«L’originalità del grande affresco che si dipana in queste pagine sta nel concepire una filosofia vivente che si pone prima di ogni conflitto, dove ogni volontà si annulla, dove la ragione incontra il suo limite estremo. Dove cioè ogni aspetto di quella che ci illudiamo essere la vita perde definitivamente ogni senso e valore in nome di una vita profonda e misteriosa che non siamo più capaci di attingere. Ma questa vita non è un mito anche se solo attraverso il mito se ne può intravvedere il riverbero. Questa vita non ha mai abbandonato l’uomo, non è mai stata definitivamente vittima delle stratificazioni della storia, delle religioni, della scienza, dell’arte e di ogni altra espressione della cultura. Questa vita sussiste nel suo divenire, freme nei sentimenti più angosciosi, esulta nelle gioie più alte.»
Alessandro Fersen
in L’universo come giuoco (a cura di Clemente Tafuri e David Beronio)
Edizioni Akropolis Le Mani
GENOVA – Laboratorio di idee fervido e creativo, il Teatro Akropolis di Genova Sestri Ponente, è una felice realtà creativa, dove fare teatro, si coniuga con l’intento di sviluppare una cultura come una forma mentis : una ricerca intellettuale e artistica accessibile a tutti. Non come genere di fruizione e intrattenimento fine a se stesso, bensì un programma di idee, dibattiti, laboratori e seminari, in grado di aumentare conoscenze e formazione. La quinta edizione di Testimonianze ricerca azioni dalla durata considerevole di un mese (dal 1 aprile al 4 maggio) offre un programma di iniziative, che stanno ad intendere come la direzione artistica di Clemente Tafuri e David Beronio, si dedica alacremente per offrire il maggior numero di strumenti per comprendere, oltre la visione anche la comunicazione e il creare.
Testimonianze ricerca azioni è l’evento annuale di Teatro Akropolis che riunisce alcuni fra gli artisti più rappresentativi nell’ambito del teatro di ricerca e delle arti performative a livello internazionale. L’uscita delle pubblicazioni di Akropolis Libri – Le Mani, precede annualmente l’inizio delle manifestazioni con l’intento di testimoniare una traccia di un progetto dall’identità riconoscibile, uno strumento per accostarsi alla parte più profonda della ricerca teatrale e del pensiero ad essa legato.
È in quest’ottica che l’ edizione 2014, si propone di dedicare attenzione anche ad “Altri progetti” con “La logica della Passione – Opus Genova”, curato dall’Institutet för Scenkonst / (Svezia) X-Project, un network internazionale di artisti fondato da Roger Golin e Magdalena Pietruska che ne hanno curato l’ideazione e la regia. Una performance che aveva come scopo quello di indirizzare il ruolo dell’artista in relazione alla visione e alla pratica. Un intento capace di creare una filosofia dove il principio portante è quello di considerare lo spettacolo come un processo in divenire e non il traguardo. Non solo quindi un evento teatrale fine a se stesso, bensì un’occasione preziosa di mettere a confronto il pubblico e gli artisti/attori sui temi che stanno alla base della ricerca degli autori del progetto. Così come lo erano i laboratori che si sono svolti in varie sedi (l’idea di decentrare gli appuntamenti – rientra nella logica di diffondere sul territorio – cultura e il teatro), da “Essere del Fare” (Institutet för Scenkonst), a “Laboratorio di ritmica applicata all’azione fisica” condotto da Stefano Tè e Igino L. Caselgrandi del Teatro dei Venti di Modena.
“Il mestiere dell’attore” curato da Massimiliano Civica, uno dei principali registi e pedagoghi del teatro italiano, “#Comunicateatro” gestito da Simone Pacini. In un momento storico in cui la comunicazione prende sempre più spazio sulla rete, gli strumenti di diffusione delle notizie si adeguano alla velocità e alle necessità di dare immediatamente conto di quanto accade. Facebook e Twitter in prima battuta sono diventati contenitori dove l’informazione è costante e in perenne mutazione. La critica teatrale che ha traslocato sui siti e i blog necessita, quindi, di una visibilità che sia istantanea e condivisibile da tutti.
