RUMOR(S)CENA – MILANO – Martin Romeo è un artista visivo italo-argentino pluripremiato la cui pratica indaga le relazioni tra natura, tecnologia e corpo attraverso diversi media, tra cui sculture interattive, Performance in Realtà Virtuale e installazioni multimediali. La sua ricerca gli consente di approfondire concetti relativi a eventi ambientali, alla presenza umana nella dimensione virtuale e alla collaborazione con sistemi artificiali. Ha esposto al Padiglione Italia dell’Expo 2017 in Kazakistan, alla Biennale di Venezia nel 2018 ed è stato selezionato per l’Italian Design Pavilion ad Hong Kong, per la sezione Uffizi Diffusi delle Gallerie del Museo degli Uffizi. Romeo è docente e coordinatore del Master in Visual Arts in Accademie di Belle Arti a Milano.
Vincitore dell’edizione 2023 di Residenze Digitali, ha esplorato con il suo progetto HUMANVERSE le potenzialità narrative, interattive, multisensoriali e sicuramente performative del Metaverso; conducendo lo spettatore connesso su Spatial (via desktop o via visore di Realtà Virtuale) a immergersi in mondi astratti che partono da una enorme superficie che intuiamo essere un gigantesco corpo. Non si tratta solo di stare dentro a una sala a 360° e neanche di assistere passivi a una performance live in Extended Reality ma siamo in un ambiente che si determina intorno a noi sulla base dei nostri movimenti sulla tastiera o con il controller con il VR. L’obiettivo principale di Humanverse come ci spiega l’autore, è “analizzare il ruolo e l’espansione del corpo nella dimensione digitale.
La narrazione dinamica coinvolge gli spettatori, trasformandoli in soggetti attivi”. Un ambiente dal design particolare, in alcuni momenti cupo in altri fortemente arioso, accoglie lo spettatore on line come fosse un luogo di attraversamento estremo, liberatorio, esperienziale, un passaggio liminale da questo a altri mondi dove guardarci e essere percepiti.
Guidati da un narratore la cui drammaturgia viene generata dal sistema di intelligenza artificiale ChatGPT, siamo proiettati in altri universi dove lanciarsi nel vuoto, correre sopra il terreno, scalare montagne inarrivabili, insieme con altri Avatar, scoprendo altre sensorialità e altre possibilità di connessioni. Ne abbiamo parlato con l’Autore che ci spiega che non si tratta tanto di riconfigurare un nuovo teatro che sostituisca quello fisico che ben conosciamo, ma di esplorare nuove potenzialità mediaturgiche e tecnoperformative che ci permettono: “Il Metaverso è parte di questo nuovo ecosistema-mondo con il quale dobbiamo interfacciarci in vista della nascita di una nuova “civiltà”. Ma sarà un “salto evolutivo” o la “grande dismissione del reale nel virtuale, come afferma il filosofo Eugenio Mazzarella?
Quando è approdato alla vera e propria performance dalle installazioni e dagli ambienti virtuali e cosa è cambiato dal punto di vista della creazione, della scrittura?
Ho iniziato a presentare i miei primi lavori multimediali e interattivi nel contesto della danza e del teatro, luoghi in cui il corpo, lo spazio e la realtà prendono forma e vivono un momento tangibile. Condizione dove avviene la massima espressione e sperimentazione di questi termini che coinvolgono tutti gli attori, soprattutto in un contesto controllato, coreografico e drammaturgico.
Con la recente esperienza nelle Residenze Digitali, ho affrontato la scrittura. Nonostante il mio lavoro si concentri sulla narrazione e lo storytelling nel mondo audiovisivo, la parola e il testo mi affascinano. Questo perché i miei lavori possiedono una forte componente di concetto, di pensiero e di significato. All’interno dell’opera di carattere performativo, la scrittura, il voice over, aumenta la comunicazione e rende più chiaro il messaggio, consentendo di viverlo da protagonisti e rendendo personale la situazione e le vicende trattate. La domanda posta sembra richiedere una risposta diretta dal partecipante, implicando così una profonda introspezione.
Humanverse vincitore di Residenze Digitali 2023 sembra uno slogan, un manifesto per una nuova (post)umanità, se pensiamo che dentro l’ambiente usiamo avatar: ma non è che ci allontaniamo dalla nostra agency umana..
