Recensioni — 25/08/2016 at 22:46

10 anni: il compleanno delle Fibre Parallele

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BARI – Negli stessi giorni della loro maratona teatrale, sorta di compèndio di tutta la carriera artistica della Compagnia Fibre Parallele, in scena nei teatri Kismet e Abeliano, in un altro teatro della città, il Petruzzelli, quello più prestigioso quanto sfortunato (l’incendio doloso che lo distrusse portò ad una ricostruzione durata decenni per le denunce, indagini e ricorsi) e un’atavica quanto tipicamente italiana incapacità di affrontare e risolvere in tempi ragionevoli – al fine di restituire al patrimonio culturale di uno dei teatri lirici più importanti –  finiva sui giornali di tutta Italia per un’indagine per le tangenti versate al fine ottenere appalti con l’accusa di corruzione. L’ipotesi di reato ipotizzava delle gare d’appalto truccate. Dal 5 agosto 2016 Gianrico Carofiglio non è più il presidente della Fondazione Petruzzelli di Bari, le sue dimissioni irrevocabili sono la conseguenza dell’inchiesta e la vertenza di ben 181 lavoratori intenzionati a rivendicare un posto a tempo indeterminato. Negli anni ‘20 Bari aveva ben 10 teatri che facevano di questa città una delle più attive d’Italia per l’offerta teatrale di cui disponeva. Il Teatro Margherita smantellato da decenni, il Kursaal chiuso a seguito di vicende e conflitti di natura finanziaria e giudiziaria, il Piccinni chiuso da anni per ristrutturazione. Ma a Bari l’attenzione era rivolta a Licia Lanera e Riccardo Spagnulo che dedicavano anima e corpo nel ripercorrere tutta la loro drammaturgia decennale. Dieci anni di teatro meritavano di essere festeggiati con una retrospettiva capace di riproporre dall’inizio la loro carriera. Se le loro prime apparizioni a teatro risalgano al 2003, è nel 2006 che viene fondata la Compagnia che prende il nome di Fibre Parallele e la sua apparizione ufficiale è datata 2007, quando a Roma si svolgeva la rassegna Ubusettete al Rialto Sant’Ambrogio (ora chiuso), a notte inoltrata salirono sul palco con Mangiami l’anima e poi sputala (selezione Premio Scenario 2007e finalista al premio internazionale Vertigine 2010), dal titolo provocatorio e per molti blasfemo, tanto che nel Comune di Borgo Tossignano ( in provincia di Bologna), in occasione di una replica, furono stampati dei manifesti dove lo spettacolo subiva una sorta di censura preventiva: “Questa libertà di espressione artistica non è altro che l’uso e l’abuso della libertà non vista come Libertà (la L maiuscola, ndr) ma come licenza, capriccio, vizio. Egoismo, arroganza, irresponsabilità”.

Mangiami l'anima e poi sputala
Mangiami l’anima e poi sputala

Mangiami l’anima  e poi sputala (visto al Festival Trasparenze di Modena nel mese di maggio 2016) racconta di una donna molto devota e pia, come lo può essere una sacrestana dedita alla cura e pulizia della chiesa, si ritrova a gestire la vita quotidiana di Cristo sceso dalla croce per far valere la sua condizione di essere umano identico a tutti gli altri. Uno spettacolo accusato di dissacrare l’emblema della cristianità, specie in un luogo dove non esiste una cultura che permetta di giudicare senza dogmi e falsi pregiudizi, aprioristicamente, come accade di frequente. La messa in scena è liberamente tratta dal romanzo omonimo di Giovanna Furio, irriverente, ironico, “acidamente spiazzante – come lo ha definito Nicola Viesti (critico teatrale del Corriere del Mezzogiorno) – ma mai blasfemo”. La dimensione del credo religioso mosso (anche) da sentimenti di misticismo verso Gesù, si trasforma in una convivenza terrena tra la donna e quell’uomo rimasto per secoli sulla croce. Così come è accaduto per Sul concetto del volto di dio di Romeo Castellucci, anche in Mangiami l’anima e poi sputala, la polemica trascende fino ad assumere, spesso, un processo alle intenzioni dove il raziocinio cede alla condanna preventiva.

Mangiami l'anima e poi sputala
Mangiami l’anima e poi sputala

Si assiste ad una progressiva lacerazione dell’anima femminile messa in crisi dalla vicinanza di chi prima di essere Gesù è un uomo. Una discesa a terra che si fa presenza tangibile e fisica. La sua presenza è inquietante per la dissonanza che si viene a creare tra i due. Lui, Gesù è Riccardo Spagnuolo che dimostra di possedere una presenza scenica tale da incarnare con efficacia la raffigurazione cristologica per virare verso una dimensione più umana, terrena, Licia Lanera, al contrario, aspira al divino e la sua mortificazione è il segno di una ricerca spasmodica per impedire ogni forma di desiderio (e quindi peccato) della carne. Tra luci al neon che contornano la croce, e un sanguinolento rito sacrificale di un quarto di bue fatto a pezzi sulla scena, si ode anche la voce di Radio Maria dove la diffusione via etere della fede non si arresta mai.