E ancora un seminario che il curatore di Fattiteatro ha condotto per dare vita ad un format sulla comunicazione applicata agli eventi culturali con l’ausilio di strumenti innovativi, veloci, immediati, low budget, virali e 2.0”. Il futuro viaggia su twitter e i social network che lanciano le notizie in tempo reale, facendo si che la comunicazione tradizionale venga sempre più archiviata. Il 4 maggio Carlo Angelino e Gerardo Guccini saranno i relatori de “La dimensione perduta del teatro. Teatro e sapienza nell’opera perduta di Alessandro Fersen“. Un nome che per il Teatro Akropolis è diventato motivo d’orgoglio per essere stato scelto come curatore della Fondazione Fersen di Roma. Tra le tante iniziative anche quella editoriale di Akropolis Libri e Le Mani, “L’Universo come Giuoco” di Alessandro Fersen.
Una nuova edizione a quasi ottant’anni dalla precedente edita da Guanda del 1936. Una revisione che si spiega nelle parole dell’introduzione firmata da Clemente Tafuri e David Beronio: «…ha come scopo di collocare nel panorama culturale europeo i temi che ispirano il libro, con un particolare riferimento al conteso italiano che, allora come ora, indulgeva al proprio provincialismo e all’autoreferenzialità». Un pericolo sempre presente anche nel contemporaneo dove un certo modo di pensare all’amministrare la cultura si permea di un pensiero auto centrato, e privo di una vera espressione aperta al confronto che sia anche dialettico e non solo estetico.
Alessandro Fersen si chiamava in realtà Aleksander Kazimierz Fajrajzen (in arte Fersen) ed è nato in Polonia nel 1911 e morirà a Roma nel 2001. Fersen è stato uno dei protagonisti della scena culturale e teatrale italiano tra Genova e Roma, dove specie nel secondo dopoguerra, fare teatro significava partecipare ad un laboratorio molto creativo di idee e dinamico, al fine di ridefinire una sua identità persa causa gli eventi bellici. Laureatosi in Filosofia a Genova nel 1936 il suo nome viene associato insieme a quello di Emanuele Luzzati e Giorgio Colli, accomunati dal confino in Svizzera per via delle leggi razziali. Regista e studioso del teatro si dedicherà per tutta la vita alla divulgazione del pensiero teorico conducendo seminari, laboratori, conferenze.
Autore ma sopratutto regista firmerà nella sua lunga carriera artistica la regia di molti spettacoli di successo, tra cui quelli messi in scena come direttore artistico e regista del Teatro Stabile di Bolzano dal 1975 al 1978. Fondatore dello Studio che porta il suo nome a Roma, riconosciuto dal Ministero per la Pubblica Istruzione, il regista condurrà anche un’intensa attività di formazione in tutta Italia e all’estero, tra seminari, laboratori, corsi di mnemodramma. Un metodo chiamato anche dramma della memoria non solo individuale ma anche quella ancestrale, perché tende a individuare nuove tecniche di linguaggio scenico e ha un carattere interdisciplinare e si differenzia dai metodi dell’Actor Studio. Tra la prima versione del 1936 e la seconda voluta dallo stesso Fersen nel 1958, allorché decise di ripensare l’intera opera, è interessante leggere cosa scrivono i curatori a riguardo. «..L’elemento che differenzia maggiormente le due stesure è la centralità del tema del mito: nella versione più recente esso viene completamente riassorbito nelle sue strutture antropologiche (…) ma il processo intellettuale e artistico di Fersen sconfesserà sa subito questa scelta. Sono della fine degli anni Cinquanta i primi esperimenti sulla pratica mitico -rituale del mnemodramma… »
Nel volume si può leggere come il suo è stato uno «stile profetico che consente a Fersen di procedere in modo mai banale attraverso le difficoltà che il suo pensiero gli presenta. E ciò mentre egli porta avanti una critica spietata alla realtà fenomenica». Un volume che si appresta ad essere un riconoscimento postumo ad un uomo che ha saputo interpretare le inquietudini e la ricerca di senso compiuto sia nell’arte che nella vita, dando impulso ad un pensiero critico e filosofico dell’agire sulla scena come risposta ai molteplici interrogativi esistenziali e creativi. Le parole di Clemente Tafuri e David Beronio lo ribadiscono con chiarezza nel sostenere come «L’originalità del grande affresco che si dipana (nel libro, ndr) sta nel concepire una filosofia vivente che si pone prima di ogni conflitto, dove ogni volontà si annulla, dove la ragione incontra il suo limite estremo. Dove cioè ogni aspetto di quella che ci illudiamo essere la vita perde definitivamente ogni senso e valore in nome di una vita profonda e misteriosa che non siamo più capaci di attingere».
