FIRENZE – Rimini, 1936. In pieno regime fascista con tanto di fotografia del Duce appesa alla parete viene celebrato un classico fidanzamento in casa tra Clarice, figlia di Bartolo detto “la faina” e Spiridione, figlio del Pelagatti, uomo colto e infarcito di latinorum. A turbare un pacifico quadretto familiare interviene Pippo, servitore sgangherato e un po’ burlone, che annuncia il ritorno di Rocco Malerba, fidanzato di Clarice creduto morto per causa di omicidio. Rocco in realtà non è Rocco, ma Rachele, la sorella travestita in stile Rodolfo Valentino, che sotto mentite spoglie va alla ricerca di informazioni su Ludovico, fidanzato ed assassino del fratello. Per una serie di coincidenze sfortunate Pippo, angosciato prima dalla fame e poi dall’amore per la serva Zaira, diventa servitore di Rocco e di Lodovico, creando una serie di equivoci che si risolvono nel finale catartico, in cui tutte le identità vengono smascherate e i personaggi possono, tutti, dedicarsi all’amore.
Servo per due è la versione italiana di One Man, Two Guvnors, opera teatrale del drammaturgo inglese Richard Bean, tratta da Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni e debuttata al National Theatre di Londra nel 2011. L’adattamento a cura di Pierfrancesco Favino (anche attore e regista), Paolo Sassanelli, Marit Nissen e Simonetta Solder, trasporta la storia nella Rimini degli anni ’30 per liberarla dallo humor inglese e darle una patina di moderna italianità. Abolite le maschere della commedia dell’arte, che però ricompaiono nella caratterizzazione psicologica dei vari personaggi, la commedia infatti è comica senza soluzione di continuità con sketch e personaggi esilaranti, dal fidanzato attore promettente al capocameriere gay. Favino quindi è ancora più rivoluzionario rispetto a Goldoni, perché il suo Pippo – Arlecchino è attore e narratore allo stesso tempo, costruisce e smonta lo spettacolo mostrandone, in diretto contatto con il pubblico, le fasi di evoluzione: “Voi mangiatori di sushi e di sashimi, vi starete sicuramente chiedendo, ma se l’Arlecchino gl’ha di già desinato, quale sarà il suo obiettivo narrativo nel secondo atto?”.
Lo spettacolo alterna il teatro ai siparietti musicali dell’orchestra Musica da ripostiglio, che suona sulle note di classici come Mille lire al mese, Pippo non lo sa e Baciami piccina, rievocando le atmosfere delicate del varietà anni ’30. Non solo, ma Favino va oltre i limiti anche fisici del teatro e del palcoscenico, creando sulla scia di Pirandello un dialogo continuo con il pubblico (“Lei come si chiama?”, “Carmine”. “Nome toscano puro”) e inscenando incidenti di percorso con spettatori, che alla fine si rivelano essere parte integrante della compagnia teatrale. Teatro nel teatro e oltre il teatro, che avvicina il pubblico al palcoscenico e lo fa sentire parte vibrante del processo creativo dello spettacolo. Dopo quindi che tutta l’impalcatura della storia è stata svelata e che anche Pippo ha rivelato la sua vera identità, ovvero essere stato un servo per due diversi padroni, anche l’ultima verità viene a galla. Nel lieto fine Pippo ha la possibilità di dichiarare che non c’è meraviglia più grande della finzione e che in questa storia non c’è nessuno che non sia stato ingannato da qualcun altro. Ma solo per amore.
Visto al Teatro della Pergola di Firenze il 7/11/2014
Pierfrancesco Favino
Servo per due
One Man, Two Guvnors
di Richard Bean
tratto da Il servitore di due padroni di Carlo Goldoni
tradotto e adattato da P. Favino, P. Sassanelli, M. Nissen, S. Solder
con gli attori del gruppo Danny Rose
Bruno Armando, Gianluca Bazzoli, Pierluigi Cicchetti, Ugo Dighero, Pierfrancesco Favino, Anna Ferzetti, Giampiero Judica, Marit Nissen, Marina Remi, Diego Ribon, Fabrizia Sacchi, Luciano Scarpa, Thomas Trabacchi
elaborazioni musicali ed esecuzioni live del gruppo Musica da ripostiglio
Luca Pirozzi, chitarra, voce e banjo, Luca Giacomelli chitarra e voce, Raffaele Toninelli contrabbasso e voce, Emanuele Pellegrini percussioni e voce
scene Luigi Ferrigno
costumi Alessandro Lai
luci Cesare Accetta
coreografie Gabriele Foschi
regia Pierfrancesco Favino e Paolo Sassanelli
(crediti fotografici di Fabio Lovino)