MALGA CIAPELA (Rocca Pietore, Belluno) – Lo sguardo è rivolto all’insù in attesa di salire nella cabina della funivia, che da Malga Ciapèla porta in pochi minuti fino ai 3000 metri di Punta Serauta, sulla cima della Marmolada. Sono istanti e non ore e ore di faticoso cammino nella neve e nei ghiacci, come accadeva cento anni fa per i soldati italiani e austriaci, mandati a combattere su queste cime impervie, dove oggi salgono comitive di turisti e sciatori, si possono vedere sbucare le marmotte da dietro i sassi mentre in cielo librano leggeri i corvi. Non si conosce cos’è la fatica mentre si prova una sana ebbrezza, resa possibile dalla vista panoramica che si perde a vista d’occhio: nelle giornate di cielo terso è possibile ammirare il luccichio della laguna veneta e il campanile di San Marco di Venezia. Sono gli occhi di persone libere, non certo quelli di chi era intento a scrutare incessantemente le postazioni nemiche, rischiando la vita per un colpo di baionetta, una raffica di mitragliatrice, o lo scoppio di un ordigno.
Ma non erano solo le armi che uccidevano: in realtà si contano poche vittime a causa delle ferite riportate. La neve e le valanghe travolgevano centinaia di uomini (220 austriaci furono travolti da una sola valanga il 13 dicembre del 1916), il freddo (temperature che arrivavano anche a meno 30 gradi sotto zero) e gli stenti patiti per le condizioni ambientali, facevano il resto. Tutto questo accadeva negli anni della prima guerra mondiale tra il 1915 e il 1917. Storie come quella del Tenente Flavio Rosso deceduto per lo scoppio di una mina insieme a 14 fanti i cui resti non sono mai stati trovati ma si presume che siano seppelliti sotto i detriti delle rocce.
Dove i soldati combattevano ora c’è un nuovo museo. Uno straordinario allestimento che comprende le sezioni di documentazione visiva, interattiva, storiografica e documentaristica, creato appositamente dall’architetto Claudine Holstein del G22 Projects Srl insieme ai grafici del Gruppe GUT. Un museo a tremila metri innovativo grazie all’ausilio di tecnologie avanzate per consentire al visitatore di immedesimarsi realmente nelle condizioni climatiche d’alta quota.
Da domenica 28 giugno, apre il nuovo Museo Marmolada della Grande Guerra, il più alto d’Europa e situato sulla cima più elevata delle Dolomiti. La Marmolada è il gruppo montuoso più imponente dell’intero arco alpino e non a caso denominata “Regina delle Dolomiti“. Situata tra la provincia di Belluno e la provincia di Trento, raggiunge i 3343 metri di Punta Penia. Il museo si trova alla stazione Serauta mentre il terzo tratto della funivia porta alla terrazza panoramica di Punta Rocca a 3265. Quassù il bianco accecante della neve fa da contrasto cromatico luminoso con il cielo azzurro se le condizioni meteo lo permettono. Oggi, Sabato 27 giugno 2015 è il giorno dell’inaugurazione solenne alla presenza dell’onorevole Franco Marini, Presidente della struttura di missione per il centenario della Grande Guerra, delle istituzioni civili e militari italiane e austriache.
A fare gli onori di casa Mario Vascellari presidente della Società Marmolada srl, colui che ha permesso la creazione del nuovo museo, ampliato e ristrutturato per celebrare nel 2015 la commemorazione del Centenario della Prima Guerra Mondiale, finanziato con un milione e 400 mila euro e affidato l’associazione “Museo della Grande Guerra in Marmolada Onlus” , che lo gestirà in comodato d’uso gratuito per venti anni. Lo si può visitare gratuitamente pagando solo il biglietto di andata e ritorno della funivia. Situato al centro della Zona Monumentale Sacra, a pochi passi dal ghiacciaio e dalle postazioni di guerra italiane e austro-ungariche, ancora agibili e visitabili, durante il periodo estivo. L’origine del museo risale al 9 giugno 1990 quando venne inaugurato su volere di Mario Bartoli e di Bruno Vascellari, due grandi precursori dei musei dedicati alla memoria dei Caduti nella Grande Guerra, a cui ancora oggi è dedicato. Il nuovo museo permette di entrare in contatto con la vita quotidiana dei soldati, che prima ancora di essere dei militari , erano degli uomini. Il valore aggiunto sta, appunto, nel concetto museografico ed espositivo scelto e realizzato con grande attenzione scientifica e cura. L’uomo al centro della vita militare e non il soldato e le battaglie. Una scelta etica che deriva dalla sensibilità femminile di chi lo ha progettato. L’architetto Claudine Holstein, Giuliana Boscheri coordinatrice del progetto, Cristina Busatta responsabile del progetto museografico, l’ideazione dei testi di Lucia Dellagiacoma, insieme a Alberto Burbello e Mario Fornaro. Un comitato scientifico composto anche da Alberto Curti (presidente del Museo), Luciano Soraru, (direttore del Museo), Attilio Bressan (vice direttore), Federica Millozzi (conservatrice storica), Gianpaolo Romanato (docente di Storia contemporanea), Gianrodolfo Rotasso (consulente storico).