Le edizioni AkropolisLibri – Le Mani, hanno dato anche alle stampe “Alessandro Fersen- Critica del teatro puro”, curato da Tafuri e Beronio, di cui daremo conto in una prossima pubblicazione che si avvale della recensione di Georgios Katsantonis. L’occasione a Genova è stata quella anche di assistere alle rappresentazioni di Teatro Magro di Mantova con “Senza niente” (protagonista Alessandro Pezzali, regia di Flavio Cortellazzi) e di “Senso Comune” del Teatro dei Venti di Modena (regia di Stefano Tè, con Igino L. Caselgrandi, Francesca Figini, Antonio Santangelo, Stefano Tè) , è stata anche l’occasione di conoscere un’altra pubblicazione di questa prolifica associazione/compagnia culturale e teatrale.
Per la collana editoriale “Testimonianze ricerca azioni”, il 2014 è l’anno del quinto volume dove sono raccolti, oltre a quelli degli autori, interventi e testi di Antonio Attisani. Michele Beltrami. Stefano Ciardi. Flavio Cortellazzi. Marco De Marinis. Lina Della Rocca. Anna Dora Dorno. Anna Gesualdi. Francesco Givone. Luana Gramegna. Silvia Mei. Loredana Mesiti. Magdalena. Stefano Tè. Angelo Tonelli. Giovanni Trono. Enrico Zampetti. Di particolare interesse il capitolo: “ Il compito mostruoso dell’attore è quello di essere consapevolmente spontaneo” – titolo curioso e intrigante – firmato da Magdalena Pietruska e Roger Rolin dell’Institutet för Scenkonst svedese, in grado di fare chiarezza sull’importanza della creazione artistica quanto la ricerca. «La creazione è l’espressione suprema dell’essere umano. La ricerca sull’arte dell’attore (…) va oltre lo studio dei segreti del mestiere, abbracciando la problematica della condizione umana, la conoscenza, e la meditazione sull’essere umano».
Con queste poche parole gli autori tracciano un solco tra fare arte e teatro fine a se stesso, e la ricerca che perseguono con «una sola logica: la Logica della Passione…». Spiegando la distinzione tra ricerca e cercare artistico, là dove la seconda attività punta a ricercare attraverso «diverse modalità d’espressione, un risultato artistico, obiettivo che ne condiziona il processo (cosa ben diversa nella ricerca), che è, invece, un desiderio di capire il fenomeno artistico». E per comprenderlo la via da seguire – spiegano Pietruska e Rolin – è quella dei laboratori grazie ai quali «la ricerca è un’avventura unica del gruppo di persone. Esiste una sola situazione in cui i risultati si materializzano: l’incontro con lo spettatore».
La parola chiave e fondamentale di tutta l’analisi compiuta e che riassume in qualche modo il pensiero complessivo: l’incontro con lo spettatore è il perno su cui gira tutta la creazione artistica e l’affermazione degli autori è più che esaustiva, quando scrivono che «la ricerca sull’arte dell’attore ha, alla sue origini, il desiderio di creare un nuovo teatro, diverso da quello esistente, divenuto sterile e convenzionale. È la ricerca di una nuova etica del “fare teatro”, di un rapporto diverso con lo spettatore, di una collaborazione diversa tra attore e regista. Inizia così un esame attento del protagonista dell’atto teatrale: l’attore».
Sono questi i temi che il teatro contemporaneo deve affrontare coscienziosamente e doverosamente. Seguire ciò che viene riportato a pagina 134 di Testimonianze ricerca azioni: «… L’obiettivo è quello di confrontarsi con il contesto quotidiano, sociale e culturale del paese che ci ospita, attraverso la dimensione profondamente politica del lavoro di ricerca. (…). Nella realtà artificiale del teatro la più grave conseguenza della confusione fra senso e significato non è che uno spettacolo presto dimenticato. Nella realtà quotidiana della vita le conseguenze di questa confusione sono ben più disastrose».
