VOLTERRA (Pisa) – Le nubi minacciose di pioggia apparse sul cielo plumbeo riversando a terra scrosci d’acqua hanno spento le voci degli attori de “Dopo la tempesta. L’opera segreta di Shakespeare”. E le parole di Shakespeare, ricomposte e autografe di Armando Punzo, parevano materializzarsi plasticamente: “Mai una bufera così violenta ha scrollato i nostri bastioni. Se sul mare ha avuto la stessa furia, quali fianchi di quercia saranno rimasti uniti a quelle montagne disciolte, la flotta è dispersa, i flutti mugghiando sembrano sferzare le nuvole e sollevati dal vento, i cavalloni dalle irte e mostruose criniere sembrano scollare acqua sull’ardente orsa e annegare le sentinelle dell’immobile polo. Non ho mai visto un mare così tempestoso, la flotta è certamente affondata, non avrà resistito a questa bufera, la tempesta si è abbattuta terribile su di noi e ha fatto fallire i nostri piani” (Otello Atto II/Scena). La pioggia battente e implacabile ha costretto l’interruzione dello spettacolo in scena in quel momento nel cortile della Fortezza. Gocce come tante frecce piombate dall’alto sulla sabbia della scena, bagnavano le oltre 200 croci di legno oblique, disposte a formare un groviglio intricato che sembravano catturare senza scampo in una ragnatela, i personaggi che popolano le trentasei opere del drammaturgo inglese. Prigionieri del loro stesso autore.
E L’opera segreta di Armando Punzo diventa così la trentasettesima. «Il risultato di un lavoro enorme di rilettura di tutte le commedie di Shakespeare in cui sono potuto entrare con altre storie. L’elaborazione che ne ho tratto – spiega il regista – si basa su segni non identificabili fino in fondo e i personaggi che appaiono non devono avere un’identità completamente riconoscibile. Dallo studio dell’anno scorso (Shakspeare Know Well) l’intento è stato quello di non trasformare la struttura originaria in qualcos’altro ma di farne una versione rarefatta rispetto alla messa in scena del 2015. Non potevamo fare altrimenti perché la resistenza che abbiamo incontrato nel testo era enorme. Ho pensato ai personaggi, come nel caso della coppia Desdemona e Otello, di affidare loro solo una frase della drammaturgia originaria, per rappresentare il numero di tutte le coppie presenti nelle opere teatrali; pensando all’universalità di tutti i personaggi. Abbiamo scelto di riscrivere per sottrazione e insieme agli attori ( della Compagnia della Fortezza, ndr), abbiamo riveduto tutto, trovando nuove voci e nuovi monologhi. La soluzione che ho cercato è quella di far rimanere da solo Shakespeare quando vengono strappate le pagine del libro della Vita e i suoi personaggi sparire per sempre. Sanno che gli è stato tolta la loro possibilità di agire in futuro. Potranno esclamare le loro parole e recitare le loro scene per l’ultima volta. Shakespeare ci consegna un’umanità persa nelle sue trame, inconsapevole di questa condizione e impossibilitata a trovare una via d’uscita» .
La scelta di Armando Punzo è quella di «mandare definitivamente all’aria ogni forma, ogni esercizio, dispositivo, per dare vita ad uno spettacolo che si confronti con tutta l’opera di Shakespeare e con l’eredità filosofica che rappresenta. Non mi interessa il soggetto, ma la sua ombra. Dei suoi personaggi e intrighi che copiano la vita e le danno concretezza, mi interessa il non detto, il mancante, l’aspirazione a un’altra esistenza. L’ombra è l’altra faccia della medaglia, è il negato, il personaggio mancato da riscrivere per sottrazione, è il soggetto invisibile. Il teatro che rincorre la realtà, che ricopia quello che è già accaduto non ha più senso farlo. Il teatro che replica l’esistente è inutile quando la realtà, al contrario, è già una voce, una testimonianza che si amplifica fino a formare una versione teatrale che aggiunge».
Enrico VI, Tito Andronico , La commedia degli errori, La bisbetica domata , I due gentiluomini di Verona, Pene d’amor perdute, Sogno di una notte di mezza estate , Romeo e Giulietta, Riccardo II , Re Giovanni, Il mercante di Venezia , Enrico IV, Giulio Cesare , Molto rumore per nulla, Come vi piace , La dodicesima notte, o quel che volete , Le allegre comari di Windsor , Amleto , Troilo e Cressida, Tutto è bene quel che finisce bene, Misura per misura ,Otello , Re Lear , Macbeth , Antonio e Cleopatra , Coriolano , Timone d’Atene , Pericle, principe di Tiro , Cimbelino , Il racconto d’inverno , La tempesta , I due nobili congiunti , Enrico VIII.
