MILANO – Ci sono pochi piaceri che ancora può concedersi, l’assiduo frequentatore delle sale teatrali milanesi spesso disorientato dall’abbondanza di un’offerta, che, se per un verso è garanzia di pluralità e vivacità culturale, dall’altro rischia di travolgerlo; uno di questi resta il gusto di poter assaporare uno spettacolo di certo ben fatto quale “Sketches & Short Plays”. Liberamente imbastito a partire da quegli scritti brevi di Harold Pinter, in cui già si potevano indovinare i germi dei personaggi delle sue opere maggiori – o le tematiche, che, via via, lo avrebbero accompagnato nella produzione drammaturgica di una vita intera -, lo spettacolo porta in scena preziosi cammei di satira e riflessione, dal graffiante scorcio su alienazione e ribaltamento delle dinamiche di potere nel mondo del lavoro, come nel caso di “Trouble in the works” (datato 1958), “Applicant” (1959), “Special Offert” (anch’esso 1959), a momenti d’indagine psicologica (“Night”, 1969; “Problem”, 1976; “Victoria Station”, 1982) o di riflessione sulla maturità (“Black and White”, 1961) – o, ancora, sulla labilità della memoria (“Sorry abouth this”, 1999), piuttosto che sulla sua poetica persistenza (“Voices in the tunnel”, 2001) -; in tutti questi shorts siamo accompagnati per mano in un viaggio che di rado si ha occasione di fare, all’in fuori di percorsi guidati quali quelli delle accademie.
Già perché “Sketches & Short Plays” è un progetto che nasce dalla sinergia di più forze: la regia è di Maurizio Schmidt, che, oltre che drammaturgo, attore, curatore di progetti internazionali e co fondatore, con Elisabetta Vergani, di Farneto Teatro, da anni si distingue come insegnante di recitazione alla Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi, di cui è stato anche direttore, nel biennio 2007/2009; mentre, in scena, cortocircuitano Marco Sgrosso ed Elisabetta Vergani della storica compagnia Le Belle Bandiere e la giovane compagine dei Tano e l’ora d’aria, alias Tano Mongelli, Bruno Bassi, Lorenzo Attanasio, Carlo Amleto Giammusso, parte dei quali diplomati presso la suddetta accademia milanese e, qui, a duettare, nella versione rock band live.
L’idea è semplice: 50 anni di Pinter, che poi sono anche 50 anni di storia del secolo breve; ed ecco che la regia di Schmidt li scandisce in un crescendum cronologico fra sketch, che affondano il fendente in una parodia farsesca di quelli che furono, via via, alcuni topoi della cultura occidentale e graffianti pezzi rock, che ce ne restituiscono il sapore, ripescando nella memoria musicale collettiva attraverso lo spostamento dell’emozione su un livello differente. Dalla psicanalisi alla massificazione, dalle prese di posizioni sindacali fino ai moderni metodi di selezione del personale, dalle paure complottistiche durante l’epoca della guerra fredda fino alla difficoltà relazionale, ci restituisce lo spaccato di un mondo sempre più particellizzato e individualista, dominato-ma-intimorito dai nuovi strumenti di comunicazione, rampante e arrivista e, alla fine, soffocato dal suo stesso consumistico benessere. Non una semplice giustapposizione, però: la musica – cantata e suonata dal vivo, valore aggiunto – non fa solo da fil rouge, ma disegna l’ordito emozionale delle azioni sceniche, modulandosi per volume, intensità, ritmo – talora in un crescendo quasi parossistico, talaltra in un sibilo quasi impercettibile, capace di tacersi, all’occorrenza, o di riprodurre perfino le più anonime cacofonie di quella modernità, che sembrava promettere chissà quali prodigi.
E se i ragazzi sono generosi nell’alternarsi fra voce, basso, chitarra, tastiere e batteria, ma poi anche nell’affiancare Marco Sgrosso ed Elisabetta Vergani nella recitazione, sono proprio questi ultimi a far decollare lo spettacolo. Perché anni di carriera non possono certo passare senza lasciar traccia e neppure lo può, una formazione totale e totalizzante, radicale ed esigente come quella di Sgrosso alla scuola di Leo De Berardinis. Un attore eccezionale, Sgrosso, a tutto tondo: uno di quelli che difficilmente si vedono in giro; un attore che ogni regista, credo, vorrebbe avere fra le mani, consentedogli di sbalzare dal drammatico al caricaturale, dall’istrionico al grottesco – genere, questo, quando mai sdruciolevole e di difficile interpretazione nell’equilibrio millimetrico della giusta misura -, con una capacità di modulazione vocale e una mimica tali da renderlo ugualmente credibile tanto nei panni del taciturno e quasi reticente taxista siciliano, quanto in quelli della surreale vecchietta svampita in “Black and White”. Senza nulla togliere alla non meno versatile Elisabetta Vergani – e ai ragazzi di Tano, la cui di gran lunga più fresca esperienza, però, risaltava al cospetto delle certo più consolidite professionalità dei due attori -, uno spettacolo del genere in tanto è in grado di reggersi, in quanto possa contare su un carisma e una abilità attorale di questo calibro. Acuta, anche la regia di Schmidt .
Filippo Del Corno, assessore alla cultura del Comune di Milano, presente in sala la sera della Prima, sulla sua bacheca di Facebook, da privato, ma privilegiato spettatore, l’indomani scriveva: “Bravissimi interpreti e una regia semplicemente perfetta”, che ci accompagna, senza falsi pudori, mostrandoci perfino i cambi scena, pur nella penombra incerta e sovrastata dalla musica, quasi a chiamarci a testimoni del disvelamento del progetto, che si dipana nella mente del regista. E poi quei due contributi video, per farcelo vedere de visu, il viso e il pensiero di colui che pulsa dietro a quegli short.
Ecco cosa ci accompagna a casa, all’uscita da teatro: l’emozione di aver finalmente visto uno spettacolo bello e cioè ben fatto, intelligente, capace di raccontarci qualcosa di quello che siamo e siamo stati negli ultimi decenni, ma, soprattutto, di ricordarci cosa sia il teatro e perché continuiamo a tornarci. Perché è un grande gioco, che ha le sue regole, ma che, a saperlo fare, sa più che intrattenerci: sa divertirci, emozionarci, farci riflettere e, soprattutto, attivare quei meccanismi empatici, che ancora ci fanno battere forte le mani, quando vediamo qualcuno che sa farlo proprio bene, il suo mestiere.
Visto al Teatro Out Off di Milano, il 26 settembre 2017. In scena fino a domenica 1 ottobre