MILANO – Alla sua quarta stagione di ripresa, “Road Movie” con Angelo Di Genio, regia di Sandro Mabellini, riempie ancora il teatro dell’Elfo di Milano. Tra il pubblico di una domenica di neve e raffiche di vento c’è chi lo vede per la terza volta, e sono spettatori giovani. Due aficionados forse ventenni commentano che “questa edizione pare più lunga, forse ha meno ritmo rispetto alle precedenti”. La pièce anni Novanta di Godfrey Hamilton (primo premio al Fringe festival di Edimburgo) intreccia nel viaggio avventuroso di Joel, trentenne gay, ingredienti come l’amore e la morte, strettamente legati, alternando scene comiche e commoventi. Nella corsa coast to coast, da New York a Sausalito, California, con ritorno e nuova andata, Joel trova finalmente l’amore, il suo amore, in Scott; lo abbandona, lo cerca nuovamente ma l’uomo non vive più. Dietro, dentro quel suo spericolato viaggio è costante la presenza della morte: prima, quella dei genitori alcolizzati e seppelliti fianco a fianco; poi, di soldati e graduati americani elencati al Vietnam Memorial, di uno dei quali Scott porta il bracciale d’argento col nome inciso, che sarà poi l’eredità lasciata al suo amore; infine, la carneficina dell’HIV, l’Aids, che miete vittime senza fare più distinzioni di orientamento sessuale: i dati che Angelo Di Genio legge, finito lo spettacolo tra gli applausi, sono inesorabilmente di oggi.
Il motivo della fortuna di “Road Movie” in Italia sta soprattutto nel suo unico interprete che si muove con una disinvoltura impressionante: passa da situazioni scabrose di copule peraltro mai realistiche affidate a urla e ombre, a incarnazioni di donne orbate dei figli, in particolare in quella della splendida madre che racconta la sua ultima visita al figlio bruciato dall’Aids, indossando vistosi orecchini scompagnati (come del resto sono le calzature di Joel, uno stivaletto e un mocassino). Di Genio è generoso fino allo spasimo nel dare corpo e voce a varie figure, mutando gesti e intonazioni in ironiche caricature o in drammatiche discese dentro la verità; con spavalderia regala preservativi ad alcune spettatrici mature, canta in perfetto inglese, si veste e si sveste in velocità rabbiosa o divertita. Ci sono però altri skills che dovrebbe coltivare: gli stacchi dalla storia e i dialoghi quasi fuori scena con Antony Kevin Montanari, eccellente al violoncello nella Suite No.1 G-dur BWV 1007 di Bach e al pianoforte. Quei brevi momenti di incertezza, di improvvisazione (vera o falsa?) sono impagabili: delicatezza d’attore, non fascino da midnight cowboy. Anche nelle recenti interpretazioni – in “Geppetto e Geppetto”, e nella “Bisbetica domata” – Di Genio sembra talvolta sacrificato alla sua avvenenza. E invece è tanto più bravo.
Visto Al Teatro Elfo Puccini di Milano il 26 febbraio 2018