RUMOR(S)CENA – ROSIGNANO MARITTIMO – Lui e l’altro da sé. Ma se invece fosse un altro sé? Che (vera) distanza c’è tra noi e gli altri? Quanta (reale) differenza? Gioca su questa ambivalenza, su questo filo spericolato da un’identità all’altra, sul cluster di sensi e sentimenti dato dall’incontro con il doppio, Doppelgänger, la nuova creazione (sarebbe meglio definirlo la nuova “sfida”) di Antonella Bertoni e Michele Abbondanza, in stretta complicità con Maurizio Lupinelli. A metterli insieme – artisti tanto diversi ma con una forte empatia sotterranea – la residenza ad Armunia, nel cui Festival ha poi debuttato lo spettacolo, cuore del cartellone di “Inequilibrio”.
In scena, i corpi antitetici dei loro interpreti di riferimento: da un lato, Filippo Porro, danzatore dai tratti donatelleschi, muscolatura incisa nel legno, asciuttezza rigorosa del gesto. Tutta la sapienza del movimento di danza assorbito da Antonella Bertoni e Michele Abbondanza. Dall’altra Francesco Mastrocinque, creatura morfica e straordinaria, emersa dal Laboratorio Permanente di Nerval Teatro, dove Lupinelli alleva con devota sensibilità corsi attoriali per disabili. Non si potrebbero immaginare due training più diversi, due approcci alla conoscenza più distanti. Eppure. Porro e Mastrocinque escono dal buio e si misurano in un passo a due avvincente, fatto di confronti che spiazzano, di vicinanze perturbanti, della progressiva mescolanza di umori che li stringe in un abbraccio fatale.
Il dubbio all’inizio che possa trattarsi di un parallelismo vischioso – quasi il sospetto di un’inclusione a programma, che in certi spettacoli contemporanei accosta elementi eterogenei senza entrare nel vivo della materia – svanisce subito, di fronte a un’esplorazione disinibita di corpi e movimenti. Qui c’è carne parlante, l’ibrido teatrale che scompagina l’immaginario, un po’ come Titane – il film vincitore di Cannes 2021, dove una donna resta incinta di una Cadillac – ha travolto pubblico e giuria. E’ la natura e il corpo di Mastrocinque, infatti, a dettare il percorso e non il contrario. Puer e daimon insieme, Francesco insinua la sua innocenza primaria nella sapienza motoria dell’altro e la scardina. E’ un dialogo infero, l’incontro con il rimosso. Il capovolgersi di una catalogazione del mondo per gradi di perfezione e di grazia senza peccato.
Nel suo percorso obliquo, nella capacità di trasformare in puro corpo politico la presenza di Francesco Mastrocinque, Doppelgänger supera a sinistra persino le messinscene di Pippo Delbono con Bobò. Laddove la presenza del sordomuto e analfabeta – liberato da trent’anni di degenza nel manicomio di Aversa, dov’era bollato come “microcefalo” – rappresentava il granello di sabbia nel meccanismo della tradizione, l’incognita nell’impaginazione teatrale, la natura di Mastrocinque è lo strumento per avvicinarsi alle origini, il modo per attingere all’intuizione di relazioni primarie, lo sbarazzarsi dell’alterità come separazione.
Spettacolo ad alta definizione così potente da trascinare via le spoglie di ciò che è diventato inerte (è la simbolica chiusura della performance), è anche così perturbante da lasciare spaesato chi assiste. Nel nostro comune destino di “doppi viandanti”, l’invito è a lasciare ogni certezza per trovare nuove modalità di relazione: Doppelgänger non è qualcosa di “bello” da vedere, ma qualcosa che cambierà il vostro sguardo.
Visto al Teatro Nardini di Rosignano Marittimo il 13 luglio 2021