RUMOR(S)CENA – SOS CINEMA Esegesi del film ELVIS di Baz Luhrmann – Faust e Mefistofele entrano nel labirinto di specchi di un Luna Park,come Orson Welles e Rita Hayworth ne La Signora di Shanghai. Hanno le sembianze di Elvis Presley e del Colonnello Parker,il suo manager infernale. Baz Luhrmann costruisce sulla materia scivolosa e precisa dei sogni il più sontuoso,barocco, visionario,elettrizzante marchingegno Cinematografico sul mito Presley,come una sorta di inferno dantesco/felliniano dove fondere lo show business e aldilà, come in All That Jazz indimenticabile capolavoro autobiografico del geniale Bob Fosse. ELVIS non è infatti un biopic su un icona musicale,quanto un viaggio a gironi negli abissi demoniaci,dove finiscono l’arte e gli artisti costruiti, manipolati,sfruttati nel loro talento immenso qual voce di Dio, da Demoni interessati al denaro che possono trarne a palate. Il travolgente ritratto di Luhrmann qui trova ritrova e duplica la visionarietà magnifica di Moulin Rouge, innestata a una nuova maturità amarissima, in grado di far del ‘suo’ Elvis un incrocio di metafore.Il puritanesimo Usa, l’esplosione pubblica delle pulsioni sessuali, la condanna moralistica e l’inchinarsi al dio dollaro,di quegli Unites States uniti solo di nome. Frantumati di fatto in un universo nevrotico di soprusi e schiavitù ,pronto ad esplodere in un Sogno Americano di schegge impazzite e caduche.
Il Colonnello Parker di un monumentale Tom Hanks attraversa tutto il film/incubo come un vampiro travestito da papà buono.Il padre distorto di cui hanno avuto sempre bisogno gli Usa eterni bambini non cresciuti,anche attraverso molti dei loro Presidenti. L’Elvis di Austin Butler toglie il fiato per purezza sfontatezza e bellezza.Il suo Elvis è bianco,sexy oltremisura quando Luhrmann ne inquadra magistralmente il viso il corpo il bacino e il pene sotto i pantaloni. Alla ricerca delle sue esaltanti e viscerali origini black,acquisite nell’infanzia nei ghetti neri,dove ballava e cantava come un’invasato il gospel, il soul,il blues.Svenendo in un’estasi mistica e incontaminata, che il culto del Dollaro Usa(uno dei deliri mefistofelici del Colonnello Parker si svolge in un Casinò di Las Vegas fra slot machine impazzite) piegherà ai suoi miserabili voleri. Facendone una macchina per far soldi,ma anche un simbolo immortale di libertà e trasgressione, della ragione e dei sensi. 160 minuti elettrizzanti e spettacolari,se ne vorrebbero ancora di più.