Recensioni — 28/12/2016 at 15:33

“Made in China” e i postcards di Van Gogh alla ricerca di un senso

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PONTEDERA (Pisa)- Delicato affresco a tenui /forti tinte e insieme graffianti metafore per parole suoni ed immagini, questo Made in China scritto e diretto da Simone Perinelli e interprete insieme  a Claudia Marsicano (in lizza per l’UBU come miglior attrice under 35), si confronta con una ideazione tanto originale quanto di impervia tessitura drammaturgica e  registica. Cosa c’entra l’opera ed il pensiero di Vincent Van Gogh, ripercorso attraverso le parole di alcune fra le sue numerose lettere al fratello Theo, con la mentalità contemporanea del manufatto nell’era della riproducibilità ( e sostituibilità tecnica),sia di schegge di vita che pseudo mode cinesi a pochi euro?  Ad una prima impressione appaiono come due universi nemmeno paralleli ma appartenenti a due spazi-tempo incompatibili, categorie dello spirito incomparabili. Eppure è proprio questa contaminazione per magari un po’ contorte vie dell’assurdo di associazioni mentali, che l’autore sceglie con non poco coraggio di percorrere l’incontro paradossale. Del postcard cioè dell’immagine da cartolina illustrata riviviamo fin dalla prima scena calata dentro uno spazio vuoto in bianco e nero il fantasma della (improbabile) donna cinese col suo ombrellino di carta-che fatto vorticare, in assetto minimalistico, accenna al giallo dei girasoli delle tele, trascina la sedia della casa del maestro immortalata da tele fra le più battute a milioni di dollari nelle aste mondiali, con un sorriso stereotipato e una gestualità ipnotica straniante.

Simone Perinelli

 

Poi le cose si complicano ed è sempre più difficile afferrare almeno ad un primo livello logico-semantico, il senso dell’operazione. Ci troviamo a dover partecipare scendendo dentro i diversi quadri che scandiscono il lavoro, via via sempre più a livello emotivo e fantasmatico. Una volta abbandonate le logiche aristoteliche, ci si può incamminare dentro un doppio sistema di segni che coincidono con la performance vocale e fisica dell’attore-autore col suo microfono ad asta da un lato del palcoscenico: è Vincent Van Gogh col suo delirio monologante dal manicomio di Saint Remy in dialogo cartaceo col fratello, le sue allucinazioni visive e sonore, la frenesia dell’acme pittorica degli ultimi lavori ad Arles in Camargue. Dall’altra la donna cinese che sciorina a sua volta perle di saggezza da rivista o TV di basso target economico discettante di regole per il perfetto selfie e il perfetto ordine della casa fra spazi e colori abbinati secondo il feng shui. Il collante fra i due diversi deliri, i due diversi setting: quello creativo, pulsante del genio solitario occidentale e quello della chiacchiera popolare da tinello, da pseudo cultura del nuovo un po’ Kitsch un po’ fascino dell’esotismo a tutti costi e a bassi prezzi, copia di copie, conduce al tema dell’autoritratto, fil rouge dei diversi piani di contatto fra le due poetiche ( e pratiche) indistricabili sul piano della comparazione razionale.

 

Claudia Marsicano foto di Simona Fossi

Non è chiaro quanto il testo ed il pretesto confondano le linee guida dello spettacolo: Perinelli ha un’ottima presa sulla scena, il registro stilistico è in continua oscillazione tra i due mondi, l’alto ed il basso; la ricerca spasmodica dentro un sé drammatico che sprofonda nello scavo autoreferenziale, nei fumi dell’auto rappresentazione allo specchio dell’artista e quello di pura superficie, seriale della vulgata dell’essere per comparire, dell’esistere in quanto social in quanto autoscatto dell’hic et nunc. Non si comprende bene  se la drammaturgia rifletta una critica alla società di produzione seriale cinese (dentro uno dei siparietti un occidentale chiede un orlo ad un vestito a poco prezzo in poco tempo), il tenutario uccide il suo lavorante che non rispetta i tempi : sì, ma quali? Ma davvero Van Gogh si può considerare un operaio-artista o piuttosto un outsider nato dalla unicità della sua stella (vedi gli ultimi capolavori, le ultime pennellate con corvi cui si accenna nella storytelling con Donna Cinese poco prima dell’exitus?). E l’assimilare le riproduzioni – i postcards delle opere del genio olandese alla capacità del mercato di riprodurre serialità a bassissimo costo per un turismo di massa mondiale che espone in salotto o in tinello copie di copie, rispetto ad un mercato Sotheby’s che vende gli originali a prezzi che potrebbero salvare per fame bambini di mezzo mondo, può c’entrare? Forse. Tuttavia è altresì vero che il sacro fuoco che domina artisti o scienziati niente ha a che vedere col commercio né la gloria-la loro. Perché ai geni, sani o malati che siano (il fisico Stephen Howking è sano o malato?), che portano avanti anni luce la coscienza e scienza di mondi come il nostro globalizzato, dovremmo solo essere grati. Il finale è aperto. E ciascuno arredi il proprio salotto come vuole. E soprattutto, come può.
Drammaturgia Simone Perinelli. Con Claudia Marsicano e Simone Perinelli. Aiuto regia e consulenza artistica Isabella Rotolo. Regia Simone Perinelli. Musiche originali Massimiliano Setti. Disegno luci Marco Bagnai. Produzione Fondazione Teatro della Toscana
Visto a Pontedera, Teatro Era, il 18 dicembre 2016

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