RUMOR(S)CENA – ROVIGO – L’essenza stessa, io credo, anche di questa esperienza, poiché nel caso del Teatro del Lemming di esperienze si tratta cui il teatro offre luogo e grammatica necessari ad essere vissute e trasmesse, è la possibilità di mettere in contatto, quasi sovrapponendole, l’intimità più singolare del nostro esserci contingente dentro il tempo della storia, con la memoria archetipica che ne costituisce, junghianamente, l’universale alimento, la condivisa risonanza che, nella sua manifestazione drammaturgica, rende possibile essere noi stessi e insieme parte degli altri, ovvero del Tutto.
Il nostro respiro, la nostra anima come soffio occasionale, dentro il respiro del mondo, riconoscibile, unico, irriducibile ma anche perennemente risonante come una melodia conosciuta e amata. Metamorfosi, nel labirinto della memoria, il loro ultimo spettacolo, fors’anche nella e per la coincidenza del trentacinquesimo anniversario della Compagnia, costituisce infatti una sorta di summa del loro modo di intendere il teatro, che nel rapporto, definito da Massimo Munaro “diretto, prossemico e sensoriale”, con lo spettatore trova sintesi ed esplicitazione.
È un abbraccio dunque ed è anche un augurio che riguarda entrambi, la Compagnia del Lemming ed il suo spettatore, quest’ultimo colto nella occasionalità e contingenza del suo esistere qui ed ora, irripetibile ma anche universale ed essenziale se appunto intercettato nella rete invisibile e concreta del mito e del rito, dell’archetipo che nello sguardo dello spettatore si riconosce e contemporaneamente ne è riconosciuto.
È una esperienza che è dunque inutile tentare di descrivere in sé, in quanto non può che essere da ciascuno custodita, ma se questo è inutile possiamo però descrivere il viaggio, che è il secondo essenziale componente dell’immaginario del Lemming, che anche in questo spettacolo per cinque spettatori (per capirci anche se la definizione è ampiamente insufficiente) conduce lo spettatore sulla soglia di quella stessa esperienza.
Un percorso che comincia con la purificazione/vestizione in bianco e prosegue con il comune appropriarsi ritualmente del mito come topos concretamente presente e ineludibile nella storia di ciascuno di noi e nella Storia del Mondo (il cerchio, il sacrificio, la maschera e la memoria come parole di una creazione istantanea, cioè immediata ed insieme in perenne fuga).
Poi è un affrontare solitari il labirinto che il luogo del rito ha fatto intravvedere, per percorrere le sette stanze che lo compongono, in ciascuna delle quali un attore si fa carico di rendere il mondo metafora del nostro presente, mostrandoci ciò che, non visto, rende vedenti il nostro sguardo ed il nostro cuore, attraverso il quale elaborare e far emergere, nel contatto appunto con il simbolo archetipico nella concezione di Jung, qualcosa che deve essere mostrato ed elaborato per poi essere seppellito.
Alla fine è il tempo del riposo che è ritorno al mondo intelleggibile, anzi ora finalmente, propriamente e intensamente percepibile. In un mondo che sotto la finzione della inarrestabile comunicazione tra ogni parte del mondo e tra ogni singolo individuo cela la crescita delle distanze tra noi e gli altri, ma soprattutto tra noi e noi stessi, distanze che stanno diventando insormontabili e non più navigabili, il luogo del Labirinto della memoria rimane ancora un luogo di conoscenza essenziale e, sono convinta, ancora più irrinunciabile.
È un drammaturgia complessa, più che un collage di testi è, nella linea del miglior Lemming, una specie di mosaico in cui ogni contributo, ogni tessera si trasfigura per approdare a nuovi significati, a nuove suggestioni metaforiche che la bellissima musica di Munaro, coadiuvando l’intensa performance dei singoli protagonisti, cattura per poterla traghettare oltre l’immutabile contingenza di un momento che, come cerchio eterno, ritorna niccianamente a sé stesso, nella suggestione di una eternità occasionale.
METAMORFOSI. Nel labirinto della memoria. Con Alessio Papa, Diana Ferrantini, Fiorella Tommasini, Katia Raguso, Marina Carluccio, Silvia Massicci, Massimo Munaro.
Frammenti poetici da Publio Ovidio Nasone, Bino Rebellato, Nina Nasilli, Massimo Munaro, Rainer Maria Rilke, Dante Alighieri, Alda Merini, Marco Munaro.
Musica, drammaturgia e regia Massimo Munaro.
In prima nazionale dal 15 al 25 settembre al Teatro Studio di Rovigo. Una produzione del Teatro del Lemming.
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