Con questo titolo, volevo condurre l’essere umano verso nuove dimensioni, habitat diversificati, corporalità postumane, abitanti permeabili, rapporti artificiali e sintetici. Non si tratta di un allontanamento dell’agency umana, bensì di una presa di posizione, di un ancoraggio dei concetti che spesso ci sfuggono alla comprensione: il metaverso, la generazione automatizzata (AI), i chat bot, la collaborazione uomo-macchina, tutti argomenti sensibili al contemporaneo che Humanverse tenta di rielaborare in una prospettiva umana, più vicina, persino intima nella sua vastità, si manifesta attraverso il potente impatto della restituzione.
Humanverse mantiene la narrazione e il narratore, fondamentale per far traghettare gli spettatori/giocatori in vari ambienti. Qual è la storia che deve veicolare?
La figura della guida riveste un ruolo essenziale. Esplorando e navigando tra i vari metaversi, seguendo le evoluzioni della tecnologia integrate con l’intelligenza artificiale, ho notato come repliche di mondi reali nel web da creators e contemplazioni da parte dei frequentatori non fosse sufficiente, né interessante. La performance sul metaverso nasce dalla necessità di rendere il “Qui e Ora” anche in formato digitale, creando una presenza costante che non si focalizza più sul singolo ma sulla molteplicità della nostra persona. Inoltre, in modo paradossale, gli incontri nel metaverso sono rari e spesso ci si trova soli svelando, se vogliamo, la natura dell’hardware, la sua solitudine. La figura del narratore che accompagna il viaggiatore diventa quindi sostanziale per comprendere e affrontare la crescita nel virtuale. Oltre ai contenuti audiovisivi creati con diverse applicazioni intelligenti e di scansione 3D, che portano il reale nella sfera del potenziale, il corpo e la sua estensione diventano parte integrante dello spettacolo.
La storia che Humanverse veicola, mira a far comprendere le possibilità e le limitazioni di questa dimensione virtuale, interagendo con l’ecosistema: superando le barriere fisiche, sperimentando la caduta senza conseguenze, osservandosi dall’esterno per reiterare l’attenzione sul corpo. Non si tratta di mettere l’essere umano al centro, in una visione antropocentrica, ma di evidenziare la sua presenza e quella dell’ambiente, riconoscendo un legame insolubile come unico, parte di un insieme.
I cinque spettatori all’interno della piattaforma sono chiamati a riflettere sulla propria identità digitale e, per farlo, devono imparare a muoversi, ascoltare e collaborare, creando così un momento di continuità tra il possibile e l’impossibile. Al termine dell’impresa, durante la restituzione fisica del VR, le persone si fermano per confrontarsi e scambiare considerazioni sull’esperienza, spesso guidate dalle sensazioni e dagli stati d’animo provati. È in questo momento che riconosco e avverto la funzione del lavoro.
Perché ha scelto SPATIAL come piattaforma? Conosce altri esempi performativi realizzati nelle piattaforme di Metaverso?
Ho scelto Spatial perché è cresciuto notevolmente nell’ultimo anno. Dopo aver utilizzato altri metaversi come Mozilla Hubs e Roblox, Spatial si distingue come l’opzione più completa che consente di ottenere risultati di elevata qualità, prestazioni eccellenti e grande praticità. È tra i migliori metaversi disponibili che utilizzo anche per Red-Eye Magazine, Unfair Milano e altri brand.
Il suo linguaggio si adatta a varie difficoltà in base agli interlocutori e consente l’interazione da tutti i dispositivi attuali. Sul fronte delle performance, oltre al progetto Residenze Digitali, prendo come riferimento Le Bal de Paris di Blanca Li e Cosmogony di Gilles Jobin, oltre all’ambito molto apprezzato delle esibizioni musicali. Ad esempio, artisti come Ariana Grande e Travis Scott hanno tenuto concerti su Fortnite, un’esperienza notoriamente complessa da gestire come piattaforma. Il mio background è sia visivo che interattivo, ma non prettamente informativo. Seguo un approccio moderno utilizzando il visual coding presente in molti programmi, il quale mi consente di gestire logiche complesse senza dover ricorrere al codice crudo.
In ogni caso, Humanverse sfrutta le architetture preesistenti della tecnologia e amplifica l’energia della modalità multiplayer, tipica delle dinamiche di Internet. Ciò consente di fruire il lavoro sia in remoto, in maniera ibrida (da casa e in presenza), che in modalità fisica. Tutte queste procedure contribuiscono a rendere unico l’intervento offerto da Humanverse.