Il regista e gli attori in completa autonomia hanno scelto di attraversare, titolo dopo titolo, l’intero universo che appare in scena, dove al centro della scena appare un letto e una poltrona, libri e vassoi di coppe, quelle coppe che lui cercherà di utilizzare invano per brindare con due delle donne che rappresentano le figure femminili, vestite con abiti moderni rispetto ad altre, come Desdemona e una regina che appare nel suo nero luttuoso dal viso celato da un velo. Appare e scompare. Entrano sulla scena gli Spiriti (Punzo scrive riferendosi all’analisi critica delle opere: “I suoi spiriti sono il timido tentativo di dare vita a possibilità ancora inespresse, in-esistenti, non ancora osservabili nell’uomo, ma che in qualche modo avvertiva”). Avanzano altri personaggi sulla scena che invece sono dentro di lui: Shakespeare/Punzo. Sulle pareti della stanza/teatrino “Renzo Graziani” (il direttore del carcere che per primo credette nel progetto di portare il teatro dentro le mura della Fortezza), il luogo dove gli attori e il regista ogni giorno si ritrovano per discutere dell’esito delle prove e delle repliche, su un foglio appeso ad uno specchio c’è scritto: “Inferno nel buio /le anime sono trascinate da una bufera incessante e nell’aria si odono lamenti”.
Sono forse i lamenti di chi è destinato all’oblio eterno e alla mancata realizzazione di quello che ancora scrive il regista contestualizzando il perché abbia scelto di «tradire la forma che Shakespeare ci ha consegnato – come – l’unica possibilità che ci è data. Gli è mancata quella forza creativa che lo portasse a guardare oltre l’esistente, oltre quello che sembrava l’esistente. Non ha avuto fiducia, non ha saputo creare un altro uomo che sentiva forte in sé, ma che non aveva ancora forma.» Vedendo la rappresentazione si capisce come Punzo abbia concepito l’idea di rappresentare visivamente «Personaggi come fuori scena, in attesa, ascoltano echi lontani della vita che li vorrebbe attirare a sé, risucchiarli in una vertigine insostenibile».
Lui Shakespeare è smarrito e impaurito di se stesso, lui che in aveva dato così tanta vita agli altri, ora lo abbandonano tutti, come fa anche Re Enrico (l’attore Lucian Tarara) quando li urla: “Vattene, scava tu stesso la mia tomba. Getta in aria un altro cranio. Getta in aria un altro cranio. Un piccone e una vanga, una vanga e poi un sudario, è bello fare un buco di fango per un ospite così raro! L’età coi suoi passi furtivi nei suoi artigli mi ha afferrato/ nella terra mi ha spedito come se non fossi stato quello che ero. Getta in aria un altro cranio. Getta in aria un altro cranio “. (Enrico IV parte prima/atto IV/ scena V). La struttura drammaturgica laddove non sono state scelte parti di opere segnate da indicazioni bibliografiche precise, è stata costruita ricomponendo frammenti verbali di personaggi o di opere differenti, e di conseguenza il risultato è autografo. Si ascoltano cosi voci che sono la somma di più personaggi e gli attori recitando danno vita a più ruoli e drammi Shakespeariani, per ottenere un’opera totale che stravolga il canone occidentale di cui anche l’autore è stato inventore.
Video de Dopo La Tempesta (riprese video di Lavinia Barone)
Dopo la Tempesta vuole svelare, indagare, interrogare, alla ricerca di quel mistero che si nasconde nello spazio vuoto tra le parole, dove, forse si nasconde il testo segreto. Shakespeare/Punzo si guarda allo specchio nel tentativo di trovare le risposte che cerca. Un uomo in ginocchio a mani alzate verso il cielo pare voglia invocare un intervento divino. Dalle sue mani filtra la sabbia che ricade lenta a terra, come fosse una clessidra che scandisce lentamente il tempo. Ineluttabilità di un destino soccombente che sta per trascinare tutti verso una fine inarrestabile. Macbeth, Romeo e Giulietta, Lady Anna, Riccardo III, Calibano, Pericle Principe di Tiro, Re Lear e Riccardo II, affollano la sua mente e compaiono ad uno ad uno, esseri portanti della fantasia di quella che fu la civiltà da lui descritta, e il precursore di tutte le rappresentazioni dell’essere umano in cui albergano le virtù, le passioni, le debolezze, sospinte verso il desiderio di trovare una loro collocazione.
