MANTOVA- La città lombarda si affaccia sull’acqua attraversata da ben cinque fumi: il Po, il Mincio, il Chiese l’Oglio e il Secchia, fino a formare dei laghi che la contornano e la fanno sembrare sospesa sull’acqua. La città dei Gonzaga è stata scelta per ospitare la sesta edizione di “Luoghi Comuni” , il festival di teatro organizzato dall’Associazione Etre, il coordinamento della Rete delle Residenze Lombarde. L’edizione 2014 puntava l’attenzione sul “pubblico”, tema sul quale le varie compagnie si sono confrontate per indagare il destinatario per eccellenza per chi fa teatro. Spettatori coinvolti in prima persona stimolati dal motto scelto per questa edizione: “ Play With Us!”, ovvero giocare e mettersi in gioco, ma anche recitare, guardare….
Una città come palcoscenico, luoghi inusuali dove mettere in scena spettacoli, performance, sperimentazioni dove un attore/performer si confrontava con uno spettatore alla volta. Gente comune per Luoghi Comuni. Un modo di portare il teatro all’esterno o in spazi abitualmente utilizzati per altri scopi. L’iniziativa di Etre crea così una condivisione d’intenti che permette compagnie teatrali della rete lombarda di esibirsi in una rassegna che crea sinergie, confronti, dialettica tra operatori, critici e spettatori nell’ottica di “scrutare i possibili significati che può assumere l’andare a teatro oggi, la frequentazione di un mondo che sulla scena si reinventa nel corpo di attori, nelle parole di drammaturghi”. Dodici compagnie delle ventidue che compongono le residenze lombarde hanno dato vita alle tre giornate di “Luoghi Comuni”: Animanera, Ilinx, Scarlattine Teatro_Campsirago Residenza, Nudoecrudo Teatro, Qui e Ora, Teatro delle Moire, Idra/Imagine Collective, delle Ali, Atir Teatro Ringhiera, Teatro Magro, Associazione K, Residenza Initinere. Etre si avvaleva della collaborazione della Compagnia Teatro Magro, realtà artistica residente a Mantova, dimostrando cura e attenzione affinché tutto si svolgesse al meglio. 12 residenze per 1 spettacolo in macchina, 1 spettacolo al ristorante, 1 al bar, 1 a letto, 1 in negozio, 1 performance permanente, 1 performance a sorpresa, per un totale di 11 spettacoli nel centro città, e 1 progetto fotografico, 1 meeting di confronto tra teatro e spettatori.
E così per le strade di Mantova si sono visti strani personaggi “rapire” gli spettatori per caricarli nella loro “Ilinx Machine”, per condurli in un viaggio surreale grazie ad “A.T.A. Azienda Traghettatori Anime”, e vivere insieme una storia che li portasse a confondere realtà con finzione. O essere accompagnati per corridoi stretti di un teatro, attraversare un palcoscenico vuoto e buio come un grande ventre e finire dentro un camerino, luogo in cui l’attore si prepara per andare in scena in “privato”, il titolo scelto della performance di Alessandro Pezzali di Teatro Magro. Un incontro intimo in cui uno spettatore alla volta si trova a tu per tu con il rituale dell’artista che “si prepara nell’attesa di entrare in scena, per fare uno spettacolo che non c’è”. L’idea drammaturgica è quella di un attesa, di uno sguardo privato, partecipare senza essere considerati. L’attore declama versi di Raymond Carver, di Kafka, Sartre, Dorothy Parker fino ai vocalizzi dalle Nozze di Figaro di Mozart.
Interessante e inusuale il progetto di ScarlattineTeatro con il loro “Hamlet Private”. Uno ad uno: uno spettatore che diventa protagonista di se stesso, indagatore della sua anima che viene sollecitata dalla visione di carte molto particolari, grazie all’aiuto del sistema di carte Talmeh, una volta scelte vengono interpretate dal performer Marco Mazza, (insieme a lui si alterna anche Giulietta Debernardi) come fossero tarocchi divinatori ispirati alla vicenda di Amleto, “uomo contemporaneo e abisso di interrogativi”. Tutto ruota intorno al dramma di Amleto, dove le sue domande diventano le domande di chi si siede ad un tavolo di un’enoteca di Mantova, tra scaffali di bottiglie di vino, e si ritrova a fare i conti con il proprio inconscio sollecitato dalla visione di immagini oniriche e surreali, quanto veritieri se si va a scavare nei meandri della propria anima. Un’esperienza singolare in cui verità, finzione, suggestioni, interrogativi si mescolano e creano una sorta di viaggio psicoanalitico in cui ci si affida alle parole dell’interprete che rivelano i significati delle carte.
