RUMOR(S)CENA – FERRARA – «Questo Teatro è già un luogo di passione perché è chiuso – esordisce Michele Placido, regista e interprete di”PassioChristi” film tratto da Mario Luzi che scrisse “La Passione di Cristo” in occasione della via Crucis al Colosseo per la Settimana Santa del 1999 su commissione del papa Giovanni Paolo II, ora rivisitato in una versione inedita – , e i significati di quello che abbiamo creato sono tutti nel testo di Luzi. Noi gli abbiamo trovati già presenti nella sua opera teatrale». Esordisce così nella conferenza stampa di presentazione che si è tenuta oggi sul palcoscenico del Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara, intitolato alla memoria del direttore d’orchestra che in questa città dirigeva opere liriche e concerti sinfonici indimenticabili.
Un evento presentato alla stampa per raccontare quanto è stato girato sul palcoscenico, nei palchi e nel ridotto, sia in esterno tra le vie di Ferrara, nel cimitero ebraico, e in una chiesa. «È un piccolo film, quasi come una documentazione del lavoro teatrale, dotato di uno straordinario respiro e di scansione da trasformarsi in ricchezza visiva di un vero e proprio film», – spiega Toni Trupia che firma la creazione video insieme a Placido. Il girato, ora in fase di montaggio, (le riprese sono state effettuate da Civetta Movie e la proiezione gratuita va in onda il 2 aprile alle ore 21, sul canale youtube della Fondazione Teatro Comunale che lo ha prodotto. Un progetto teatrale – cinematografico frutto di una commistione di linguaggi che si avvale del cast con Michele Placido, Moni Ovadia, Daniela Scarlatti, Sara Alzetta e Vito Lopriore nel ruolo di Cristo.
“PassioChristi” si avvale di testi Mario Luzi, Dario Fo, Salmi della Bibbia, lo Stabat Mater nell’adattamento e traduzione in trentino di Daniela Scarlatti, attrice originaria di Merano (in provincia di Bolzano). Nel cast figurano anche il Coro dell’Accademia dello Spirito Santo diretto da Francesco Pinamonti e Antonio Aiello, Konzertmeister dell’ Orchestra Città di Ferrara. La presentazione in teatro con il distanziamento e tutte le norme di protezione sanitaria è stata introdotta da Marco Gulinelli assessore alla Cultura del Comune di Ferrara il quale ha aderito al progetto con convinzione: «Ferrara è la città che diventa come Gerusalemme e nelle sue strade avviene la “liberazione”. La “Passione” calata qui nella storia del nostro oggi è di straordinaria contemporaneità».
Anche per Michele Placido la Passione «è un momento buio per l’umanità che negli ultimi secoli si è verificato due o tre volte, come se fossimo stati sulla Croce (nel film si vedrà posizionata al centro del palcoscenico), ma ora al suo posto vedo la guerra generata da grandi potenze mondiali. Noi abbiamo, invece, il teatro e queste parole che cercano l’interlocutore e il celebrante che le deve officiare. La gente è mascherinata e al “guinzaglio” e non riusciamo a comunicare tra di noi per via delle mascherine sulla bocca». Le circostanze della pandemia e l’impossibilità di condividere col pubblico presente in sala, hanno fatto sì che si ripensasse la modalità di fruizione di un’opera di tale portata, inizialmente immaginata per essere rappresentata dal vivo, lungo le vie della città estense.
«Ferrara è la città del cinema italiano, basti pensare che nella nostra città è stato girato “Ossessione” di Luchino Visconti, “Gente del Po” di Michelangelo Antonioni (primo film del regista ferrarese girato nel 1943 ma proiettato per la prima volta nel 1947, ndr, ) “Al di là delle Nuvole” (1995, regia di Antonioni, ndr)» – ha ricordato Marcello Corvino coadiutore artistico della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara. Il 21 marzo scorso su Rai 5 è andata in onda una puntata del programma “Fuori Binario” intitolata “Il treno del Po” : “Un treno nel cuore del Rinascimento Italiano, dalla Lombardia all’Emilia Romagna, da Mantova a Ferrara, dalla casa dei Gonzaga a quella degli Estensi”, dove gli autori Federico Lodoli e Marco Melega hanno definito “Ferrara la città più sensuale d’Italia”.