Tralasciando quelli che sono gli aspetti prettamente militari, la visita permette di seguire un approccio narrativo che racconta la guerra dalla parte del soldato – uomo prima di tutto, e ha come finalità culturale l’impegno di mantenere viva la memoria storica del conflitto vissuto in alta montagna. Un percorso multimediale e multisensoriale che parte dalla realtà d’inizio Novecento, e prosegue nella quotidianità della guerra condotta in condizioni estreme tra rocce, neve, ghiaccio e temperature polari. Il filo conduttore di questo percorso è rappresentato da stralci di diario e lettere che descrivono il vissuto, l’interiorità e gli stati d’animo dei soldati. La parte principale del museo è costituita dalla rivisitazione di una trincea e da un tunnel espositivo che descrive le diverse realtà della guerra: la vita nelle baracche, gli aspetti sanitari, il duro lavoro e la lotta contro le forze della natura.
Si possono visitare le sezioni dedicate ai lavori di scavo, al soccorso dei feriti e alle cure mediche e alla vita nel ghiacciaio. Una vetrina contiene gli strumenti chirurgici utilizzati per le ferite: “Neve rosso sangue“, un titolo che descrive bene l’idea di come potesse essere labile la sopravvivenza a queste altitudini. i feriti se non soccorsi in tempo morivano anche per il freddo e l’assideramento. Il libro “La città di ghiaccio”, “guida agli itinerari e al Museo della Guerra 191518 in Marmolada, realizzato da Mario Bartoli, Mario Fornaro e Gianrodolfo Rotasso, (edizioni Publilux Trento). è un documento storico eccezionale che riassume gli anni della guerra sulla Marmolada. Mario Fornaro intervistato spiega uno degli avvenimenti più tragici accaduti tra le nevi del ghiacciaio: << I due eserciti si contrastavano per mantenere e rafforzare le rispettive posizioni e per farlo cercarono di arrivare alle linee nemiche scavando delle gallerie. Il 4 luglio 1917 gli italiani iniziarono a scavare una galleria di attacco alla Forcella Vu e il 21 settembre, 79 giorni dopo l’inizio dei lavori, caduto l’ultimo diaframma di roccia, un plotone del 51 esimo Fanteria, comandato dal Tenente Flavio Rosso conquistò la caverna superiore austriaca che era stata scavata, meritandosi la Medaglia d’argento al Valor Militare. Un tragico destino però lo stava attendendo. In una successiva azione sempre per raggiungere le postazioni nemiche, l’esplosione della contromina austriaca distrusse il fornello di mina che gli italiani che stavano preparando. Lo scoppio fece franare la roccia che seppellì il Tenente Flavio Rosso e i suoi 14 fanti del 51° Fanteria. I resti di questi uomini sono sicuramente sotto i detriti>>.
Nella visita al museo sono conservati degli oggetti appartenenti all’ufficiale decorato con la Croce al Merito, insieme ai suoi diari e alle lettere che scriveva ai suoi famigliari. In una di queste si legge: “…altro non ho da dirvi che stiate allegri e non pensiate a me che conservo il mio sangue imperturbabile”. Presenti alla cerimonia di inaugurazione ci sono anche i nipoti dello zio Flavio Rosso, Mino e Flavio che porta il suo nome. Portano con loro una lettera dello zio scritta alla madre che leggendola suscita una forte emozione. Cita tra gli altri il fratello più giovane: ” Sento che Claudio è entusiasmato per fare la guerra. Ditegli che è terribile per la fatica e il resto, ringraziate che della famiglia ci sono io solo, mentre nella mia compagnia ci sono quattro fratelli”. Un monito che non fu ascoltato e il fratello Claudio partirà pure lui per il fronte.
“Tornato a casa dopo la guerra morirà nel 1921 per una patologia polmonare contratta sul fronte di guerra – spiegano Mino e Flavio Rosso – e lui rappresenta uno dei tanti giovani di ogni schieramento a cui va il nostro ricordo, che su quelle montagne hanno combattuto e sofferto“. Due fratelli strappati alla vita per difendere la loro patria come scrive ancora il Tenente Rosso: “Finirà anche la guerra e torneremo a casa, se ritorneremo, vincitori e gloriosi d’esserci battuti e io contento di aver passato delle notti ad esplorare e cercare il nemico poiché sono esploratore”. Nel museo è possibile provare emotivamente ciò che provavano e vivevano i soldati. Si può entrare nel vivo dell’ambiente espositivo della trincea che illustra la realtà della vita in guerra. Dalle grandi vetrate, affacciate sul ghiacciaio e su uno spettacolare panorama (si possono vedere tra gli Il Sassolungo, Il Pordoi, il Monte Civetta), alcuni punti d’osservazione con cannocchiali permettono di vedere le principali postazioni di combattimento della Marmolada. Nel punto di giunzione dei due percorsi paralleli, l’esposizione prosegue con la parte dedicata allo spostamento del fronte, avvenuto alla fine del 1917, in concomitanza con l’ultimo anno di guerra. Segue un approfondimento sui primi mesi del dopoguerra, con la ricostruzione e il lento ritorno alla normalità.
