RUMORS(C)ENA – BEATITUDO – TEATRO VERDI PISA – Trent’anni della Compagnia della Fortezza: un bel traguardo e prezioso per la direzione di Armando Punzo a Volterra dove lavora con i suoi attori dentro le mura medicee della Fortezza nonché Casa di reclusione. I festeggiamenti per lo storico anniversario al Teatro Verdi di Pisa, dove lo spettacolo Beatitudo ha inaugurato la Stagione di prosa 2018/19 firmata dal direttore artistico Silvano Patacca, sono iniziati con una serie di eventi collaterali. L a mostra del fotografo Stefano Vaja, una lectio magistralis del regista alla Scuola Normale, corsi di teatro e incontri con le Scuole pisane. Dopo la messa in scena – come di consueto – dentro il Carcere volterrano nello scorso mese di Luglio, Beatitudo (liberamente ispirato all’opera di Borges) esce, come da tempo accade, per approdare in diversi Teatri, (prima al Teatro Persio Flacco di Volterra) per debuttare in prima nazionale al Teatro Verdi di Pisa, e a seguire a Milano al Teatro Ciro Menotti, al Teatro Arena del Sole di Bologna e al Massimo di Cagliari.
Certo trent’anni sono tanti per un progetto teatrale e artistico, ma qui si tratta di una straordinaria Utopia, anche sociale, riconosciuta a livello internazionale, purtroppo ancora incompiuta rispetto ad un progetto che vorrebbe vedere realizzato un Teatro Stabile dentro la stessa Fortezza. Dopo aver visto Beatitudo, è pur vero che dentro un universo così concentrato di pratiche teatrali, uniche nel loro genere, coraggiose e visionarie per tematiche rigore ideazioni innovative, si avverte e risplende ancora il mandato etico della poetica originaria di Punzo. Si intuisce in Beatitudo, la riflessione sulla ricerca critica dell’Artista a ciò che è fuori dalle Mura, nel mondo – un Mondo, quello di fuori, che bene non sta.
E che di Utopia, dentro il carcere, dove la possibilità di vivere altri Mondi sembrerebbe essere negata ed invece, attraverso cultura studio e pratica teatrale, il riscatto c’è. E ce ne sarebbe anche un bisogno estremo fuori ed oltre la metafora (sic!) carceraria, dove dilagano distopie di muri, lager, espulsioni da parte di chi prova a includere (vedi modello Riace) e rigurgiti neo-nazisti nel nostro Paese e non solo. Il palcoscenico di Pisa per la Compagnia della Fortezza è diventata consuetudine: già nel 1993 approdò al Verdi il lavoro di Armando Punzo Marat Sade, uno dei suoi lavori più riusciti. Radicale, eversivo, epico, transnazionale. Dopo aver lavorato per due anni su Shakespeare “contro Shakespeare”, in Dopo la Tempesta, una produzione che risale a due anni fa, in cui i personaggi non davano scampo perché Shakespeare non lo permette come poeta e come drammaturgo (secondo l’interpretazione di Punzo), in Beatitudo, invece (parliamo dell’Opera omnia di Borges), c’è l’anima opposta, quella che vuole ricostruire il Mondo, distruggendo da dentro i suoi Personaggi, in quanto Borges è maledettamente contrario alla cosiddetta realtà. Perché la cosiddetta realtà non è unica.