Un impegno serio e intellettuale nel teatro sta ad intendere anche questo: un rapporto serio e costruttivo tra regista/attore e lo spettatore, inscindibile se si vuole creare e diffondere cultura, e non solo intrattenimento fruibile ai più, ma senza condivisione lo spettacolo rischia di diventare un’offerta commerciale, così com’è accaduto in passato e accade ancora in alcuni ambiti . Il teatro necessita di continue trasformazioni basate sull’evolversi della società e dei suoi costumi e l’attore si fa portavoce di messaggi che la drammaturgia e la regia contemporanea si fa carico e divulga attraverso la “voce” dei registi che a loro volta demandano agli attori sulla scena. Non ultimi in questa dialettica risultano anche i critici specializzati. Il libro riporta anche la sezione “Tre domande ai critici”, tre quesiti rivolti da Tafuri e Beronio ai critici teatrali di varie testate. Scrivono i direttori artistici nella premessa al capitolo: «La critica svolge, o forse dovrebbe svolgere, un ruolo di elaborazione culturale e di approfondimento intellettuale che non solo aiuta a collocare le varie esperienze artistiche in una determinata prospettiva estetica, ma contribuisce a renderle vitali anche attraverso un lavoro che le contestualizza e le mette in relazione fra loro. Ma, venuta meno l’urgenza di classificare i diversi percorsi secondo categorie direttamente riferite ad una precisa posizione ideologica, si apre un ampio panorama di orizzonti di senso nell’ambito dei quali dare nuove letture dei progetti teatrali».
Le tre domande toccano tematiche, se pur riferite strettamente al lavoro della critica, sono condivise anche dagli operatori siano artisti, studiosi e naturalmente dal pubblico, soggetto integrante del sistema teatrale e non semplice fruitore.
1.
Al di là di consigliare o meno la visione di uno spettacolo al lettore, in che misura la critica deve riflettere sull’arte e le sue funzioni, sulla teoria e sugli studi teatrali? Si tratta di aspetti da esplicitare e di cui rendere partecipe il lettore, o piuttosto di un’indagine riservata ad altri ambiti di studio?
2.
La rete dà la possibilità di avere spazi pressoché illimitati per sviluppare riflessioni sull’arte e recensire spettacoli. Questa opportunità sembra rappresentare una soluzione alla mancanza di spazi sui quotidiani e più in generale alla crisi dell’editoria. In che modo si può gestire questo scenario caotico in cui chiunque, non sempre con le competenze necessarie, si propone come critico?
3.
Quale dovrebbe essere, ammesso che ci debba essere, il rapporto del critico con l’artista e con i diversi materiali elaborati nel suo percorso creativo, al di là dell’ovvia relazione che si instaura tra l’opera conclusa e chi invece ne fa oggetto di approfondimento?
Le risposte pubblicate a cui hanno risposto in trentaquattro critici dimostrano come sia complesso e multiforme il pensiero su come ognuno intende la critica e il ruolo che riveste al giorno d’oggi, periodo di forte crisi editoriale, la dove i giornali hanno abdicato sempre più alla funzione di dare conto al lettore, dell’esito di una rappresentazione teatrale (ma anche di altri generi artistici) e lasciato spazio alla rete e alle sue mille contraddizioni. Le riflessioni sviluppate sono in qualche caso disomogenee tra di loro (e questo è un bene..) traendo dei risultati ai quesiti con proposte e suggerimenti, molti dei quali condivisibili, ma altrettanto in continua evoluzione e fermento critico/culturale.
Non è chiaro ancora del tutto quale sia il percorso da intraprendere per ridare alla critica in generale la giusta e doverosa considerazione, per farne (ancora) uno strumento al servizio della comunità e della cultura. Leggere le risposte può essere un modo interessante per iniziare un dibattito che si amplifichi e rimandi a proposte operative e formative, utili a tutti, a chi dirige registicamente, a chi recita, a chi assiste ad uno spettacolo e ha una sua coscienza critica, e a chi, infine, ha il compito, il dovere di scriverne con la massima obiettività e trasparenza.
La realtà attuale offerta dalla rete è talmente vasta e senza confini che diventa complicato trovare dei parametri chiari e netti in grado di indirizzare univocamente il lavoro e l’impegno del critico. Regolamentare lo “scenario caotico” diventa sempre più un’urgenza dettata da un proliferare senza controllo di media on line. Sta alla coscienza etica e alla deontologia di ognuno dare dignità al suo operato. La critica sul web offre molte occasioni di visibilità ma è nebuloso ancora quale sia l’obiettivo, l’orizzonte da raggiungere.
Testimonianze ricerca azioni
V edizione
(1 aprile – 4 maggio 2014) Teatro Akropolis Genova – Sestri Ponente
Akropolis Libri Le Mani
Clemente Tafuri e David Beronio
Volume V
Critica del teatro puro
a cura di Clemente Tafuri e David Beronio
http://www.teatroakropolis.com
http://www.fondazionefersen.org