A Michele Placido e Moni Ovadia (è il direttore artistico) questa città è piaciuta fin dal loro primo giorno d’insediamento e in conferenza stampa Ovadia ha voluto sottolineare come sia grave la condizione di isolamento e chiusura dei teatri e anche dei cinema: «È una logica perversa e il teatro ha subito il danno maggiore rispetto ad altre categorie professionali, con oltre il 90% di perdite. Grazie alla mediocrità senza limiti da parte delle classi dirigenti che danneggiano in primo luogo le maestranze che lavorano in teatro, considerate anime morte. Al contrario è un mestiere nobilissimo quello dei teatranti e lo posso confermare per il clima che c’è stato tra di noi, un’affettuosa allegria mentre giravamo. Voglio ringraziare per il piacere provato nel lavorare con questo staff del Teatro Comunale e sono loro grato (il direttore tecnico di palcoscenico è Andrea Carletti, ndr) e io – ha proseguito Moni Ovadia – Michele Placido un regista di cinema tra i più straordinari che abbiamo.
Possiede un talento fuori dal comune e ha delle idee capaci di utilizzare strumenti anomali e creativi. Partendo dall’assenza si costruisce in presenza come una sorta di coartazione dell’assenza. La squadra artistica e tecnica è stata fondamentale anche in prospettiva futura per il lavoro con i mezzi cinematografici. La “Passione” è un topos istitutivo della civiltà e deriva dalla grecità, dal monoteismo di Abramo e il cristianesimo ha radici nell’Islam. Un contributo all’Occidente che vede insieme arabi, la cultura greca e il cristianesimo. Nella messa in scena della Passione la pagina della Vergine Maria è presente nel Corano e Cristo per l’Islam è il profeta. Oggi assistiamo a croci che vengono innalzate per crocifiggere innocenti. Papa Wojtyla disse che i lager sono stati i Golgota del ventesimo secolo». Moni Ovadia ama il teatro e la sua professione di artista (durante le riprese la sua voce recitante risuonava tra i palchi del Teatro Comunale con un’energia vibrante) e non si rassegna alla condizione di chiusura prorogata (il 27 marzo è la Giornata mondiale del teatro) causata dalla pandemia ma, ancora una volta, è più esatto definirla sindemia.
«Il teatro è chiuso ma la sua caratteristica è quella di un luogo di vita, della verità, della pietas. I politici in epoca della post-verità come oggi viene definita, non la conoscono la sua reale condizione mentre il teatro è necessario per una società democratica. Meno teatro c’è e contestualmente viene meno la democrazia. Una visione miope per chi pensa che si possa fare a meno del teatro e questi sono scellerati e scervellati. Al contrario di quanto accade all’estero come in Spagna, Francia, Olanda, dove i teatri sono rimasti aperti. I lavoratori della cultura sono di primaria importanza e questo lo ha detto Angela Merkel».
Al termine della presentazione in un teatro che appariva in tutto il suo splendore architettonico artistico, Michele Placido ha voluto citare l’attore Vito Lopriore che riveste il ruolo di Cristo: «Non mi andava di mettere in scena Cristo ma di un “pazzo” che si crede Cristo, quasi fosse Caravaggesco, uno degli ultimi che si nasconde in un teatro polveroso e dimenticato, percorrendo il suo Golgota e con il desiderio di andare sulla Croce quando chiede al Padre Eterno di non farlo soffrire. Oggi il teatro chiuso è il Golgota». “Un segno di speranza per il difficile momento che stiamo attraversando” è la chiusa che l’Ufficio stampa della Fondazione Teatro Comunale ha inviato ai media e ringrazia anche l’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio e la Comunità ebraica di Ferrara e alla Scuola d’Arte Cinematografica Florestano Vancini.