RUMOR(S)CENA – NAPOLI – Il sogno d’amore di Violetta che si strugge e spira nel canto sublime della sua ultima aria è teatro che ferisce per sempre chi lo ascolta. Così, ascoltandolo, nacque forse l’amore di Marina Abramović, ancora quattordicenne, per Maria Callas che lo interpretava mentre lei l’ascoltava alla radio. Fu amore per sempre, e desiderio di comprendere il segreto del mito assoluto, della divina che incantò un secolo e continua a fermare in una eternità stupita l’applauso di chiunque l’ascolti. Fu il sogno di un incontro oltre il proprio tempo, che s’avverò poi, a lungo progettato e sognato, a lungo pensato, nel primo allestimento di “7 deaths of Maria Callas” alla Bayerische Staatsoper di Monaco, iperbolica costruzione di morte, di musica sublime e partitura riscritta in nuova invenzione d’orchestra, in ricordo ed incontro con sette eroine che a loro volta incontrano la morte e in un sogno hanno corpo e gesto che s’esalta nell’incarnarsi in quello dell’artista. Successo che si ripete di teatro in teatro. Miti che attraversano le nebbie della memoria e dei sogni, nubi che danno corpo agli incubi e s’arrotolano come spirali a stringere il corpo della protagonista e, trasformati in serpenti, fermano il respiro e l’affanno, misteriosi ammassi opalescenti che accolgono il corpo e lo stringono nell’ultimo abbraccio.
È l’incontro con la voce che ritorna e si ripete ad ogni risveglio e ad ogni sogno. Leggenda. Così l’appuntamento con Marina Abramović per il suo “7 Deaths of Maria Callas” al Teatro San Carlo di Napoli era atteso, doppiamente ché se il pubblico ha gremito il teatro più bello chiudendo in pochi giorni la pianta, la più nota delle attrici/performer aspettava l’incontro come per una gran festa emozionata dei sentimenti e del suo lavoro. Un trionfo per giovani spettatori entusiasti, per chi della Abramović va seguendo da sempre il percorso che segna tempo e memoria.
Marina Abramović si svela ogni tanto e racconta percorsi che aprono porte socchiuse di conoscenza, così incontrando nella mente il sogno divino di Maria Callas riconosce un se stessa che sembra come lei forte ed invece è più fragile delle sue forti eroine. L’artista dalla voce di cristallo incontra l’artista dallo sguardo di fuoco che chiede aiuto al talento di Marko Nikodijević per riscrivere la musica che cento volte ha ascoltato ed a Petter Skavlan per scriverne con lei le parole.
Sette arie, sette eroine, sette precipizi verso morti simboliche o accettate e vissute con drammatica forza o rassegnata violenza. Ché sette è numero sacro per molti dal tempo dei tempi, caro al cuore di Marina Abramović, come ha detto al suo pubblico in tenera confessione disarmata, motivando così la misura che regola il suo gioco ed il tempo. Lei, moltiplica l’attesa, immobile nel letto che appena emerge dal buio di una lunga, estrema notte, e la circonda fino all’ultimo quadro, quando lo spazio del sogno di trasforma nella camera dell’artista divina. Il suo sonno è visione.
“Sono una fiammella tremolante, di una candela solitaria. Esposta agli elementi. Al vento e alla pioggia, all’amore e all’odio, alla malattia e alla salute. La fiamma può riscaldarmi o bruciarmi. Può illuminare il mio cammino o essere la mia guida. Ma quando finisce non può essere riaccesa. È andata per sempre”, mormora Abramović nel suo primo saluto. Incipit per introdurre la prima delle sette arie, quell’”Addio del passato” che da sempre sconvolge il cuore di chi l’ascolta, e questa volta l’esegue Selene Zanetti, soprano di talento sublime, come tutte quelle elette a protagoniste che appaiono come figure ritagliate in controluce e s’inverano sul praticabile che attraversa la scena del grande teatro. Avanti, con il fiato sospeso, Tosca di Valeria Sepe si precipita dall’alto della torre di oggi inseguendo il suo sogno d’amore. Desdemona tenera e disperata di Nino Machaidze indossa il suo abito bello e recita la sua estrema preghiera, Cio-Cio-San di Kristine Opolais si strugge nell’attesa dell’amato che non giunge al suo abbraccio. Veloci, decise, la Carmen furente di Annalisa Stroppa compie il suo gesto ribelle, la folle Lucia di Jessica Paratt confonde odio e amore per l’ultima volta, e la Norma superba di Roberta Mantegna s’avvicina alla fiamma che l’aspetta e l’accoglie tenendosi stretta per mano il suo uomo. C’è in parallelo alle voci che incantano, il segno di Abramović che nei suoi brevi filmati ci lascia stupiti e sedotti.
Immateriali performances che anticipano l’azione e la completano creando immagini e sussulti di una strepitosa successione di aggressivi video d’arte. C’è la presenza inquieta, autorevole, inquietante, di Willem Dafoe, c’è la musica di Verdi che incontra quella di Giacomo Puccini, di Gaetano Donizetti, di Vincenzo Bellini, c’è la nostra storia e la sua, a cui assistiamo fino alla cancellazione di una morte, il 16 settembre del 1977, per consegnarsi, vestita d’oro e lucente come una divinità nuova, idolo alla vita della memoria nostra e di quelli che ancora ed ancora ameranno la sua voce sublime e ne faranno disegno e gesto, in questo nuovo racconto firmato da Abramović. Del suo successo a Napoli s’è intuito il segno forte e assoluto, per tre giorni di repliche e applausi.
Visto al Teatro San Carlo di Napoli il 13 maggio 2022
Marina Abramović/Marko Nikodijević
7 DEATHS OF MARIA CALLAS
Teatro San Carlo di Napoli – 13/15 maggio 2022
Direttore | Yoel Gamzou♭
Ideazione, Regia e Scene | Marina Abramović♭
Musiche | Marko Nikodijević
Costumi | Riccardo Tisci
Lighting Designer | Urs Schönebaum
Libretto | Petter Skavlan
Video | Nabil Elderkin
Sound Designer | Luka Kozlovacki
Assistente alla Regia | Georgine Balk
Scenografo Collaboratore | Anna Schöttl
Interpreti
Performer | Marina Abramović♭
Interprete su video | William Dafoe
Carmen | Annalisa Stroppa
Floria Tosca | Valeria Sepe
Desdemona | Nino Machaidze
Lucia Ashton | Zuzana Markovà
Norma | Roberta Mantegna
Cio-Cio-San | Kristine Opolais♭
Violetta Valery | Selene Zanetti
Orchestra del Teatro di San Carlo
Una Coproduzione Bayerische Staatsoper, Teatro di San Carlo, Deutsche Oper Berlin, Greek National Opera Athens, Liceu de Barcelona, Opéra National de Paris
ph. Marco Anelli /Opera