Una mappa su cui riflettere e affidarsi ad un destino che conduce ad ascoltare la storia di Amleto di cui si resta affascinati per l’interpretazione che l’attore sa dare per evocazione e suggestione. Lo script di Michele Losi e Martina Marti da corpo all’interpretazione dei performer. ScarlattineTeatro persegue l’obiettivo di cercare sempre nuovi linguaggi contaminandoli tra di loro, abbattendo le barriere che ci sono tra il teatro, le performance, la danza, la musica e le immagini. Si va via con la sensazione di aver vissuto un momento di profonda intimità dove ci si può svelare senza timore. E l’amletico dubbio « Essere, o non essere, questo è il dilemma: se sia più nobile nella mente soffrire i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni e, contrastandoli, porre loro fine?» resta inevaso ancora una volta. Shakespeare sembra essere un nostro contemporaneo.
Dalla lettura delle carte si è passati al tavolo di un ristorante dal nome “Giallo Zucca” dove si viene condotti subito dai sensi gustativi del palato a desiderare i mitici tortelli alla zucca mantovani, vera specialità che attirano la gola dei buongustai. Ma questa volta la zucca ha lasciato il posto al pomodoro, alla salsa di pomodoro, anzi ad una “Saga salsa”, versione casalinga per tre donne che raccontano tre generazioni. Una nonna, una madre, una figlia. Una saga famigliare raccontata mentre fanno la salsa al pomodoro: un rito che specie nel sud Italia è ancora una tradizione che viene celebrata come un evento. Il sugo per tutto l’anno. La storia che narrano non avviene a teatro bensì dentro un ristorante dove gli spettatori/commensali siedono a tavola e degustano un menu tutto a base di pomodoro. Un’interazione tra attrici e astanti dove la distanza abituale tra palcoscenico e platea vuole essere annullata ma con esiti discordanti. L’idea di fare teatro fuori dal luogo deputato agli spettacoli è sempre più frequente e in molti casi l’originalità dello spazio scelto ispira la drammaturgia. Intorno ad un tavolo si affaccendano Francesca Albanese, Silvia Baldini e Laura Valli, dove il pomodoro è il pretesto per raccontare e raccontarsi. Ognuna con il suo stile, la sua personalità, le proprie aspirazioni.
Recitano tra un piatto e l’altro servito da loro stesse. Il momento della recitazione avviene ad una certa distanza dai commensali e solo a tratti le tre protagoniste entrano “in campo” avvicinandosi ai tavoli. Una di loro distribuisce dei libri (cibarsi di letteratura è la metafora), c’è che lancia foglie di basilico come la nonna che interpreta la tradizione culinaria e la salvaguardia delle tradizioni di una volta, opponendosi alla ventilata vendita ristorante. Il cibo è il collante che unisce l’intreccio delle storie tutte al femminile delle tre protagoniste che dimostrano di possedere una buona presenza scenica, quello che risulta non risolto del tutto nell’idea registica di Aldo Cassano è la capacità di amalgamare le azioni delle attrici tra il pubblico, facendolo sentire coinvolto maggiormente.
Dai fornelli al cervello umano. Pretenzioso risulta essere Brainstorm! di e con Lorenzo Baronchelli che si cimenta in una sorta di spettacolo conferenza sulle meraviglie del nostro organo. Tra l’ironico e lo scanzonato il protagonista solo in scena cerca di stupire con “effetti speciali” , il pubblico sottoposto a test dove è richiesta una sorta di partecipazione cognitiva. Brainstorm risulta più adatto ad una platea di giovani studenti, a cui far conoscere i meccanismi del cervello giocando anche sulle gag e l’intrattenimento ludico, che ad uno spettatore adulto.
(crediti foto di Pietro Colombo Leoni e Flavio Moriniello )
Festival Luoghi Comuni , visti a Mantova il 14 marzo 2013