RUMOR(S)CENA – GENOVA – “… Un luogo rinnovato significa anche, e soprattutto, uno spazio che possa farsi luogo di nuove sfide. Si tratta di condividere con chi partecipa ad un evento il vissuto di quel luogo si fa portatore, significa affrontare insieme la complessità delle questioni che vogliamo porre e riproporre con gli artisti e gli studiosi invitati al festival”. Il Teatro Akropolis ci ha abituati alle sfide che si sono sempre rivelate vincenti, merito della cura nel creare un programma capace di non deludere le aspettative. Nel presentare le scelte artistiche è buona prassi scrivere nelle note di presentazione di un festival, il pensiero, la poetica, la visione, ideata e ragionata affinché lo spettatore e il critico possa ritrovarsi, condividere o anche dissentire nell’esercizio di una libertà intellettuale che non può mai venire meno. “Testimonianze Ricerca Azioni” è un’occasione privilegiata dove il confronto tra l’artista e lo sguardo di chi assiste è una costante di questa realtà artistica e culturale che cresce e matura ad ogni edizione.
“Un luogo concepito per accogliere e promuovere la ricerca nell’ambito delle arti performative”, un luogo dove è possibile sperimentare nuovi linguaggi supportati da una ricerca costante che coinvolge studiosi di fama internazionale, accademici e ricercatori delle varie discipline. Assemblare proposte diversificate in un contesto come lo è un festival, richiede una visione culturale ad ampio raggio, scevra da interessi speculativi per ottenere un facile gradimento da parte di un pubblico generalista. Non un caso allora che la produzione teatrale dell’Akropolis sia improntata fin dalla nascita di questa realtà, al linguaggio del mito, il coro tragico, il potenziale espressivo del corpo: temi che hanno ispirato fin dalla nascita della Compagnia, Clemente Tafuri e David Beronio, direttori artistici, nell’intento di promuovere una ricerca e lo studio sul rapporto tra le origini preletterarie del teatro e le arti performative.
Dopo aver messo in scena la “Trilogia su Friedrich Nietzsche, Morte di Zarathustra, Pragma. Studio sul mito di Demetra”, nell’edizione 2022 i due registi hanno realizzato Apocatastasi di cui abbiamo già riferito nella precedente pubblicazione. Assistere agli spettacoli in programma (ma anche consultando il programma) è possibile individuare un percorso ragionato che si intreccia e permette una visione ad ampio raggio. Non scelte causali basate su individuali proposte non legate tra di loro, quanto, invece, un minuzioso lavoro di ricerca là dove sia possibile trovare delle connessioni: danza Butō, teatro di figura, cinema documentaristico, conferenze e convegni, teatro.
L’intreccio tra lo spettacolo teatrale e il cinema come strumento pedagogico, divulgativo per far conoscere la professionalità di chi concorre a realizzare un allestimento scenico, è una caratteristica ben presente nella direzione artistica del Teatro Akropolis. Per il ciclo di film documentari “La parte maledetta, viaggio ai confini del teatro”, il festival ha proposto la visione del documentario dedicato all’arte di Gianni Staropoli, un innovativo light designer tra i più affermati nel panorama teatrale italiano che collabora con alcuni tra i più importanti registi, coreografi, performer e autori della scena nazionale e internazionale. Un raffinato documentario per la regia di Clemente Tafuri e David Beronio, girato in bianco e nero in cui si esalta la maestria dell’artista che ha saputo esaltare con il suo lavoro, la luce, la protagonista del film, trasformata da Gianni Staropoli in materia vivida, plasmabile, avvolgente nei suoi chiari e scuri.
Non è semplice illuminotecnica ma assurge a forma d’arte inserita nel contesto dell’opera teatrale che si avvale del suo talento. Gianni Staropoli fa parte de “La parte maledetta viaggio ai confini del teatro, un ciclo di film-documentari – restituiti al pubblico in forma di conferenza spettacolo – dedicati a protagonisti dell’arte e della cultura che nel loro lavoro hanno messo in crisi il sistema delle distinzioni specialistiche delle varie discipline: le arti per la scena, la filosofia, l’idea stessa di performatività si rivelano così per quello che sono, una serie di rappresentazioni che interrogano senza compromessi il presente”. Ed è proprio quello che il Teatro Akropolis con il suo “Testimonianze ricerca azioni” persegue come obiettivo nell’intento di offrire una visione non settoriale delle diverse arti che concorrono alla creazione per la scena. Ogni edizione ospita artisti e studiosi che supportano il programma composto da spettacoli, laboratori, seminari, convegni e pubblicazioni curate da AkropolisLibri, il progetto editoriale di Teatro Akropolis, che «pubblica all’interno di specifiche collane volumi dedicati agli artisti e agli studiosi ospitati al festival, libri legati a convegni e seminari e pubblicazioni sulla ricerca teatrale e filosofica; residenze artistiche, con le quali vengono accolti e sostenuti i processi produttivi di artisti e gruppi nazionali e internazionali; attività di formazione, che ogni anno coinvolgono centinaia di persone, dai bambini fino ai professionisti del teatro e della danza».
