RUMOR(S)CENA – LARI – FESTIVAL COLLINAREA – Il testo del drammaturgo Michele Santeramo fissa sulla carta la fisionomia di un fantasma: Rossana del Cyrano de Bergerac, una delle tante donne invisibili della letteratura che per una volta perde il ruolo da “tappezzeria” e grazie alla regia e alla libera riscrittura di Ileana Falcone e all’interpretazione di Alice Giulia di Tullio, dal titolo “T’amerei anche se tu fossi brutto” si mette al centro della scena raccontandosi. Personaggio minore e fragile? Non si direbbe proprio, almeno da come lei, cugina di Cyrano innamorata del bel Cristiano che parla per voce del nasuto Cyrano, rivolta la storia e per come ormai anziana, si rivolge a noi, spettatori del ventunesimo secolo, sopravvissuti a noi stessi, incapaci di riconoscere i segni di quella tempesta che prima o poi si avvicinerà.
Inaspettata, Rossana si prende la sua luce, non rimpiange il passato ma conosce i limiti e le difficoltà dell’essere stata tanto (troppo) dentro quel “quadrato” di sicurezza (o di prigionia?) della casa, degli affetti e della famiglia, dell’aver conosciuto il lutto e l’esilio volontario dal mondo in monastero (un’altra prigione?). Siamo anche noi dentro quell’antico dilemma dell’impossibile amore? Cosa ci trattiene dall’amare, cosa ci spinge a trasformare i nostri sentimenti più profondi in qualcosa di insano, in dipendenza tossica, o in gelosia, o peggio ancora, in indifferenza, esattamente tutto quello che ci fa sfiorire ed essere ridicoli? E in nome dell’amore è lecito uccidere i nostri sogni, quelli -dice una Rossana nostra contemporanea – di voler fare “l’astronauta, il falegname, l’artista”? A cosa abbiamo rinunciato? E siamo soddisfatti di quello che abbiamo oggi? Delle fragili sicurezze, delle instabili corazze economiche? Dobbiamo uscire fuori, abbattere le corti che ci costringono a vivere come eremiti isolati, farci un varco e guardare all’esterno.Questo ci dice Rossana.
“La vita è un sogno ed è sveglio solo chi ha messo da parte il mondo” -diceva Julian Beck.
Il testo, con evidenza ben più drammatico rispetto a quello che ci ha tramandato la letteratura popolare, ci propone una Rossana saggia, che è stata al gioco dell’inganno della bella poesia. o forse no, che inconsciamente ha sempre amato Cyrano che era l’altra maschera di Cristiano, il bel cadetto valoroso morto in guerra. Le lettere dal fronte parlavano ardentemente di loro, ma con un’altra lingua, quella dell’amore che l’adone Cristiano non sapeva declamare ma Cyrano il brutto, eccome!. Ed ecco Rossana che si mette in marcia, mossa dal fremito di passione, e porta cibo al suo amato andando addirittura nel campo di battaglia vestita da “madama”, non temendo niente. Perché l’amore si sa, è più forte della guerra. Oltre il personaggio fantastico creato da Rostand c’è un universo tratteggiato da Santeramo e dalla Falcone che ci conduce a noi, alle scelte quotidiane che facciamo per amore, anche quelle sbagliate che ci porteranno a giustificare tutto, dalla violenza all’infelicità. Possiamo uscire da quel quadrato (ben evidenziato in scena) che ci rinchiude? Possiamo rimetterci in marcia e credere in noi stesse? E se è l’amore quello che fa girare il mondo perché fatichiamo a coltivarlo ogni giorno come un giardino che ha bisogno di cure e lo rinchiudiamo invece, dentro quelle quattro mura che lo fanno marcire? Dobbiamo sentirlo crescere, dobbiamo farlo respirare. Potete dire che ne stiamo uscendo fuori? Che siamo in attesa di essere liberati?
Come dire tutto questo a partire da Cyrano? Come affermarlo qui e ora? Con l’ironia di una recitazione che non ti aspetti: il gioco della commedia dell’arte serve a questo e ci spiazza con le movenze del comico, con gli ammiccamenti al pubblico, con le smorfie inopportune, e le lunghe pause…. Lo spettacolo ci mostra una figura di donna anziana, che ha perso qualunque segno della bellezza di un tempo, che il buio della casa e del monastero ha reso pessimista o forse saggia o forse l’uno e l’altro. Alice Giulia di Tullio attingendo al suo ampio bagaglio professionale di commediante dell’arte, è davvero straordinaria nell’interpretare Rossana, una figura così particolare che incarna quel noi che non vorremmo mai vedere allo specchio, il riflesso di una infelicità che ci può colpire da un momento all’altro. E tuttavia, la vita è anche un saper giocare -e destreggiarsi- con la tristezza, con la morte, con l’eccesso di fedeltà fino all’ultimo respiro. E saperci ridere sopra. Ma che bellezza tutto questo condensato di passioni, consolazioni e ricordi suggeriti da gesti, espressioni, movimenti! Poca scenografia: tutto è giocato intorno all’arte dell’attrice che ci incanta con le parole e con il corpo. Davanti al pubblico ecco una figura così trascinante, così sorprendente, così tragica, così grottesca, così anche buffonesca, andando da un opposto all’altro senza soluzione di continuità, come un vorticoso movimento d’acqua. Apprezziamo e approviamo la (non facile) scelta drammaturgica e registica di voler oltrepassare l’orizzontalità di una storia fin troppo nota, arricchendola di appassionati e a volte addirittura esilaranti ed esplosivi passaggi narrativi e digressioni intimiste.
Quel rivolgersi di Rossana al pubblico con un “Noi” ci confonde e ci coinvolge in un dramma che parla, divangando e scherzandoci su, delle nostre stesse insicurezze.
Resta l’interrogativo conclusivo se dare retta o no a questa figura fantasmatica, se cambiare direzione nella nostra vita, una volta che sentiremo risuonare dentro di noi, quella voce roca e quell’insopportabile tacchettìo instabile della donna che amò ma per troppo poco tempo o costringerci ancora una volta, in uno spazio accomodante ma troppo angusto per sognare. È permesso commuoversi alla fine dello spettacolo.
visto al Festival Collinarea di Lari il 22 luglio 2024
Produzione Collinarea Festival del Suono 2024 liberamente ispirato a Rossana di Michele Santeramo da Cyrano de Bergerac di E. Rostand con Alice Giulia Di Tullio regia Ileana Falcone aiuto regia Carla D’Alessandro foto di scena Andrea Casini