RUMOR(S)CENA – MILANO – Il tema non è nuovo. Si parla di finzione, nella vita come nel mondo del teatro e del cinema, di confusione tra la realtà e fantasia, tra vita e sogno. Del resto, Pirandello e prima ancora Shakespeare, ci insegnano che recitiamo spesso dei ruoli nei quali, molto spesso, non ci identifichiamo. Accade di fare il medico, l’avvocato, l’idraulico. Oppure l’attore. Mestieri che ci capitano, per destino o per ereditarietà, o perché siamo in conflitto con la figura paterna e materna e desideriamo emularla. Come accade ad Anna, figlia di un regista incompreso di cinema Eugenio Velasco, una delle protagoniste della commedia “Ciarlatani” del drammaturgo madrileno Pablo Remón, che sta avendo un incredibile successo al Teatro Franco Parenti di Milano, registrando da giorni e giorni il tutto esaurito. Il successo è dovuto non solo grazie alla inossidabile bravura di Silvio Orlando (nei panni del regista incompreso ma anche in molti altri) e dei suoi istrionici compagni di scena che alternano con camaleontica disinvoltura più ruoli, ma soprattutto ad alcune novità che caratterizzano la pièce teatrale.
Il ritmo incalzante di un testo che, pur non trattando di un tema nuovo, ovvero il gioco del teatro nel teatro, usa un linguaggio attuale che ci fa identificare con emozioni, riflessioni esistenziali, che viviamo e affrontiamo quotidianamente in una società contemporanea in cui il tema dominante è quello della competitività e della ricerca del successo individuale.
A questo si aggiunge anche il gioco delle scatole cinesi, del metateatro, ovvero della tecnica teatrale, detta anche “teatro nel teatro” per cui, durante una rappresentazione teatrale i personaggi mettono in scena una seconda rappresentazione all’interno della prima, mettendone in rielevo la sua natura illusoria. A questo poi si aggiunge anche una presenza dell’autore e regista stesso della commedia, che compare ad un certo punto in scena nell’interpretazione di Francesco Brando, un po’ come faceva Alfred Hitchcock nei suoi film.
Ma andiamo con ordine. La trama è una non trama, che gioca sulle sovrapposizioni, ovvero sulla messa in scena di diverse situazioni che riconducono a una storia principale, cioè quella di Anna, la giovane attrice Blu Yoshimi che convince per la naturalezza della sua recitazione moderna di sapore a tratti cinematografico, che intraprende una fallimentare carriera di attrice. Passa dall’interpretazione della strega nel mago di Oz alle feste per bambini, alle fiction televisive di basso livello per potersi pagare l’affitto. Sogna di vincere il David di Donatello per la migliore interpretazione al cinema, ma è solo un sogno.
Vivendo queste diverse situazioni tra realtà e fantasia, compare sempre la figura del padre. Ovvero il regista Eugenio Velasco, che è però si sovrappone anche a quella di Diego Fontana ovvero l’altro regista autore di film scadenti che, dopo aver avuto un incidente che gli ha fatto un po’ perdere la testa, decide di rimettere mano ad una vecchia sceneggiatura di Velasco. Sarà questo personaggio a dare la possibilità a Silvio Orlando di offrire al pubblico il meglio di sé stesso uscendo ed entrando in ruoli diversi, ovvero il padre che però è anche l’altro regista, che però è anche il bambino di sei anni che assiste alla messinscena del Mago di Oz il quale, come un navigato critico teatrale, darà consigli alla giovane su come interpretare il personaggio. Oppure diventa un barista che assume il ruolo di psicoanalista al quale la ragazza confessa tutte le sue incertezze e paure.
Visto al Teatro Franco Parenti il 20 ottobre 2024