Recensioni — 24/06/2024 at 10:01

Tre atti unici di un Čechov mordace e meno frequentato

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RUMOR(S)CENA – TEATRO MENOTTI – MILANO – Un Dopo le prime prove drammaturgiche giovanili, il monumentale testo (indicato solitamente col nome del protagonista, Platonov, poiché la prima pagina del manoscritto è andata perduta) e l’intenso atto unico Sulla strada maestra, Anton Pavlovič si era finalmente misurato  con produzioni teatrali di un certo impegno, articolate nella dimensione di più atti: Ivanov e Lo spirito dei boschi, che non ebbero successo. Ma, prima di cimentarsi con i testi che gli avrebbero dato fama anche internazionale, nel 1889 Čechov si era concesso un momento di pausa, lasciando riemergere quello spirito mordace e satirico che aveva caratterizzato le sue prime produzioni narrative.

Maddalena Crippa, crediti foto Tommaso Le Pera

La proposta in un’unica serata dei tre atti unici che compongono Crisi di nervi, per la regia di Peter Stein, ha un illustre precedente: questi stessi costituiscono, infatti, una delle ultime messinscene di Mejerchol’d col titolo, non meno azzeccato di 33 svenimenti. Se pensiamo a certe atmosfere sospese del grande teatro di Čechov, delle quali forse è più responsabile una degenerazione della tradizione di Stanislavskij, che non la sobrietà del testo di Anton Pavlovič, qui siamo in un mondo totalmente diverso. L’occhio clinico del dottor Čechov, penetrante ancorché simpatetico, si posa sulle miserie di un campionario di genterella.

Sergio Basile Maddalena Crippa crediti foto Tommaso Le Pera

Il primo dei tre atti unici, che l’autore definisce “scherzo scenico”, porta una contraddizione fin nel nome del protagonista eponimo, l’orso, il cui cognome è Smirnov, dal russo “смирный (smirnyj)”, сhe in russo significa “mansueto” (un gioco semantico non infrequente nei nomi che Čechov attribuisce ai suoi personaggi). Splendida la combattiva Jelena (Maddalena Crippa), arroccata nel suo lutto inveterato e apparentemente irriducibile, che si scioglierà dopo pochi assalti del suo scontroso antagonista .

Sergio Basile, Alessandro Sampaoli, crediti foto_ Tommaso Le Pera

Nel monologo Il fumo fa male, Ivan Ivanovič Njuchin è un esempio tipico di quella “gente inutile” (con la cui espressione Anton Pavlovič intitola un suo racconto giovanile): un frustrato, tiranneggiato da una moglie arcigna che gli impone, nella fattispecie, di tenere una conferenza sui danni del tabacco (argomento sul quale il tapino non ha alcuna competenza scientifica),che si risolve invece – in assenza della moglie, che compare solo a prolusione conclusa – in  una lunga, patetica lamentazione sulla sua situazione che, grazie alla coinvolta interpretazione di Gianluigi Fogacci, sortisce momenti di notevole comicità.

Anche l’atto unico Una domanda di matrimonio è definito dall’autore “schizzo drammatico”, e sembra esaltare le nevrosi – o forse le psicosi – di tre personaggi che sembrano condannati a una perenne incapacità di comunicare e di vivere. La vicenda, cui danno con maestria voce e corpo Alessandro Averone, Emilia Scatigno e Sergio Basile, si concluderà con un liberatorio: “Che iddio vi benedica e il diavolo vi porti”, col quale il padre della richiesta sposa scioglie (ma non si sa per quanto tempo) lo stallo dal quale i due giovani, abbarbicati alle loro meschine rivendicazioni, stentano a uscire.

Gianluigi Fogacci crediti foto Tommaso Le Pera

Un’operazione, questo recupero di un Čechov meno frequentato, ma non certo minore, che amplia e integra, anche per un pubblico di non specialisti, la dimensione e il profilo artistico di un grande drammaturgo, troppo spesso confinato in un’immagine (nel bene e nel male dovuta a Stanislavskij, cui peraltro risale la visibilità di Anton Pavlovič fuori dai confini della Russia e dell’Europa), che non li esaurisce

           

Visti al teatro Menotti di Milano il 13 giugno 2024

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