Nel loro Teatro così sanguigno e carnale c’è sempre un’umanità dolente e smarrita. Esistenze spesso ai margini della società, quasi fossero degli stranieri in patria. Anime inquiete a cui la vita ha assegnato un ruolo di perdente. L’incontro tra l’uomo e la donna spesso si fa carico di tensioni e conflitti interiori che esplodono drammaticamente per la loro valenza carica di significati in una gamma di sentimenti dove il cinismo si insinua nelle pieghe di amori mancati, contrastati, desiderati e irrisolti. L’uomo che scende dalla croce parla con un accento straniero, una sorta di zingaro rom, andando incontro ad un sincero sentimento che viene, però, negato, rifiutato, respinto dalla donna. La vicenda assume toni sempre più grotteschi e la scena si satura di segni, di scarti di una cultura dove trova posto il fanatismo di una devozione ubbidiente che si perpetua da secoli. L’intento è quello di creare un paradosso che sveli come Gesù, fin a quel momento venerato come colui che permette la salvezza della propria anima, tenti di “convertire” quella donna che lo ha desiderato, cercando di instillare in lei un sentimento umano come è l’amore. Invano. Quell’amore così desiderato da sempre. Non del tutto risolto risulta l’esito finale, forse per una difficoltà nel trasferire la versione letteraria a quella drammaturgica-teatrale, resta comunque una delle prove iniziali della carriera delle Fibre Parallele protagonisti della scena del contemporaneo, mai banali e superficiali nelle loro scelte. Rodolfo Di Gianmarco firmando la prefazione della raccolta di testi delle Fibre Parallele “Per fede e stoltezza. Teatro” (Editoria & Spettacolo), spiega bene come sia impossibile intercettare «la compatibilità, la specularità, l’assonanza, l’euritmia tra l’apparentemente spasmodica Lanera e l’esteriormente imperturbabile Spagnulo».

Furie de Sanghe
Furie de Sanghe

Il volume è stato presentato alla libreria Zaum di Bari con la moderazione di Nicola Viesti, in una forma colloquiale anche ironica com’è nello stile delle Fibre Parallele. Gli autori definiscono i testi raccolti “2 (due) Furie de Sanghe, Lo splendore dei Supplizi, La Beatitudine” «un Teatro vissuto con estrema incoscienza e salda fiducia. Un esercizio di forza sulla parola, incarnata da corpi non ordinari, teneri mostri che si agitano sul palco per restituire storie del nostro presente deformante. Un affondo nella drammaturgia e nelle sue infinite possibilità narrative. Un esempio di scrittura di scena che cerca di fermarsi e rimanere su carta, per non perdersi nell’oblio della nemesi del Teatro, arte effimera per eccellenza. Quel Teatro che si prende la Vita. Quel Teatro che abbiamo sempre incontrato per fede e stoltezza».

Have i none
Have i none

I loro primi dieci anni di teatro hanno visto una sorta di “ritorno in patria”, riuscendo in un’impresa da record. Dal 12 al 24 gennaio scorsi le Fibre Parallele hanno portato in scena sei titoli del loro repertorio: oltre Mangiami l’anima e poi sputala, 2 (due), Furie de Sanghe, Have I None, Duramadre, Lo splendore dei supplizi. Una retrospettiva capace di orientare lo sguardo fin dagli esordi della Compagnia che permetteva di capire come il loro linguaggio si sia evoluto nel corso degli anni se pur mantenendo alcune delle caratteristiche originarie che li caratterizzano. I testi sono la sintesi tra scrittura e una elaborazione che si sviluppa e prende una forma definitiva, salendo sul palco dove lo spettacolo in prova viene plasmato e definito. Due personalità così diverse si incontrano e sviluppano un pensiero capace di convogliare verso un esito compiuto del lavoro, pur avendo deciso di separare i compiti nella fase di ideazione (Riccardo si occupa della scrittura mentre Licia lavora sulla drammaturgia scenica). La carriera decennale ormai consolidata sia in Italia che all’estero non poteva che essere festeggiata con la pubblicazione del catalogo dal titolo significativo: “Regalo di compleanno#10annifibre” 2006.2016, con una prefazione di Nicola Viesti e una scelta di recensioni dedicate agli spettacoli corredate da fotografie di scena che ben rappresentano lo stile, la cifra stilistica, l’iconografia stessa di un teatro che si fa portatore di un linguaggio a volte aspro che non concede sconti o illusori sogni della vita che ci appartiene a noi tutti. Come 2 (Due), visto una prima volta al festival Terreni Creativi di Albenga dentro una stanza frigorifero di un’azienda agricola specializzata in coltivazione di erbe aromatiche, e rivisto al Teatro Abeliano a Bari.