Ce la raccontano o ce le raccontiamo, le cosiddette Realtà. Forse oggi, sembra suggerirci Punzo, basterebbe cambiare o la gradazione di occhiali (si fa per dire) o mettere sul comodino e leggere qualche divulgativo testo di fisica quantistica (il fisico Carlo Rovelli, per esempio), oppure entrare dentro il buco nero dove vite di persone cose e animali del recente Nobel per la Fisica (per la scoperta delle Onde gravitazionali) pisano Adalberto Giazotto, ci hanno predetto che stiamo per cambiare prospettive sul Mondo. In Beatitudo, si respira uno spazio insieme forte e leggero di riscrittura multitestuale, per una operazione sulla carta (anche per la trasposizione che non poteva che essere molto diversa da quella del Carcere), dove la scena era completamente allagata, non restituibile in un Teatro di tradizione), non facile, dove poteva apparire di super-adattamento di una testualità di straordinaria efficacia letteraria, ma di quasi impraticabilità teatrale e forse pure meta-teatrale. Affrontare Borges, l’immenso autore argentino, è stato un atto di fede estremo di Poesia Totale. Ne riscontriamo gli esiti felici che ricordano un po’ nella traccia narrativa letteraria, il lavoro di e da Hamlice (che ha riempito Teatri Stabili da Prato a Milano), dove sembra davvero che le avanguardie novecentesche con la migliore storica visione, anche fantasmagorica, totalmente visionaria del Realismo magico dell’Autore argentino, siano state deflagrate da Punzo, in un sapiente distillarsi tra pensiero e azioni individuali e corali. Dopo molti lavori su Shakespeare, spesso violenti, come da drammaturgie del Bardo, qui Punzo ha interrogato i Mondi letterari di Borges. Una svolta. E se ne riscontrano gli esiti in scena.
Mentre nello spazio totale del Verdi ancora e ancora i Personaggi-Totali, cioè Maschere Ancelle Vecchi Bibliotecarie Primitivi belanti, coprono l’intero spazio teatrale della Platea, nella cavea i musicisti- percussioni e batteria, eseguono dal vivo su musiche originali scritte direttamente sulla scena da Andrea Salvadori, commentano testi di Borges, letti in prima persona dallo stesso regista, statico in piedi davanti ad un semplice leggio. Sulla scena un succedersi di Personaggi fantasmagorici introdotti da una sorta di Coro tribale che corre e urla dotato di aste flessibili in lunghissime canne di bambù che fa da siparietto a comparizioni di figure immaginifiche, tratte dai testi di Borges- con sottotesto macro drammaturgico la Biblioteca, vita-sacrario del genio argentino, ma in leggerezza. La narrazione visiva sul palco è estremamente lenta e dove poco accade. Tutto è dominato dagli esiti psico-simbolici delle Parole delle poesie lette da Punzo. Per immagini rifratte rispetto alla scelta dei testi di narrazione.
La testa mozzata portata in scena ad effetto cinematografico è quella del Minotauro. Il Bambino-un doppio di Punzo che assiste da seduto sugli scalini fra cavea e palco, si porta sulle spalle il carico della Palla Mappamondo-Mondo in una sorta di transfert Padre- Figlio. Un macro reading dove testualità e musica accendono vicendevolmente suggestioni metafisiche oniriche e anche un po’ medianiche. Con qualche risvolto misticheggiante alla Jodorovski, perché Punzo esordisce con i versi “Tutto accade qui per la prima volta” (tratto da Poesie- La cifra). Tutto si rincorre ad anello seguendo uno stile nietzschiano. Nella città di Pisa che ha dato i natali allo scrittore di Piazze d’Italia e di Sostiene Pereira, Antonio Tabucchi, da poco prematuramente scomparso a Parigi ed in odore di Nobel, traduttore di Pessoa, che del Realismo magico sudamericano è stato mentore, Beatitudo è anche un omaggio alla città , alla sua storia, e a chi ha creduto ben più di trent’anni or sono, alla scommessa di Carte Blanche di Armando Punzo e Cinzia De Felice.
Beatitudo
Compagnia della Fortezza
Beatitudo ispirato all’opera di Jorge Luis Borges
Drammaturgia e regia di Armando Punzo
Musiche originali e sound design Andrea Salvadori
Scene Alessandro Marzetti e Armando Punzo
Costumi Emanuela Dall’Aglio
Movimenti Pascale Piscina
Produzione Carte Blanche e TieffeTeatro
con il sostegno di MIBACT-Regione Toscana-Comune di Volterra-Comune di Pomarance-Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra- Ministero della Giustizia C.R. Volterra
Visto al Teatro Verdi di Pisa, il 7 ottobre 2018
leggi anche
Beatitudo: “L’impossibile” che accade sempre per la prima volta.