L’immaginario prende forma nelle parole che tutti gli attori interpretano con dolenti voci: uomini che cercano disperatamente di sopravvivere. Lo implorano e lo accusano. Fabio Valentino è un Calibano che irrompe sulla scena con un’energia che scuote l’aria: “Appena arrivato mi accarezzavi/Mi davi acqua con dentro i mirtilli/Mi insegnavi a nominare /La luce grande e quella piccola/Che bruciano di giorno e di notte/Allora io ti amavo/E ti mostravo tutte le qualità dell’isola/Le sorgenti di acqua dolce/Le fosse d’acqua salata/I luoghi sterili e quelli fertili/Maledetto me per averlo fatto/Vermi, sangue e croci ti cadano addosso/Resta cane e ascolta!/Vi roda la peste rossa/Per avermi insegnato la vostra lingua/Mi avete insegnato a parlare come voi/E quel che ho guadagnato è questo: ora so maledire./Io che prima ero il re di me stesso, /ora sono tutti i vostri sudditi/E voi mi stipate in questa dura roccia/Da tutto il resto dell’isola mi escludete” (da Calibano La Tempesta), e ancora con tutta la sua foga esclama: “Maledetta la mano che aprì queste ferite! Maledetto il cuore, che ebbe il cuore di farle! Maledetto il sangue che versò questo sangue! Le ferite aprono le loro gelide bocche e sanguinano nuovamente”. ( dal Riccardo III)
La malinconia che traspare dalle parole interpretate da Salvatore Altieri e sottolineate dalle note struggenti della musica originale composta da Andrea Salvadori: “Pericle Calmate la vostra ira… infuriate stelle del cielo!/Vento, pioggia e tuono,/ Ricordate che l’uomo terreno è sostanza che a voi per forza cede/ ed io, come si addice alla mia natura, vi obbedisco!/Le onde m’hanno gettato sugli scogli,/ e trascinato di costa in costa, lasciandomi respiro/ solo per pensare alla mia imminente morte./ La gloria del vostro potere mi ha privato di ogni mia fortuna,/ scagliato fuori dalla vostra acquorea tomba, io non cerco altro che d’aver morte in pace. Quello che sono stato l’ho dimenticato (…) (da Pericle Principe di Tiro (Atto II/ Scena I)
Ma è la voce di Punzo che apre lo spettacolo a risuonare sinistra e fatale: “Come dal punto in cui risplende il sole scoppiano tempeste/che fanno naufragare le navi, e orrendi tuoni/ così da quella fonte da cui pareva nascere il conforto/ trabocca lo sconforto” (dal Macbeth Atto I scena II/ Capitano). Entra un re e indossa sulla testa una corona capovolta. Il suo regno è perduto e ogni resistenza è vana. I due pugnali tra le mani cercano di fendere il nulla, un nemico invisibile e ogni sforzo per non arrendersi è vano. Li vanno incontro cinque re, sono Spiriti e il loro lento incedere regale incute timore e paiono essere giudici che conducono al patibolo quel re traditore. Tutto fa pensare al dramma di Macbeth, dove la musica che accompagna il lento corteo è drammaturgia musicale a sostegno di un’azione fisica recitativa. Andrea Salvadori coglie le intenzioni registiche e ricrea un’atmosfera cupa e dolente, il cadenzare dei timpani e il suono squillante e penetrante della tromba, in una tonalità in do a cui si aggiunge un frammento dal Coro dei sicari tratto dall’opera lirica Macbeth di Giuseppe Verdi. «L’ispirazione quando compongo – ci spiega l’autore – non accade per caso, devi esserci, devi cercarlo, non accade per caso e se tu stai cercando qualcosa è allora che arriva. Le cose poi si compongono da sé, si autoproclamano. Quello che accade qui nella Fortezza non accade da nessun’altra parte».