2 (Due)
2 (Due)

Licia Lanera è sola in scena come immersa in una bolla trasparente dove il bianco che indossa è quel colore che viene associato alla purezza, al candore, sinonimo di pulito, di innocente quanto asettico. Bianca una vasca da bagno che funge da rifugio dove ripararsi. La scelta cromatica e scenografica sta ad intendere quanto di diverso, opposto diametralmente stia al suo significato originario: per contrasto, al fine di rendere ingannevole (ma solo in apparenza) la vera storia che la protagonista, unica in scena, racconta. Le sue mani si sono sporcate di sangue che vedremo colare goccia a goccia, dopo aver traforato con un ago dei sacchetti che calano dall’alto. Il sangue versato è quello dell’uomo che l’ha lasciata per unirsi ad un altro uomo. Un forchettone da cucina piantato nel collo è il suo gesto ferale per punirlo togliendoli la vita. L’azione criminale non suscita reazioni scomposte, tutto viene rivelato senza enfasi e la descrizione minuziosa dell’atto è qualcosa di astratto e rarefatto. L’annientamento di quello che fu un amore si trasforma in una rievocazione minuziosa quanto asettica nel far rivivere il delitto che ha insanguinato le sue mani. Il bianco si sporca per raccontare quanto la vita sia fragile, debole, insicura. Eros e thanatos si fondono tra di loro. Sfiora un approccio psicoanalitico in cui si intravede la necessità di varcare il confine di una narrazione capace di parlare attraverso un meta linguaggio in cui fluiscono emozioni e sentimenti, senza nessuna reazione che sia giudicante. Il male è insito nella vita stessa. Il sangue ritorno ancora nel teatro che scava nelle viscere più recondite dell’esistenza umana.

Lo è anche Furie de Sanghe-Emorragia cerebrale dove la drammaturgia è stata scritta ricalcando un uso molto stretto del dialetto pugliese, con varie commistioni da città a città. Portato all’eccesso del grottesco con una lucidità scenica e registica, oltre che recitativa, questo lavoro delle Fibre Parallele svela come possa essere degradante la vita e la condizione sociale fino a raggiungere livelli estremi. Si prova quasi una sensazione di rifiuto nell’assistere a come la condizione umana possa subire un’involuzione progressiva di chi vive in situazione di marginalità. I quattro protagonisti (Sara Bevilacqua, Corrado la Grasta, Licia Lanera, Riccardo Spagnulo) rappresentano un universo lontano dalla nostra società dove evitiamo di entrare in contatto con la “diversità” di ogni genere, difficile da coesistere con i nostri falsi miti e modelli. Furie de Sanghe è un pugno allo stomaco al perbenismo e all’edonismo. Qui tutto galleggia dentro quella vasca dove vive un vero capitone, scelto per simboleggiare con estrema efficacia cosa sia l’impotenza di stare chiusi in pochi centimetri immersi nell’acqua. Impotenza a cui sono costretti un padre padrone, un uomo grezzo a cui importa solo stare davanti alla televisione giorno e notte, la zia anziana tutrice amorevole del pesce, un figlio affetto da una compulsione che lo rende dipendente ai gratta e vinci, illusoria speranza di un riscatto sociale ed economico, ed infine, la nuora, una donna dalle pulsioni irrefrenabili ma sincera nel apparire in tutta la sua natura.

Vittime e carnefici di loro stessi costretti a subire ciò che loro stessi hanno creato. Non c’è speranza tanto meno futuro per loro. Teatro dove la materia si plasma come argilla nelle mani di un artigiano, si fonde come metallo incandescente nella fucina di un fabbro. Un teatro che semina e raccoglie consensi anche derivanti da una drammaturgia capace di analizzare il proprio territorio tra tradizione e costumi sociali, così da radicarsi sempre più nella propria città dove è nata la Compagnia. Nelle sere di spettacolo al Kismet si registrava un’affluenza di pubblico diversificato: dai giovani poco più che adolescenti a persone in età adulta a coppie anziane, segnale inequivocabile del gradimento generale costruito negli anni. Fibre Parallele dimostrano di essere capaci di intercettare trasversalmente spettatori dalle diverse estrazioni. Da un’iniziale percorso autodidatta sono arrivati ad assumere un ruolo di rilievo nell’ambito della scena contemporanea, grazie anche alle coproduzioni con teatri di rilievo quali il Teatro delle Albe di Ravenna e rappresentazioni all’estero su invito, come nel caso di Fure de Sanghe-Emorragia Cerebrale andato in scena al Theatre de la Ville di Parigi, o al Festival de Liège in Belgio e a Berlino al Theater Aufbau Kreuzberg. L’ultima loro creazione intitolata La Beatitudine ha debuttato in anteprima nel 2015 al Festival Primavera dei Teatri di Castrovillari e in prima nazionale al Festival delle Colline di Torino (non inserito nella rassegna perché attualmente in tournée) dove nell’edizione 2016 Licia Lanera (premio Ubu come miglior attrice italiana under 35 nel 2014) e Nina Martorana sono state le protagoniste di Orgia di Pier Paolo Pasolini.  Nel 2015 il riconoscimento del MiBACT come “migliore impresa di produzione teatrale under 35”.

Fura de Sanghe – Emorragia Cerebrale /2(Due) visti al Teatro Abeliano di Bari gennaio 2016 rassegna 10anni  Fibre Parallele

Mangiami l’anima e poi sputala visto al Festival Trasparenze di Modena maggio 2016

In copertina immagine de La Beatitudine

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