RUMOR(S)CENA – NAPOLI – Accade a volte che, suggerito da una telefonata o da un incontro quasi fortuito, si vada alla scoperta di un progetto nascosto tra i rumori di una città che moltiplica e somma verso un infinito rappresentare e ospitare ortodossie ed eresie del teatro. È avvenuto così l’incontro, così la scoperta. “Edipo. Corpo Di Sangue. Processo II. Pentesilea”, evento conclusivo della Masterclass sulla relazione suono-corpo che Andrea Cramarossa ha costruito, o meglio va costruendo lavorando da tempo sulle pagine di “Edipo Re. Una teoria di rappresentazione del dramma 1964” di Hermann Nitsch (Edizioni Morra, Napoli, 2001) concedendosi e concedendo a chi vi partecipa, qualche “esperienza immersiva” che contribuisca a dare corpo al percorso. Ramingo l’artista si aggira per spazi e suggestioni, lasciandosi affascinare dai suoni, dalle voci, dai gesti. A Napoli la sosta della masterclass si è rivelata in un paio di incontri con otto tra uomini e donne venute a vedere e ascoltare. Non spettacolo, non racconto, ma piuttosto emozione che lega gli attori ed i performer con quel loro pubblico scarno, otto in tutto ogni volta, e che ha storie differenti e sguardi curiosi. Al Museo Hermann Nitsch, in Vico Lungo Pontecorvo, conclusione quasi clandestina di una masterclass organizzata da Fondazione Morra – Museo Hermann Nitsch e Teatro delle Bambole, in collaborazione con Casa del Contemporaneo.
Per chi sa ascoltare i fruscii il percorso per giungere all’incontro è prezioso, si lascia alle spalle, come andando verso una terra altra, la piazza convulsa, si sale pian piano per Pontecorvo, strada ripida che s’inerpica verso la città di sopra. La Storia si lascia alle spalle e si sceglie altra storia, ché il Museo Hermann Nitsch di Peppe Morra è misteriosa scoperta, o incontro di predilezioni, con la sua architettura e le opere esposte che fanno corona a quanto il gallerista geniale propone e costruisce. Qui c’è un sangue che muove passioni, un colore che sfugge alle logiche ottuse, uno spazio sottratto alla vecchiaia per essere eterno e giovane e servire nell’Arte agli artisti, inonda ed accoglie. Così deve essere stata emozione nutriente per gli undici performer che hanno preso parte ai giorni di studio e scoperta, Ambra Amoruso, Chiara Bianchi, Stefania Boccia, Federico Gobbi, Dania Grechi, Giovanna Guariniello, Vittorio Guarracino, Massimo Melis, Giulia Meoni, Giuseppe Mongiello e Marika Ruta. L’idea delle presenze remote di Edipo e di Pentesilea si fanno strada mentre il mito s’intreccia e viene ingoiato in un silenzioso procedere che s’arrende al suono e al rumore. I corpi si muovono seguendo il percorso che Cramarossa deve aver tracciato lasciando confini ben liberi e vuoti da riempire secondo assonanze, distanze, contraddizioni dei corpi e dei gesti. Avanti con il rito e il mistero, avanti in un disordinato procedere che deve avere invece ben saldo il disegno dei confini in cui muoversi.
C’è una storia lontana in questo “non spettacolo”, c’è la ricerca di una trasgressione da ritrovare in ardito, possibile, parallelo o convergenza, c’è il teatro della scoperta nel rito che si avvicina alla certezza del sacrificio, c’è una inquietudine ansiosa nel muoversi di questi corpi e di queste menti che s’arrendono per scoprire e lasciarsi scoprire. Tutto è visione, tutto è disegno che compone, con le linee tracciate dal regista, l’universo distante e doloroso della sopraffazione voluta dagli dei. Così per lente processioni si distribuiscono simulacri di un sesso ormai stanco. Membri maschili che saranno dismessi in un rito che moltiplica il vino e lo rende più simile al sangue, passaggi dei corpi seguendo percorsi d’ossessiva certezza, ribellioni improvvise e sottomessi silenzi. Quale illusione suggerisce Cramarossa il suo piccolo esercito non è dato sapere; “il mangiare il corpo della persona amata significa la completa identificazione con essa. L’amore massimo: l’amore estatico trasgressivo conduce al concetto di lacerazione…” ci dice lasciando i suoi performer a percorrere i tempi ed i modi della gabbia costruita per loro e per i loro movimenti. In uno struggimento feroce, in un dolore che aggredisce, in uno smarrimento disperato che fa del loro tempo lacerato il quadro dei corpi denudati, degli abiti gettati lontano, della malinconica degli sguardi che osservano un fuori che si scolora verso la notte, una ferita mortale. “Forse, l’unica parola che resta dopo il sacrificio di Pentesilea, è, in realtà, un verso o un canto antico e gutturale, un canto profondo parente dell’urlo primordiale, quello della nascita che porta in sé il senso abbacinante e nitido della morte, quello del mito che, in assoluto, trattiene in sé l’intero senso dell’umana esistenza”, ci dice, equel “forse” è dubbio che possiamo pensare abbia assillato il tempo dello studio e della creazione, ed abbiamo accettato come ultimo segno di libere scelte visionarie mediate dai corpi in affanno. Se un giorno sarà poi uno spettacolo compiuto e non uno studio non è dato sapere. Il lavoro di Cramarossa e dei suoi compagni è mobile e libero per programmatiche scelte. Non ci resta dunque che aspettare altri incontri e discendere, silenziosi, verso la vicina città rumorosa.
EDIPO. CORPO DI SANGUE. Processo II. PENTESILEA.
Evento conclusivo della Masterclass condotta da Andrea Cramarossa da “EDIPO RE. Una teoria di rappresentazione del dramma 1964” di Hermann Nitsch (Edizioni Morra, Napoli, 2001)
Organizzazione Fondazione Morra – Museo Hermann Nitsch e Teatro delle Bambole, in collaborazione con Casa del Contemporaneo
Napoli – Museo Hermann Nitsch visto il 21 maggio 2023