La ricchezza e la varietà dei temi impliciti, presenti nella figura di Antigone.
RUMOR(S)CENA – MILANO – Non avevo avuto modo di assistere all’Antigone che Arianna Scommegna aveva interpretato con la regia di Gigi Dall’Aglio, e mi stimolava vedere una delle più apprezzate attrici della sua generazione cimentarsi con quella figura. Forse mi aspettavo un patch work di testi di autori (da Jean Anouilh a Bertolt Brecht, a vari altri, contemporanei), che hanno affrontato quel personaggio; anzi, quel topos esistenziale ed etico, costituito da Antigone.
Ho assistito, invece, a qualcosa di più e di diverso, e ho impiegato un po’ di tempo per entrare in sintonia con la logica dello spettacolo. Al tema portante, cioè il contrasto tra la legge degli uomini e quella degli dei, Maddalena Giovannelli – una filologa classica da sempre impegnata in ambito teatrale – ha aggiunto una serie di argomenti che si direbbe scavalchino duemilacinquecento anni di storia e di civiltà, e sembrano riferiti alle vicende che leggiamo oggi sui giornali: la censura e la repressione della libertà di opinione; l’ipocrita, menzognera arroganza del potere, giungendo a paragonare – quasi a sovrapporre – all’eroina sofoclea, figure del nostro tempo, come Anna Politovskaja, o la meno conosciuta, ma non meno eticamente e politicamente impegnata Cristina Cattaneo, di professione medico legale, che da tempo si dedica con abnegazione al riconoscimento dei cadaveri dei migranti che il mare continua a restituire, all’unico scopo di rendere loro un’identità cancellata, una dignità conculcata.
In questa appassionata operazione Arianna utilizza senza risparmio l’ampio ventaglio dei registri espressivi del suo repertorio, senza timore di andare a volte sopra le righe, ricorrendo anche alla propria sperimentata abilità di vocalista (ereditata dal padre, Nicola Di Bari) ancorché non spesso utilizzata, qui sostenuta dalle intriganti musiche originali eseguite al pianoforte da Mell Morcone. Forzando la sobrietà propria del teatro greco, non si perita di evocare il ribrezzo che può ispirare un cadavere ormai decomposto, col quale stabilisce, senza pudori né remore, un contatto amorevole, fisicamente femminile.
Forse, anche dopo aver cercato di capire e accettare la logica del progetto drammaturgico, avrei preferito che le fonti novecentesche (riportate peraltro nel programma di sala: Walter Hasenclever, Jean Cocteau, Marguerite Yourcenar, Elsa Morante, Maria Zambrano) venissero di volta in volta dichiarate: troppo spesso chi scrive di teatro dimentica che una frase citata ha un significato compiuto solo laddove se ne conosca l’autore e il momento storico in cui è nata. Ciò nulla toglie al valore etico ed educativo dello spettacolo di Maddalena Giovannelli e Arianna Scommegna: una vigorosa perorazione etica sulla libertà di coscienza, sui diritti umani conculcati, ancora oggi, sotto ogni latitudine.
Visto al Teatro Litta di Milano il 13 maggio 2023