Nella parte finale del percorso museale un’intera parete è adibita all’esposizione di documenti cartacei, sistemati in appositi cassetti che li proteggono dalla luce e dall’usura. Una delle testimonianze più suggestive e incredibili è la rappresentazione della “Città di Ghiaccio“, opera realizzata dal Tenente ingegnere Leo Hand che fece scavare, sotto la superficie del ghiacciaio, una rete di gallerie fin presso le postazioni più avanzate. In seguito, lungo queste gallerie, furono scavate, sempre nel ghiaccio, grosse caverne nelle quali gli austriaci montarono baracche di legno adibite a dormitori, magazzini, locali per ritrovo, infermeria che potevano ospitare fino a 200 uomini. Una “città” sotterranea dotata di 12 chilometri di gallerie profonde fino a 50 metri. Nel catalogo della mostra “Neve rosso sangue” capitolo “Le talpe nel ghiacciaio” viene descritta la realizzazione di un’opera unica nel suo genere e dotata di una sua toponomastica costituita da nomi come Kaffee Zentral, Kristallwand, Stephansdom, luoghi di Vienna la capitale austriaca.
L’ingegno dell’uomo per cercare di creare delle condizioni di vita il più accettabile possibile. Sacrifici impossibili da poter immaginare oggi se non con la coscienza di voler capire e studiare come è stato fatto in questo museo, esempio di lungimiranza voluta da privati che riconoscono il valore storico e culturale della Marmolada e dei suoi protagonisti. Un modo per onorare chi ha perso la vita, come è accaduto anche ad un soldato di cui non si conoscerà mai il nome. A spiegarlo è Dario Fontanive un fotografo che conosce bene la storia della guerra sulla Marmolada il quale ci indirizza verso il suo scopritore, Luca De Pellegrini, un dipendente della funivia.
“Nell’agosto del 2009 mi ero recato su una cresta per scattare delle fotografie quando ho intravisto tra la ghiaia spuntare fuori i resti di uno scarpone militare. Scavando con le mani ho estratto il moncone delle ossa di una gamba, il secondo scarpone, e mi sono accorto che c’era l’intero scheletro ben conservato di un soldato. Si tratta dell’unico ritrovamento intero di un alpino italiano sulla Marmolada ora conservato al Sacrario di Salesei vicino ad Arabba. Il soldato era stato colpito da una bomba che esplodendo procurava ferite mortali causate dai pallini di piombo ritrovati sui resti dell’uomo. Lo scheletro si è potuto conservare bene perché era stato sepolto da assi di legno. Proseguendo le ricerche con il metal detector abbiamo ritrovato anche una bombarda che ho portato a museo e scendendo a valle dal canalone ho rinvenuto una bomba che ho trasportato fino giù a Malga Ciapèla”.
Il paese da dove partivano gli uomini soldati per salire alla Marmolada e molti di loro non sarebbero mai più tornati indietro.
www.museomarmoladagrandeguerra.com Visite guidate: su richiesta viene fornita una guida per visitare il museo, le trincee e le gallerie. Obbligatoria la prenotazione: tel. +39 0437 522984 – info@museomarmoladagrandeguerra.com
Il museo MARMOLADA GRANDE GUERRA 3000 m è visitabile sia d’estate (giugno-settembre) che d’inverno (dicembre-aprile) secondo l’orario dell’esercizio funiviario. Durante la stagione estiva 2015 il museo sarà aperto da domenica 28 giugno a domenica 13 settembre, dalle ore 9.00 alle ore 16.00. L’entrata al museo è gratuita, a pagamento la salita in funivia fino a Punta Rocca, con riduzioni per ragazzi e gruppi . Oltre al museo, il prezzo della funivia include la visita alla Zona Monumentale Sacra, alla Terrazza Panoramica e alla Grotta della Madonna.
Programma degli eventi culturali:
18.07.2015 ore 11,00 – Spettacolo teatrale “ Il fuoco sotto la neve” di e Paola Rossi, al Museo Marmolada Grande Guerra -2.tronco funivia Serauta Malga Ciapèla
25.07.2015 ore 11,00 – Presentazione libro ”1915-1916 Kaiserjäger in Marmolada” a cura di Marco Girotto, al Museo Marmolada Grande Guerra -2.tronco funivia Serauta Malga Ciapèla.
05.09.2015 ore 11,00 – Presentazione libro “La città di Ghiaccio” a cura di Mario Fornaro di Gian Rodolfo Rotasso e Mario Bartoli, al Museo Marmolada Grande Guerra