RUMOR(S)CENA – COLLETTIVO CINETICO – CATANIA – “Silphidarium, Maria Taglioni on the ground”, della compagnia ferrarese “Collettivo Cinetico”, è una coreografia che pone al pubblico diverse domande e, nella sua magnifica e turbolenta irrequietezza, non si lascia definire se non come un’erotica dello sguardo capace di spingersi oltre le consuete dimensioni ricettive dell’emozione e della comprensione. Lo spettacolo risale al 2016 a firma di Francesca Pennini ed e’ realizzato dividendo in due parti la partitura scenica: nella prima parte si dialoga con una pagina della storia del balletto classico, “La Sylphide” (coreografia creata da Filippo Taglioni, nel 1832, per la figlia Maria); nella seconda parte il collettivo coreografico va in direzione di una più tradizionale prova di danza, citando ironicamente, ma con divertita vitalità, un balletto aerobico degli anni ’80 di Jane Fonda. Potremmo fermarci qui perché questo lavoro ha ricevuto un coro di approvazioni da parte del pubblico e della quasi totalità della critica e ci sarebbe ben poco da dire, se non ripetere giudizi già espressi.
È interessante invece soffermarsi su un aspetto da non banalizzare o considerare superficialmente: che cosa significa realmente dialogare creativamente con una pagina della tradizione (in questo caso della tradizione ballettistica)? E in quale modo Francesca Pennini compie quest’operazione?: la coreografa smonta il balletto “sulle punte” di Taglioni, lo interroga e disseziona, lo destruttura, ne analizza i singoli elementi che lo connotano come opera romantica (i più importanti: l’immaginario nordico/scozzese e ingenuamente popolareggiante, il legame con la musica sinfonica, l’immaginazione archetipica delle figure delle ballerine e dei ballerini). Questa analisi viene portata alla luce in modo diretto, senza altra mediazione se non una leggera e gradevole ironia. A tutti quegli elementi la coreografa dà una nuova voce: si auto-presentano alla consapevolezza estetica della sua creazione nella forma temporanea, instabile, improbabile e per molti versi provocatoria di una sfilata di moda, la quale va trascolorando in quadri scenici in cui ad accamparsi in primo piano non sono più i protagonisti (le silfidi che ballano sulle punte, gli eroi e le eroine), ma le situazioni vitali e i corpi dei danzatori. Sono corpi che si cercano, si attraggono sensualmente, si respingono con violenza, creano essi stessi relazioni possibili, si avventurano in storie potenziali.
Nella seconda parte dello spettacolo la coreografia assume una forma (apparentemente) semplice, energica, leggera, liberatoria: dopo l’impegno di comprensione intellettuale richiesto nella prima parte, ci si rilassa ed è bello vedere i danzatori quasi divertirsi nel momento stesso in cui dispiegano la loro perfomance. Questa scelta occorre comprenderla in prospettiva: se il mondo, e in particolare il mondo della danza, ha superato il romanticismo e i suoi miti, ciò che dopo è stato costruito, probabilmente, non può trovare stanza nella contemporaneità se non a partire da un atteggiamento ironico, dissacrante, pregno d’intelligenza critica sia nella fase dell’elaborazione intellettuale e della produzione sia in quella della ricezione e della fruizione.
Concept, regia e coreografia: Francesca Pennini. Musiche originali di Francesco Antonioni. Azione e creazione di Simone Arganini, Margherita Elliot, Carolina Fanti, Carmine Parise, Angelo Pedroni, Francesca Pennini, Stefano Sardi, Vilma Trevisan. Violino: Marlène Prodigo. Percussioni: Flavio Tanzi.
Visto a Catania, a Scenario Pubblico, sabato 15 febbraio 2020.