PARMA – Dopo il successo dello scorso anno è tornato sul palco del Teatro del Cerchio di Parma lo spettacolo-racconto della vita di Lou Gehrig, campione di baseball. Uno spettacolo da one man show di e con Mario Mascitelli: un uomo solo in scena, come solo è stato il battitore Gehrig sul grandioso campo dello Yenkee Stadium per ben 2130 partite consecutive. L’attore interpreta il suo personaggio con doti istrioniche dando voce e corpo alla vita di un uomo dallo sguardo timido e dal coraggio leonino. La storia del campione è stata (ed è) comune per i tempi: genitori immigrati, giunti in America dalla Germania seguendo l’idea di libertà e prosperità. Costruita osservando il punto di vista intimo e personale del campione è una storia di affetti familiari: la madre, presenza silenziosa cui Lou si riferisce quasi sempre nello spettacolo, e per contraltare il padre, senza dimenticare la futura moglie e l’amico d’infanzia e di tutta la vita. Sono presenze fortissime, nonostante l’assenza fisica, richiamate dagli oggetti in scena (pressoché spoglia se non per le lenzuola bianche stese ad asciugare, memoria del passato e funzionali alle immagini). Voci mute che emergono dal buio col dialogo che Gerhig-Mascitelli compie grazie alla presenza di un telefono. Sono “voci di dentro”, corrispondenze d’amorosi sensi, coadiuvate dall’uso, sullo sfondo, di consumati filmati in bianco e nero che contestualizzano e, al tempo stesso, immergono lo spettatore nel clima degli anni Trenta. Scelta registica per dipingere il ritratto di un uomo straordinario come molti silenti protagonisti della Storia.
Lì di fronte un uomo-ragazzino che ricorda com’è nata la sua passione per uno sport inviso alla madre che lo voleva ingegnere e riporta le semplici regole base come solo un ragazzino può fare. Eppure l’attore che il pubblico ha di fronte è un omone ‘grande e grosso’ che si è trasformato davvero nel piccolo Lou: le piccole espressioni, i piccoli gesti, le piccole e timide ribellioni. Magia del Teatro. Capace di diventare adulto, andare al college, entrare nella squadra, essere scoperto dall’allenatore degli Yenkee e cominciare a percorrere la strada del successo. E il sogno da bambino diventa realtà: forza di un’America dove i sogni potevano diventare realtà, la terra delle possibilità. Diventa un’icona da figurina come era accaduto al suo idolo, Babe Ruth! Incontra la donna della sua vita, il matrimonio, la casa, le diatribe, umane e normalissime, tra moglie e suocera. Così raccontata la storia di Lou Gehrig sembra quella di un ragazzo fortunato. 2130 partite consecutive, tripla corona dei battitori dell’American League, 47 fuoricampo nella stagione del 1927, definito “il battitore numero uno del secolo” sul New York Time, il primo giocatore del ventesimo secolo a battere quattro fuoricampo in una partita il 3 giugno 1932.
Poi tutto si oscura e cala la penombra in scena e si percepisce il battito di un cuore Qualcosa sta accadendo, sta cambiando, spietatamente ed inesorabilmente. Lo spettacolo diventa amaro, doloroso, tanto da far curvare le spalle all’attore, da fargli rallentare la voce, prima vitale e allegra, per poi alla fine abbassarla. Un sintomo alla volta, una malattia pressoché sconosciuta al tempo e, per certi versi, ancora oggi, che lo porta via da tutti: fan, famiglia, amici. Una malattia che prenderà il suo nome, perché prima nome non aveva. Ironia della sorte, si direbbe. “Eleonor, dillo tu a mia madre e state vicine”. All’improvviso il palco si svuota. Non si sentono più voci, non si percepiscono più presenze ma solo la solitudine di un uomo di fronte alla malattia, palpabile a tutto il pubblico. L’attore e autore non ha più parole proprie da aggiungere alla storia che per cinque anni ha curato, cresciuto, amato e lascia, giustamente spazio all’uomo-Gehrig che si congeda, in video, dal mondo pubblico, con un commosso discorso che farà il 4 luglio 1939.
“Amici, nelle due ultime settimane sarete sicuramente venuti a conoscenza del difficile momento che sto attraversando, ma voglio dirvi che oggi mi sento l’uomo più fortunato della terra. (…) Quando tutti fino agli addetti del campo o quei giovani vestiti di bianco si ricordano di te perché hai vinto tanti premi, questo è fantastico. Quando avete una suocera meravigliosa che si schiera a vostro favore nei battibecchi con sua figlia, questo è fantastico. Quando vostro padre o vostra madre lavorano sodo per tutta la vita per darvi un’educazione o per far sì che voi possiate allenarvi in qualche sport, è una benedizione. Quando al vostro fianco avete una moglie forte che vi sostiene e che dimostra molto più coraggio di quello che abbiate mai potuto immaginarvi, è la cosa più bella che si possa desiderare. Quindi concludo dicendo che forse sto attraversando un brutto periodo, ma ho tantissimo per cui continuare a vivere”.
Lo spettacolo di Mario Mascitelli non è solo un progetto ben eseguito, ma anche sentito. L’attore ha unito tutto l’amore per le sue grandi passioni, il teatro e il baseball. Ma anche l’impegno sociale. Quando la passione e l’impegno sono tanti, e si ha una squadra che funziona, il risultato non può che essere davvero buono, dalla regia, alle luci, alla ricerca video, alle musiche.
L’ultima partita. La storia di Lou Gehrig, Teatro del Cerchio – Parma visto il 18 marzo 2017
di e con Mario Mascitelli, immagini Oscar Accorsi, luci e suoni Mauro Casappa
produzione Teatro del Cerchio – www.teatrodelcerchio.it