RUMOR(S)CENA – VENEZIA – TSV- C’è aria di cambiamento al Teatro Stabile del Veneto: con la nomina del nuovo direttore artistico, Giorgio Ferrara, che subentra a Massimo Ongaro, giunto alla fine del suo secondo mandato, all’imperativo “promuoviamo le eccellenze e le realtà emergenti del territorio” si affianca ora una progettualità che punta all’internazionalizzazione. Va subito detto che Ongaro ha lavorato bene su quella che era una linea largamente condivisa e propiziata dalla legge Franceschini sul teatro. Tuttavia, nella prospettiva di un ritorno del TSV allo status di Teatro Nazionale, perso dopo un triennio nel 2018, un aspetto da non trascurare è la collaborazione con artisti ed enti stranieri, che favoriscano presenze e scambi su palcoscenici esteri. La scelta di Ferrara, reduce dalla pluriennale direzione del Festival dei 2Mondi di Spoleto, una vetrina di indubbia valenza internazionale, soddisfa questa esigenza.
Va peraltro sottolineato che Giampiero Beltotto, presidente del TSV, ha voluto articolare su più livelli un nuovo assetto. Dell’organico artistico dello Stabile è infatti chiamata a far parte anche la regista e produttrice franco-britannica Irina Brook, in qualità di regista residente che lavorerà con gli attori della Scuola dello Stabile ed esporterà a Venezia il suo progetto itinerante House of Us. La città lagunare sarà capofila di questo laboratorio, che coinvolge diverse città del Mondo, in Italia anche Palermo e Firenze, dedicato alle giovani generazioni, ai problemi della solitudine e dell’isolamento, attraverso l’Amleto shakespeariano.
Inoltre, sul versante della produzione, il Maestro Ferrara sarà affiancato dal regista veneto Bepi Morassi, autore di numerose regie, già direttore artistico del Goldoni di Venezia negli anni Ottanta e direttore per più di un decennio della produzione del teatro La Fenice. Non ultima in questa compagine è Claudia Marcolin, nominata lo scorso gennaio “executive manager” dello Stabile, un ruolo inedito che punta a ottimizzare la gestione amministrativa, per sostenere e portare a termine dal punto di vista economico i programmi e i progetti del Teatro nei prossimi cinque anni, sia con un utilizzo oculato delle disponibilità storiche, sia con la ricerca di nuovi finanziamenti e partnership.
Certo Ferrara dovrà prendere le misure del nuovo incarico: la fisionomia e la mission di un Teatro Stabile è assai diversa da quella di un Festival e giocata su più fronti e su tipologie di pubblico molto divaricate. Si propone inoltre un problema sconosciuto fino alla scorsa primavera: quello del pubblico della rete. La pandemia ha traghettato il teatro in una dimensione inaspettata e ha spalancato un mondo. Le produzioni del TSV, visibili sul sito del teatro attraverso la piattaforma backstage, hanno totalizzato oltre 200.000 visualizzazioni, coinvolgendo un pubblico trasversale e interessato a varie tipologie di spettacolo.
D’accordo, non si discute, il teatro si fa dal vivo, è quella la sua essenza, è nato così più di 2500 anni fa, per aggregare fisicamente i cittadini della polis, per farli sedere l’uno accanto all’altro, liberi di manifestare approvazione o dissenso in tempo reale. L’interazione è la sua linfa vitale. Ma che cosa ne facciamo ora delle migliaia di “nuovi” spettatori? Riusciremo a portarli tutti a teatro o li perderemo lungo la strada?
Beltotto, sollecitato sull’argomento, ha dichiarato che lo Stabile sta lavorando nella direzione di mantenere il pubblico nato in questo periodo, fidelizzandolo e valutando la possibilità di renderlo pagante. Questo creerebbe risorse aggiuntive per l’intero settore. «Siamo legati a forme ormai in rapida evoluzione – sostiene il Presidente -. Dobbiamo accompagnare il cambiamento, governare un flusso che non riusciremo a fermare». Dunque, trasformare una dolorosa necessità, sorta in tempi bui, in opportunità, senza snaturare il teatro, ma affiancandone l’irrinunciabile specificità, è la sfida del futuro. Il dibattito è aperto.