RUMOR(S)CENA – PRATO – Una saga familiare teatrale: ce la racconta così Riccardo Goretti la sua saga familiare, tutta in teatro, interpretando a turno i ruoli della sua famiglia, fino ad arrivare a lui stesso, ultimo esemplare di una lunga storia durata oltre cinquanta anni, iniziata nel 1923, anno di nascita della nonna Annunziata detta Nancy che dà il nome all’opera e terminata nel 1979, anno di nascita dello stesso Goretti.
Lo spettacolo che aveva debuttato nel 2012 a San Sepolcro, tornerà in scena sabato 1 febbraio allo Spazio teatrale Allincontro di Prato alle 21.15. Autore del testo che interpreta si è anche diretto, ripartendo dalle sue radici e ripercorrendo a ritroso una catena transgenerazionale che coi propri vissuti permea le vite di tutti coloro che ne hanno fatto parte fino ad arrivare all’ultimo discendente, risultato esatto di tutte le esistenze precedenti, di carne sangue e cellule, di scelte e di incontri. Lo spettacolo è una stratificazione archeologica di esperienze e di storie che tra loro si intrecciano, di quattro personaggi che si passano tra loro il testimone, ognuno a rappresentare una peculiare generazione.
Abbiamo la nonna Annunziata, nata a Papiano nel 1923, rappresentante della generazione dei nostri nonni che hanno perduto l’infanzia per diventare subito adulti e poi il babbo Angiolo e la mamma Maria Rosa, entrambi appartenenti alla generazione successiva, quella dei padri e delle madri, che hanno voluto ribellarsi e arrabbiarsi anche in nome di un ideale, per poi far pace coi loro predecessori una volta preso il loro posto. A chiudere la catena c’è appunto Riccardo, rappresentante dell’ultima generazione, quella dei figli, a cui resta l’onere e l’onore di portare avanti l’eredità ricevuta.
A fare da sfondo a questa saga familiare, che si svolge nell’aretino tra Papiano, Stia e Bibbiena, ci sono i fatti della storia nazionale e le grandi trasformazioni del paese: la prigionia del nonno Ali durante la seconda guerra mondiale e il suo ritorno a casa, il Sessantotto e le manifestazioni studentesche, il lavoro in fabbrica ai telai, le balere. La drammaturgia è basata su interviste ai tre personaggi, di cui sono state mantenute inalterate tutte le parole, restituendo anche delle particolarità dialettali, l’accento stiano della nonna e del babbo e l’accento bibbienese della mamma. Una lieve patina di nostalgia accomuna i racconti dei vari personaggi: le lettere scritte dal nonno durante la guerra che la nonna in parte ha bruciato e in parte custodito, il bar in cui il babbo ha passato la sua adolescenza e che poi ha chiuso per sempre. Come a voler far attestare che ci sono delle stagioni per tutte le cose e che il tempo passato non ritornerà più.