero Edipo, ostinato nel voler sapere la verità su sè stesso. Del resto quale uomo non vuole conoscere la verità, soprattutto quella su di sè. Ma la verità in certi casi fa molto male e sarebbe senz’altro meglio non conoscerla. Marco Foschi raccoglie nella sua interpretazione di Edipo la sofferenza necessaria a fare dell’attore la cassa di risonanza di un atavico dolore. Non si può resistere alla conoscenza del male se si è un uomo giusto, ed Edipo è in fondo un uomo giusto. Ecco che l’unica soluzione è non vedere più cosa si è commesso, come se questo bastasse a dimenticare…ma togliersi il dono della vista è già una grande espiazione. “Come faccio a reggere lo suardo dei miei figli? “ si chiede Edipo, per questo sceglie il buio che lo accompagnerà peregrino nel mondo senza più una terra che lo accolga per quei mali combinati a causa di un fato ingrato.
De Rosa lascia a Roberto Latini la libertà di esprimere con la voce ed il corpo l’accecamento di Edipo, attraverso movimenti inconsulti e danze tribali sciolte nella consueta e disarmante liquidità del registro vocale. Mentre a terra giace già Giocasta interpretata da Frédérique Loliée (attrice prediletta da De Rosa nota al pubblico italiano per le sue interpretazioni dell’Elettra di Hofmannsthal e Maria Stuart di Schiller), vittima anche lei di questa tragedia rinnovata.
Sofocle presentò la vicenda di Edipo re agli Ateniesi intorno all’anno 430 a.c. un tempo talmente distante da noi che sembrerebbe perdersi in distaccata astrazione teorica. Ma non è così. A quel tempo gli ateniesi erano ancora in guerra, impegnati a difendere il più grande dei loro beni, la democrazia, dagli assalti di Sparta, un terribile conflitto il cui racconto ci è stato tramandato da Tucidide. Fu una guerra lunga e sanguinosa a cui si aggiunse una insidiosa e mortale pestilenza che provocò tanti morti da non poter essere tutti sepolti o bruciati con gli onori funebri. Questo ci riporta inevitabilmente ai tempi nostri perchè sofferenza e morte sono sempre le stesse ed hanno tutte la stessa faccia.
Sono queste le assonanze in cui De Rosa crea un suo particolare itinerario all’interno della tragedia sofoclea cercando di rintracciarne il senso più intimo e vero. Non solo la storia di un figlio che porta su di sé il peso della terribile profezia, il parricidio, l’incesto, la tragica attualità risiede invece nel fatto che Edipo, il re, si scopre improvvisamente colpevole, protagonista maledetto e causa di una pestilenza che ammorba la sua stessa città. Edipo re, prima di essere tragedia della sessualità, come intuito da Freud, è confronto con la realtà, con la visione della verità, e vedere la verità può accecare, può essere insopportabile, può, alla fine, rendere, per una sorta di contrappasso, ciechi del tutto.
Lo spettacolo è in scena a Genova al Teatro Ivo Chiesa fino a domenica 26 gennaio. Dopo Genova lo spettacolo sarà a: Pinerolo (28-29 gennaio, Teatro Sociale), Bologna (30 gennaio – 2 febbraio, Arena del Sole), Napoli (5-16 febbraio, Teatro Mercadante), Bari (19-23 febbraio, Teatro Piccinni), Lugano (25-26 febbraio, LAC Lugano Arte e Cultura), Carrara (1-2 marzo, Teatro degli Animosi), Roma (4-9 marzo, Teatro Vascello), Como (11-12 marzo, Teatro Sociale)