E la danza è stata una delle protagoniste eccellenti del festival edizione 2022 con le performance di Alessandra Cristiani, protagonista del solo di danza butō “Matrice – Da Ana Mendieta” visto nella sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, prima tappa della trilogia La questione del linguaggio corporeo e l’arte di A. Mendieta, C. Cahun, S. Moon. Espressione di un ideale in cui incarnare una visione ancestrale e primordiale in cui il corpo si presta ad un’azione che riporti alle origini della vita. Si presta ad un rituale come gesto offerto, cerimonia laica e salvifica, come se la sua essenza corporea possa arrivare ad un’entità superiore. Una trasformazione lenta e progressiva incasellata in un rito pagano in cui il suo corpo nudo si riveste di una sostanza rossa che rappresenta il sangue e si copre di argilla.
Simbologie precise in cui tutto sembra affermare che polvere siamo e polvere ritorneremo. La danza Butō richiede un’attenzione particolare in cui lo sguardo dello spettatore viene catturato, quasi ammaliato da chi incarna questa raffinata arte coreutica e performativa. Come è accaduto anche con “Corpo d’acqua” di Stefano Taiuti e “Consumed by the Invisible” di Moeno Wakamatsu con Lê Quan Ninh visti nella Sala del Minor Consiglio di Palazzo Ducale. Rappresentazioni in cui i performer si sono cimentati in assoli in cui il corpo viene plasmato plasticamente come se un abile scultore fosse intento a cesellare del marmo inerte fino a trasformarlo in materia vivente. Stefano Taiuti appare dal buio nella sua nudità vibrante dalla minuziosa gestualità corporea tale da creare un’atmosfera rarefatta. La sua presenza si fa portavoce di un messaggio in cui il pubblico è chiamato a decifrare attraverso il linguaggio del corpo in relazione allo spazio e alle persone che lo abitano.
La sua presenza viene amplificata dai riflessi dell’acqua che ricopre uno specchio adagiato a terra e i riflessi che si creano attraverso un raffinato gioco di luci emanano una visione metafisica che cattura gli spettatori suscitando emozioni alla visione di una rappresentazione di rara bellezza. Stefano Taiuti scrive nel suo saggio “IL meccanismo spirituale. Una ipotesi di corpo nello stato di danza” (in Teatro Akropolis. Testimonianze ricerca azioni. Volume tredicesimo): «… Il mio lavoro performativo è innanzitutto sensoriale e intuitivo e parte proprio dalla rimozione della parola. Il mio processo creativo procede per evocazioni e associazioni di idee basate su esperienze personali, e si manifesta in azione muta proprio per dare a questa narrazione interiore un senso universale». Per spiegare come ha inteso creare “Corpo d’acqua” cita anche da dove ha preso ispirazione: «Il video di Bill Viola Ocean without a shore e una immagine di danza di Masaki (maestro del butō Masaki Iwana scomparso nel 2020) dal quale ha tratto gli insegnamenti, e come accade spesso, provando sentimenti contrastanti: «Ho seguito il suo insegnamento lungo un periodo di circa ventisei anni, lo ho amato e odiato, lo ho certo messo in discussione, confrontato con altri approcci, con altri butō, e ve ne sono tanti quanti sono i danzatori, ne ho cercato la verità profonda, e in questo lavoro lo ho voluto mettere alla prova. Un omaggio e una sfida. Vinta da lui, assolutamente».
E spiega bene il senso della danza che pratica e come va intesa: «Dall’immobilità nasce il movimento, la danza si genera creando le condizioni e l’attesa». Un’attesa che si è verificata anche con il solo di Moeno Wakamatsu dove apparentemente sembra non accadere nulla, una sorta di presenza statica in cui il movimento impercettibile richiede la massima concentrazione, a partire dalla danzatrice che si rivolge al pubblico e di conseguenza anche gli spettatori vengono coinvolti e partecipi nell’attendere. In realtà tutto accade ma è nei minimi gesti, nelle sfumature espressive – corporee che si può rivelare tutta la potenza del gesto e la misura della performance di altissimo livello artistico.
Il Festival del Teatro Akropolis ha la caratteristica di proporre un programma artistico diversificato per includere e soddisfare un pubblico esigente e attratto da generi diversi. Dal teatro al cinema alla danza allo spettacolo dedicato a bambini e adolescenti. Teatro che si occupa di tematiche sociali e civili, di narrazione e di denuncia. Come “Runa” di Amer Kabbani. Uno spettacolo che sta al confine fra teatro e circo che ci interroga sui limiti e sull’assurdità delle frontiere e dei conflitti umani. Parla di guerra in Siria, di morte e di sofferenza. Kabbani consegna all’inizio delle pièce ad ogni spettatore una pietra che chiederà poi di lanciare sulla scena. Gesto metaforico e simbolico che richiama le proteste dei popoli assoggettati dalle dittature e privati della loro libertà. Il registro scelto dal performer è ironico e giocoso a tratti, ma capace di sensibilizzare e denunciare una delle tante tragedie che ogni giorno accadono. Non ultimo quello che sta accadendo in Iran.
Il Teatro del Sottosuolo ha presentato “Padia” con Aldo Sanna e Lorenzo Gessa che divertono un pubblico di bambini con una creazione di circo contemporaneo. Giocolieri e acrobati, ironici e dotati di una maestria che solo dei professionisti sono dotati. La leggerezza che li caratteristica diverte tutti, anche i genitori che accompagnano i piccoli spettatori, futuri adulti a cui il teatro sa insegnare a vivere.
Visti al Festival Testimonianze Ricerca Azioni XII Teatro Akropolis di Genova dal 3 al 5 novembre 2022