Non resta che la voce di Ivan Chepiga che dall’alto di un scala parla a Lui Shakespeare/Punzo immedesimandosi nei personaggi di Giulio Cesare, Re Lear, Enrico VI, Troilo e Cressida, Antonio e Cleopatra (composizione autografa) per capire che tutto sta per finire: “Il sole è tramontato, finito è il nostro giorno, le nostre azioni sono terminate. Ti conosco bene, anche se non ti ho mai visto. Nulla mi è nascosto. Tu non possiedi specchi tali da riversare nel tuo occhio il tuo valore nascosto, da farti vedere la tua ombra. Io, il tuo specchio, mostrerò a te stesso quello che di te non conosci. L’universo mondo è addormentato, tutta la mole della terra si muove come una cosa malferma, qui è il mio spazio, i regni sono argilla. Mai, fino ad ora, avevi attraversato un uragano che fa piovere fuoco. In cielo si combatte una guerra civile. Corvi, cornacchie e avvoltoi volano sulle nostre teste, le loro ombre sembrano un fatale baldacchino, sotto il quale sta il nostro esercito. Noi tutti combattiamo lo spirito e nello spirito degli uomini non c’è sangue. Combatte come se fosse stanco della vita. Che sappiano osservare come lui, io so bene cosa dice. Chiunque ti aiuti, sei tu che devi aiutare me, per te brucia il mio desio.
(Composizione di Andrea Salvadori: Sinfonia di Rosa, eseguita nel finale di Dopo la Tempesta. L’opera segreta di Shakespeare)
Sei diventato un estraneo che non conosce nessuno. Non roviniamo il tempo con parole. Io non parlo di fuga, di paura o di morte, no, io guardo in faccia quello che viene ora. Restare è impossibile. Non c’è un dopo e il domani era un giorno come oggi. Tu devi scoprire un nuovo cielo, una nuova terra. Tra le vuote occhiaie della morte, io intravedo la vita. Una parte di me resta con te, è una parte che rinuncia a se stessa. Come se il mondo dovesse cominciare solo ora.”
Il mondo deve ricominciare un’altra volta e ogni giorno dentro la Fortezza accade tra uomini che nel corso della loro esperienza di vita hanno incontrato la possibilità di riconquistare un ruolo ben più importante di quello di essere un semplice attore. La città ideale passa anche da qui dentro.
Compagnia della Fortezza
Dopo la Tempesta L’opera segreta di Shakespeare
regia e drammaturgia Armando Punzo
musiche originali e sound design Andrea Salvadori
scene Alessandro Marzetti, Silvia Bertoni, Armando Punzo
costumi Emanuela Dall’Aglio
aiuto regia Laura Cleri
movimenti Pascale Piscina
assistente alla regia Alice Toccacieli
foto di scena Stefano Vaja
Con gli attori della Compagnia della Fortezza Salvatore Altieri, Sebastiano Amodei, Vincenzo Aquino, Mohammad Arshad, Andrey Ayala, Saverio Barbera, Nikolin Bishkashi, Pellumb Brhama, Rosario Campana, Maxwell Caratti, Roberto Cecchetti, Giuseppe Centamore, Ivan Chepiga, Giuliano Costantini, Ismet Cuka, Pierluigi Cutaia, Davide Demichele, Raffaele De Moro, Gianluigi De Pau, Luigi Di Giovanni, Amar Papa Diouf, Oktavian Dumitru, Nicola Esposito, Mohammed Essalmi, Vincenzo Fagone, Alban Filipi, Pasquale Florio, Massimo Fruttidoro, Heros Gobbi, Arian Jonic, Ibrahima Kandji, Nasser Kermeni, Kujtim Kodra, Giuseppe Lamacchia, Carmelo Dino Lentinello, Hai Tzen Lin, Matteo Macchiarelli, Domenico Maggio, Antonino Mammino, Massimo Marigliano, Paolo Marino, Gianluca Matera, Gaspare Mejri, Edmond Parubi, Emidio Paolucci, Marian Petru, Antonio Pilato, Ciprian Putanu, Hamadi Rezeg, Vincenzo Rubino, Tip Saiw Sai, Alvaro Sapana, Mario Serban, Vitaly Skripeliov, Lucian Tarara, Luciano Testa, Massimo Torre, Fabio Valentino, Alessandro Ventriglia, Sinan Wang, Tony Waychey, Qin Hai Weng, Antonio Zambo
e con Elisa Betti, Eva Cherici, Gillo Conti Bernini, Giulia Guastalegname, Francesco Nappi, Francesca Tisano, Gregorio Mariottini, Marco Piras, Andrea Taddeus Punzo de Felice, Tommaso Vaja
Visto alla Fortezza Medicea di Volterra il 26 luglio 2016
festival VolterraTeatro 2016
Repliche fino al 29 luglio ore 15
Sabato 30 luglio ore 21 ultima replica al Teatro Florentia di Lardarello
Letture consigliate: paperstreet e PAC
Shakespeare e Punzo, “Dopo la tempesta” l’utopia tiene per mano il futuro